Capitolo quattro.

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Andai verso l'armadio della mia stanza, sbattendo la porta di un colore scuro dietro le mie spalle. Dopodiché, la chiusi a chiave e aprii l'armadio bianco che si presentava davanti ai miei occhi verdi, forse spenti. Presi una tuta grigia leggera con cui dormire, poi la indossai e mi distesi sul grande letto, fissando il soffitto bianco, che in quel momento sembrava interessante. Era l'unica cosa che mi andava di fare: starmene lì, sdraiato con una gamba in alto e le braccia dietro la testa, senza pensare o fare dell'altro. La stanza era fortunatamente fresca.

Le ore passarono e non riuscivo a dormire, ero talmente arrabbiato che, davvero, non mi riuscivo neanche a prendere sonno. Possibile che Charlotte doveva comparire di nuovo nella mia vita così, da un momento all'altro? E con quel Zayn poi.

Non riuscendo a dormire, decisi di scendere al piano di sotto e andare a bere qualcosa, fregandomene del tutto se avessi fatto rumore, se avessi rotto un vaso o se avessi rotto le palle a Zayn. Ero geloso. Fottutamente geloso. Arrivato nell'atrio del grande salone, unito alla cucina, vidi completamente buio, così per sbaglio andai a sbattere col mignolo, sul tavolo su cui stavano dei fiori finti. Cercai di trattenere il gemito di dolore, ma solo per in motivo: avevo appena visto Charlotte sdraiata sul divano, mentre dormiva. Il suo viso sembrava tranquillo, probabilmente stava facendo un sogno.

Mi avvicinai a lei, sedendomi in ginocchio e accarezzandogli i ciuffi che le ricadevano sul viso. Sentii un verso di lamento, ma non si svegliò. Non volevo che si svegliasse, si meritava di dormire. Chissà da quanto non lo faceva tranquillamente.

La presi in braccio come se fosse una sposa, la mia, e la portai nella mia stanza. La appoggiai sul letto morbido e le misi sopra una coperta altrettanto morbida, ma leggera, di color azzurro. Mi misi accanto a lei, stando sul fianco e cominciando a fissare ogni suo centimetro di viso. Era bella, ancora di più. Il volto era maturato molto, si vedeva che era cresciuta ancora, e sembrava anche un po' più paffuta del solito. Ma era comunque stupenda.

Mi sarebbe piaciuto parlare con lei in quel momento. Era così tranquilla che sicuramente non avremmo mai discusso.
E infine sì, la svegliai, nonostante non fossi coerente a ciò che avevo detto in precedenza.
Ovviamente finsi che tutto fosse casuale, non era idiota.

"Harry." Sussurrò con la voce roca quando vide che ero al suo fianco.

Mi guardò con quei grandi occhi, sebbene fossero socchiusi, e si alzò, sedendosi sul letto e per poi passarsi le mani sul volto.

"Che mal di testa, Cristo." Si lamentò.

Mi misi nella sua stessa posizione e le misi un braccio sulla schiena, chiedendole che cosa avesse, ma non rispose e mi fece un'altra domanda.

"Perché sono qui?" Chiese curiosa e buttandosi all'indietro, facendo sbattere la testa sul cuscino bianco.

"Ti ho vista sul divano e mi dispiaceva, così ti ho presa in braccio e portata qui."

Forse non dovevo dirle che la avevo presa in braccio. L'avevo messa a disagio e io, stranamente, ero imbarazzato e non poco. In sua presenza non era mai successo, ma in quelle ore si era formato un grande portone tra di noi, non eravamo gli stessi, non più.

Mi guardò, i suoi occhi nei miei.

"Zayn dov'è?" Domandai. Volevo sapere dov'era, quella era casa mia e comandavo io.
Mi dava fastidio, non sopportavo il fatto che sarei dovuto stare con lui, invece che stare solo con Charlotte.

"Credo nella mia camera, perché?" Disse passandosi una mano tra i capelli. Era nervosa.
Appoggiai la mia fronte contro la sua, mettendomi leggermente sopra di lei.
Volevo solo parlarle, nulla di che.

"Dimmi la verità, ti interessa?" Domandai serrando le mascelle.
Non rispondeva, così mi sdraiai accanto a lei e sospirai.

"D'accordo." Terminai.

"Perché ti importa?" Mi pose la domanda.

"Dimmelo." Continuò.

Non volevo risponderle, sapevo che in un modo o nell'altro Zayn le interessava, e dovevo accettarlo. Insomma, davvero credevo che dopo otto mesi non si sarebbe dimenticata di me? La distanza fotte.
Forse dovevo continuare a fare le cose di sempre: andare in azienda, tornare a casa, dormire, e rialzarmi ancora per iniziare una nuova e stressante giornata in ufficio.
Speravo davvero che sarebbe cambiato tutto quando, solo poche ore prima, avevo Charlotte ancora tra le mie braccia, ancora una volta dopo tanto tempo. Ma invece dubitavo che sarebbe successo: le probabilità erano ben poche.

"Che c'è?" Mi chiese ancora con un'espressione preoccupata. Aveva notato la mia, di espressione.

"Harry, ti voglio ancora." Disse sconvolgendomi. Era decisa e speravo vivamente che non fossero tre parole dette a vanvera solo perché erano le due di notte.
Dio, sentii un sollievo al cuore. Ma allo stesso tempo quelle parole erano pesanti da reggere, e il mio cuore era fin troppo poco resistente.

"Perché, allora, prima non mi hai risposto?" Chiesi sbuffando.
Volevo che la questione risultasse chiara ai miei occhi.

"Perché ti fai le paranoie, Harry? Che ti succede? Ti avevo promesso esplicitamente che non ti avrei dimenticato mai, eppure tu non ci credi. Zayn è solo un amico, fidati che è un bravissimo ragazzo, tu non lo conosci. Stai giudicando sia me sia lui senza sapere chi veramente siamo, ma non ti preoccupare. Neanche noi sappiamo chi sei tu, io soprattutto."

Ero paralizzato dalle sue parole, così dure e vere allo stesso tempo.

"Cercherò un albergo, oppure andrò da mia madre, dato che la persona più importante della mia vita non mi vuole e non si fida più di me." Scese dal letto, ma riuscii a fermarla.

Non volevo che se ne andasse, assolutamente, però non riuscivo a sopportare il fatto che avevo perso il rapporto che avevamo sino a qualche mese prima. Facevamo invidia a tutti, e ora? Ora cosa eravamo? Gli opposti, completamente.
Ma nonostante ciò, volevo ancora che fosse mia, mia soltanto. Non volevo che mi abbandonasse, non un'altra volta.

"Non te ne andare." Dissi con la voce ridotta in un sussulto. Ero triste, ma molto.
E lei stupita dal mio gesto, da cui anche io non mi ero reso conto di aver fatto, pensavo che sarei resistito, invece lei ancora comanda il mio cuore e non avrei mai lasciato che lei se ne andasse. Avevo sofferto troppo, non ero più disposto a restare solo.

"Resta con me stanotte." Sussurrai ancora, morendomi il labbro dal nervoso.
Aspettavo una sua reazione, ma per il momento mi guardava solamente, con qualche emozione in volto, ma che non riuscivo a decifrare.
Non aveva nulla da dire, voleva andarsene veramente e mi sarebbe toccato rassegnarmi.

Ma cambiai totalmente idea quando si scaraventò tra le mie braccia, facendomi inalare il suo profumo e facendomi sentire delle parole, da cui rimasi di stucco.

Era lì, tra le mie braccia. Si era arresa.
Forse il suo cuore non era forte abbastanza.

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Ehi.👋🏻
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Un bacio.🌝

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