IV. In the ocean

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💎 Muriel 💎

La coerenza, dopotutto, è sopravvalutata. Era questo il concetto che ripetevo a me stessa mentre le mie sneakers bianche tamburellavano le scale dell'ingresso del Mazoom e la mia mente vacillava tra quelli che erano i miei principi morali contro Shark Lancaster e il bisogno impellente di denaro.

Ero venuta da sola con la Hudson Line. L'idea era quella di andare a dare un'occhiata quando la situazione al night iniziava a farsi più bollente. Kyle non aveva smesso di gongolare da quando gli avevo detto che sarei andata al locale e non mi era ancora chiaro il perché. Forse era semplicemente contento che si fosse innescata in me una prima reazione alla stasi emotiva degli ultimi giorni.

Si era fatto giurare con i mignoli incrociati che avrei messo un po' di correttore per coprire le occhiaie violacee che mi circondavano gli occhi, altrimenti sarebbe stato impossibile per lui, nel caso in cui mi fossi convinta, farmi ottenere il periodo di prova al Mazoom.
Che stronzo.

L'ennesima folata di vento gelido mi investì provocandomi la pelle d'oca, di lì a poco avrebbe iniziato a piovere. Avvolta solo dalla mia felpa nera, diedi un ultimo sguardo a quell'imponente grattacielo recentemente ristrutturato che sembrava schiacciarmi con la sua alterigia.

Il Mazoom era un parallelepipedo telescopico sulla quarantesima strada, sulla cima del quale potevi goderti una delle viste migliori di tutta New York dato che era praticamente a due passi dall'Empire State Building.

Le linee architettoniche dritte e spigolose, tagliate in pietra calcarea istoriata, erano costellate da ampie vetrate dalle quali provenivano luci soffuse di vari colori. Il logo era uno squalo al neon stilizzato che rendeva lampante il riferimento al nome del proprietario e al suo egocentrismo.

La porta scorrevole si aprì attivata dal sensore e varcai l'ampia soglia protetta da due colossi bronzei in smoking, moderni centauri discretamente armati con delle Glock 48 sotto la giacca. Dopo un loro cenno, entrai timidamente in quel regno di perdizione e peccato, dove circolava il denaro più sporco della Grande Mela.

Il buio dominava e celava ogni cosa come una maschera elementale. Più di tutto, le tenebre avvolgevano le anime dannate dei clienti intenti a lasciarsi ammaliare dal ritmo seducente della musica e dalle sinuose forme muliebri delle ballerine.

La loro virile perversione era illuminata di tanto in tanto da guizzi di luci colorate che roteavano e si fondevano al fumo. Quella sostanza vaporosa emanava una fragranza zuccherina che pizzicava la pelle e inebriava i sensi ottenebrando le coscienze.

La sala, gremita di uomini di varia età, era attraversata da una lunga pedana rialzata costellata ai lati da piccoli faretti di luci caleidoscopiche, all'inizio e alla fine aperta e chiusa da due pertiche da pole dance.

Le dimensioni del luogo erano impressionanti e il soffitto era così alto da poter ospitare un numero indefinito di soppalchi, ciascuno protetto da tendaggi e drappeggi scuri. Capii subito che si trattasse dei famosi privé a tema dei quali qualche volta mi aveva parlato il mio migliore amico.

Il punto più luminoso era il bar, dove un centinaio di bottiglie erano sistemate con cura maniacale in tre teche ad arco sul cui sfondo brillava una luce color assenzio. Riconobbi il profilo di Kyle spiccare su quella luce verdastra e mi sembrò che fosse finito in una scena di Vertigo.

Dopo aver fatto roteare sul palmo della mano una bottiglia, versò da bere ad un uomo di cui non potei mai scoprire il volto.

Continuai ad assorbire l'energia di quell'ambiente e a seguire le sensazioni che tracciava dentro la mia anima intorpidita dal dolore. Il mio sguardo ritornò su quella lunga pedana circondata da divani in pelle dalle forme più disparate. Erano posizionati in modo che chiunque si fosse accomodato su uno di essi, avrebbe potuto vedere cosa stesse succedendo su quel palco sottile e in qualche altro punto strategico, dove erano impiantati dei cubi con pali metallici al centro.

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