II. Honey and blood

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💎 Muriel 💎

La paura è uno stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un pericolo. Un macigno piomba sullo stomaco e tutto sembra improvvisamente più veloce, mentre il corpo non può fare a meno di muoversi più lentamente, in modo frustrante, diametralmente in opposizione al ritmo cardiaco e alla pressione sanguigna.

La paura ha varie scale di intensità e molteplici forme. In quel momento la mia prese ad avvolgermi e immobilizzarmi come i lacci gelidi di una camicia di forza mentre mi trovavo a ridosso di quel vicolo cieco, quasi completamente immerso nella rapacità del buio.

La fioca luce al neon si rifletteva a intermittenza sulla goccia di sudore che tracciava una scia sulla fronte del ragazzo dagli occhi color miele, rendendola simile a un diamante cristallizzatosi sulla pelle candida del suo zigomo affilato.

Un'espressione di impazienza campeggiava sul suo volto, gli occhi infiammati da una rabbia muta quanto intensa, la mascella contratta e imperante, che non si abbassò nemmeno in quegli attimi di pura tensione, anzi puntava boriosamente verso l'alto.

Una mano ruvida premeva sulla sua clavicola, bloccandogli con forza la schiena contro la parete di mattoni anneriti dallo smog e inumiditi dalla brina. L'uomo che gli era avvinghiato contro sembrava in attesa di una risposta per la quale non era disposto a fare nessuna pressione se non quella esercitata dal coltello acuminato che accarezzava il fianco contratto della sua vittima.

La lama catturava i pochi guizzi di luce che aveva a disposizione, riflettendoli direttamente nelle mie iridi che si muovevano senza tregua, assorbendo ogni dettaglio di quella scena. Le mie mani presero a tremare e la voce mi morì in gola.

«Devo ripetertelo, Blaine?»
Sibilò tra i denti l'aggressore.

Una felpa bianca con cappuccio lo avvolgeva completamente, rendendo impossibile intuire le sue fattezze. La postura ferma e imperturbabile, tipica di chi è abituato a compiere simili minacce, torreggiava lievemente sul ragazzo per nulla sommesso nelle sue grinfie.

Blaine. Lo chiamò per cognome. Questo dettaglio mi fece capire che quella non era un'aggressione casuale per una manciata di contanti, si conoscevano, anche se non potevo indovinare fino a che punto.

Aumentò visibilmente la pressione della lama facendomi saltare un battito nella cassa toracica.

«Eh?»
Lo incitò a rispondere.

Mi nascosi aderendo alla parete del teatro che dava sulla strada principale. Non riuscivo a respirare regolarmente e l'aria gelida mi stava letteralmente bruciando i polmoni. Gli occhi erano diventati due pozze acquose, ma la temperatura mi impediva di piangere. Oltre a noi tre, l'area era deserta e mi chiesi dove fossero finiti gli attori della compagnia.

Feci un respiro profondo, decisa a fare qualcosa, qualsiasi cosa fosse in grado di porre fine a quello strazio o quantomeno a temporeggiare. Continuavo a pregare affinché quella porta antipanico si aprisse e qualcuno mettesse in fuga quello sconosciuto.

Mi sporsi nel vicolo con una lentezza stomachevole. Fu in quel preciso istante che due occhi dorati mi notarono. Deviò subito lo sguardo dalla mia figura attonita e tremante.

«Ho ottocento dollari in tasca. Prendili.»
La pressione del fendente aumentò accompagnata da un verso di sadica soddisfazione. Un roco lamento lasciò le labbra rosee contrite dal dolore.
«Domani ti darò il resto, Paul.»
Cercò di divincolarsi.
«Verrò io da te, cazzo!»
Urlò quando l'uomo sembrava godere un po' troppo nel ferirlo.

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