Capitolo 1

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Una cravatta elegante

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Una cravatta elegante.

Una mano che tendeva verso di me.
«Non voglio farti del male»

Un urlo spezzò l'aria facendomi girare la testa di scatto.
Chi aveva urlato?

Cercavo di guardarmi intorno ma continuavo a non vedere nulla se non una strana nebbia.

Mi girai di nuovo verso il petto che avevo davanti a me.
Il completo elegante era sparito, solo nebbia intorno a me.

Mi svegliai di soprassalto nella mia stanza.
Che strano sogno, pensai tra me e me.
«Ragazzi è tardi, dovete uscire di casa tra quaranta minuti» urlò mia nonna dal piano di sotto.

Girai velocemente la testa di scatto verso la mia sveglia cercando di capire che diavolo di ora fosse.
6:30

Saremmo dovuti uscire di casa solo dopo un'ora, ma come sempre mia nonna stringeva i tempi per far sì che ci dessimo una mossa.

Mi alzai dal letto svogliatamente, ma ci misi poco per realizzare che giorno fosse.
Sbarrai gli occhi e un sorriso enorme mi si formò gradualmente sul viso.

Scattai in piedi iniziando ad esultare in silenzio, facendo attenzione a non farmi sentire da mia nonna al piano di sotto mentre continuavo a saltellare da un piede all'altro.
Non amava molto il baccano.

Andai alla scrivania posandoci le mani sopra e mi squadrai all'enorme specchio che la sovrastava.
«Nuova vita, non fare scherzi»
Mi puntai un dito contro avvisando me stessa.

Due colpi alla porta mi distrassero dal mio avvertimento a me stessa. «Sei almeno in piedi?» sentii la voce di mia nonna attraverso la porta pormi quella domanda mentre si stava già allontanando.
«Voi ragazzi? Insomma possibile che debba sempre buttarvi giù dai letti? Quando crescerete un po'?!» le sentii esclamare in lontananza dopo aver battuto il pugno anche alla porta dei due gemelli poco più avanti rispetto alla mia.

Alzai gli occhi al cielo. «Si nonna sono sveglia» risposi alzando il tono della voce per farmi sentire.

Aspettai di sentirla scendere al piano di sotto e solo allora andai alla porta per scendere a fare colazione.
Quando entrai in cucina la trovai intenta a preparare il porridge a mio nonno che probabilmente era già fuori in giardino a vedere come procedeva l'orto che avevamo provato ad improvvisare l'estate passata.

«Farai tardi se non ti sbrighi, e chiama i tuoi fratelli o faranno tardi anche loro» parlò lei continuando a guardare l'intruglio che stava venendo fuori sotto le sue mani.
Non era per nulla contenta all'idea che anche io stessi per andare all'università a Stoccolma. Non lo era stata neanche tre anni prima quando ad iniziare ad andarci furono le due bestie in letargo al piano di sopra, ma nei miei confronti era sempre stata più dura.
So che lo faceva per proteggermi e perché pensava fossi più fragile rispetto a loro, ma doveva capire che i tempi erano cambiati.
E poi avrei sempre avuto loro alle mie spalle.

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