MECUM VENI"Sinché il cuore batte, concediti di vivere, e nel miglior modo possibile"
14 aprile
La giornata non è stata delle migliori ma mi riferisco in particolare al tempo atmosferico, il quale sicuramente ha influenzato il mio stato d'animo.
Come da orario prestabilito, mi sono recata da una nuova psicoterapeuta, la quale mi ha fatto accomodare e abbiamo iniziato la terapia.
Tempo fa, il primo incontro, mi aveva introdotto quella che sarebbe stata la cura più adatta da mettere in atto.Quello che lei aveva percepito, era che avevo bisogno di desensibilizzare i più disturbanti ricordi, traumi gravi, renderli privi di emozioni alla massima carica negativa, quella che scatena i miei attacchi di panico, e la via giusta sembra essere proprio la cosiddetta terapia EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing.
Voglio affidarmi a qualcuno che sa il fatto suo, in quanto il dolore mentale è invalidante come quello fisico, se non peggiore.
Anche per i ricordi del passato c'è bisogno di una terapia, esattamente come accade, per esempio, a seguito di un'operazione: occorre pazienza, forza di volontà, consapevolezza che serviranno energie, come se si stesse mettendo in atto una riabilitazione.
Per l'insieme delle tante cose non sento di avere la determinazione necessaria a portare a termine le cure.
Questo perché la situazione mi sta già sfuggendo di mano: indipendentemente dalla gravità degli attacchi di panico, giorno dopo giorno, il dolore sta finendo col consumarmi;
interiormente sento le forze mancare e nulla riesce a risollevarmi nel senso vero e proprio della parola, in quanto il male si sfoga sulle ginocchia, alle volte impedendomi di stare in piedi.
Quel turbinio di emozioni mi intrappola e fa cadere in uno stato di atonia, alimentato dalla consapevolezza delle conseguenze disastrose nella vita che questi attacchi provocano.
Sono caduta preda anche di ciò che prima mi stava a cuore, persone, cose o luoghi che siano.
Il peggio casualmente arriva nel momento meno opportuno e elimina le speranze di uscirne anche se dovesse essere prima o poi e non immediatamente.
Mancanza di forze significa mancanza di energie, dalla concentrazione al vero e proprio male fisico muscolare.Attraverso una scrupolosa analisi di quelle che in quel preciso momento erano le mie necessità e possibilità, la dottoressa ha cominciato a trattare uno dei tanti ricordi più dolorosi del mio passato, di cui volutamente non tratterò il contenuto.
La terapia, praticamente parlando, consiste nel mettersi seduti comodamente e seguire le dita del dottore che scorrono lateralmente da destra a sinistra con alcune pause di lunghi respiri per una durata di 45-50 minuti, a seconda della singola situazione.Questo ricordo è stato desensibilizzato nelle sedute del 14 e 21 aprile con successo.
Quelle emozioni così vive, forti, che causavano dolore fisico, anche se mi concentro intensamente sull'immagine, non hanno più impatto, sembrano lontane, somigliano ad un film in bianco e nero, sbiadite, di cui ho solo una vaga memoria.9 maggio
Una giornata come questa sarà difficilmente dimenticabile poiché quello che è successo mi ha segnata profondamente.
Pareva apparentemente una tranquilla giornata scolastica, il cielo era coperto, pioveva come al solito, e a dire la verità, minacciava un leggero temporale.
Avevamo lettere per un paio di ore, poi educazione fisica e successivamente, tornati in aula, avevo iniziato a sentire quei sintomi: il disturbo da attacco di panico.
Tutto più o meno regolare, se non fosse che per qualche strano motivo, mentre ordinavo la mia borsa, avevo trovato un taglietto da carta.
La mente mi si era completamente annebbiata: per degli strani motivi ho immaginato che passarne la lama sulla pelle avrebbe potuto localizzare il dolore all'esterno del corpo.
Aveva la mia piena attenzione: luccicava e sembrava così pericolosamente vicino alla mia mano.
Ho iniziato a sudare freddo, l'ho messo nella tasca dei jeans e sono fuggita in bagno in lacrime, sbattendo la porta alle mie spalle.
Una volta estratto quell'arnese, i miei occhi lo osservavano con scrupolo e le mie dita spingevano nervosamente la leva che bloccava la lama avanti e indietro, avanti e indietro.
Avevo le vertigini, sussurravo a me stessa di non poter fare un gesto simile, che prima o poi mi avrebbero scoperta, di non agitarmi, di non fare stupidaggine alcuna.
Ma mentre mi ripetevo queste frasi all'infinito, il danno era già fatto: mi ero procurata dei tagli vicino ai polsi, fortunatamente non profondi ma segno di una evidente frustrazione.
Rinsavita e ripreso il lume della ragione, ho lasciato cadere il taglietto a terra, stremata e scioccata, con il trucco sbavato e le lacrime, che sporche di esso, bagnavano di nero il pavimento.
Ho chiamato una mia compagna in fretta e le ho aperto; Mi ha trovata in condizioni pietose: sudata e bianca come un lenzuolo, con la mente annebbiata e confusa, gli occhi rossi e lucidi, piena di brividi, vertigini e orrore.
Dopo essere uscita dai servizi igienici, parte della scuola era stata avvertita delle mie condizioni, cosa che sicuramente priva la mia persona di una certa tutela ma necessaria in quelle determinate circostanze; in un secondo momento é arrivata una telefonata a casa per informare la mia famiglia.
All'arrivo di mamma, convinta si trattasse dei medesimi episodi con le stesse sintomatologie, sembrava piuttosto tranquilla, triste solo di vedermi così affranta.
Ha poi notato la mia brutta cera in viso e si era resa conto non potesse trattarsi esclusivamente di un semplice attacco.
Assieme a due insegnanti, ho dovuto necessariamente rimboccare le maniche al maglione in sua presenza e mostrare i segni di una delle tante guerre tra me e me, cosa che ritenevo giusto nasconderle a ogni costo.
Della sua reazione, il dolore era quasi tangibile: quello di una madre in vista di una figlia pronta a tutto, anche procurare del male a sé stessa pur di continuare a sopportare il passato, il presente e in parte il futuro, come se per la vita non avessi il minimo rispetto.
Singhiozzando, cercavo di spiegarle brevemente l'accaduto, sperando nella sua completa comprensione e nel finire delle lacrime.
Mia madre ha provato a calmarmi pur spaventata e piano piano ad avviarmi alla macchina, posto decisamente più appartato per discutere lontano dal brusio delle classi, il vociare confuso dei professori che si dissolveva ogni volta che avanzavo di qualche passo, tra le risate dei ragazzi e il via vai della gente persa nel suo mondo per i corridoi.
Continuavo a ripensare a cosa diamine avessi avuto per la testa in quel momento, a compiere un gesto tale.
Forse era il mostro con il quale sono costretta a convivere giorno e notte a manipolarmi perché ero più che cosciente che non è da me un comportamento del genere.
La colpa era comunque mia, la sentivo mia, l'avevo fatta grossa senza accorgermene.
Volevo restare in silenzio persino di fronte alla donna dalla quale ho il dono stesso dell'esistenza, per timore di ferirla, perché pienamente consapevole dell'immenso amore materno che prova per me e mia sorella, il vero motivo per cui lotterà fino alla fine dei suoi giorni.
Tornando a casa, mentre avevo la testa appoggiata contro il vetro dell'auto e osservavo quale delle gocce di pioggia scendeva più in fretta, mia madre voleva scendere nel dettaglio ma si era resa conto che faticavo a parlare con quel peso in gola e si limitava a fare delle domande che non fossero troppo dirette, alle quali rispondevo comunque in modo esauriente e a pregarmi, d'ora in avanti, di rinunciare a gesti estremi.
Ormai segreti non potevano più essercene, qualunque bugia avessi raccontato non avrebbe avuto senso e avrebbe fatto in modo che i collegamenti logici non filassero.
Tappa in cucina per un breve pasto, consumato con una stana voracità e pronte per ripartire per arrivare in orario all'appuntamento con la psicoterapeuta.
Ero entrata nella sala, con il volto pallido e cercando invano di trattenere il pianto e nascondere la mia evidente aria affranta.
Chi meglio di una specialista poteva non accorgersi di una preoccupazione così palese?
Mi aveva fatto accomodare sulla poltrona e, mentre iniziava la conversazione, si accorgeva delle lacrime che scorrevano lentamente sulle mie guance, diventate rosse.
Tentavo di girare intorno al discorso, senza successo, e poi ho ripetuto la stessa scena del maglione sotto i suoi occhi.
Di fronte alla situazione, aveva reagito in modo molto composto, quasi come se fosse un gesto nella norma.
Avevo tradotto questa sua risposta non come se stesse sottovalutando il problema ma che ne aveva viste, di identiche situazioni, da avere già il piano di risoluzione.
Infatti, con le dovute premesse, aveva annunciato, da prassi, della necessità di farmi sottoporre a delle analisi specifiche: non una terapia di parole ma dei veri e propri controlli medici, in cui una attenta visita avrebbe potuto chiarire ogni dubbio a livello neurologico.
Questo significa che d'ora in avanti avrò il sostegno medico e il supporto psicoterapeutico.
Avevo e ho paura di quello che sarà, sono preoccupata per la mia salute e se da un lato sono ottimista, dall'altro ho piuttosto timore dei risultati diagnostici.

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𝐼𝑙 𝐷𝑖𝑎𝑟𝑖𝑜 𝐷𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑃𝑎𝑢𝑟𝑒
Não Ficção"Punto a ripartire da zero, da come vivevo libera quando l'ansia era una semplice emozione che si manifestava prima di episodi di poco conto, non come quella malattia opprimente, la quale impedisce di respirare, occlude la gola, fa tremare il cuore...