La Spada d'Argento

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Il fabbro stava lavorando da lungo tempo e le sue forze erano allo stremo, ma finalmente la Spada era pronta. L'uomo la prese in mano per sentire quanto era pesante e sorrise soddisfatto: l'arma scintillava fredda nella penombra della fucina e pesava poco piu' di una piuma. Nell'impugnatura di acciaio era incastonato il teschio di un animale e delle piccole scaglie di madreperla nera, ma la cosa che piu' colpiva era la lama nera, lunga e sottile di un metallo resistente, intarsiata di fili d'argento, che emanava quasi una luce propria, gelida, carica di odio e di fredda rabbia.
Il fabbro usci' passandosi una mano sul viso accaldato, e il cambiamento repentino, dalla bollente fornace all'aria fredda del mattino invernale, lo fece rabbrividire ricordandogli con chiarezza il suo compito.
"Mi rivedrai nella radura davanti al dirupo, quando la Spada sara' pronta. Portala con te solo se sei sicuro di averla forgiata esattamente come ti ho detto. La mia rabbia puo' essere immensa, ed ho poco tempo." Queste erano state le ultime parole di colui che, piu' di un anno fa, gli aveva detto come doveva essere fatta la lama in cui sarebbe stato imprigionato il potere immenso dello spirito del primo stregone.
L'uomo cammino' con passo pesante fino al dirupo e sedette sotto gli abeti carichi di neve: ma la sua stanchezza era cosi' grande che ben presto si assopi'. Dormi' per molto tempo, e quando riusci' a svegliarsi vide che ai margini del bosco era arrivato un ragazzo a cavallo.
Da lontano si notava subito il suo pallore, accentuato dalle vesti nere; il volto sbarbato era giovane, sui vent'anni, ma i suoi occhi scuri erano freddi e le labbra chiare sorridevano lievi e sprezzanti. Aveva dei bei capelli biondo-grigi lunghi fino alle spalle, alla cintura d'argento era appesa una spada corta di bronzo, il manto del cavallo era nero e lucido.
Il cavaliere balzo' agilmente a terra e si diresse verso il fabbro, che non si mosse. Quel giovane non era la stessa persona che gli aveva commissionato la Spada, pensava, e il suo istinto di uomo del Sud gli diceva di stare attento, attento a quegli occhi neri, a quelle mani agili e alla bocca sottile.
L'altro intanto lo aveva raggiunto e gli si era piantato davanti tendendo la mano:
"Voi dovete essere il fabbro a cui Lord Hirrd ha ordinato di forgiare la Spada."
Lui si alzo' e , tenendo ben stretta la Spada, lo scruto' a lungo, poi rispose:
"Sono io. Ma se voi siete qui per prendere la Spada dovrete dirmi con che diritto lo fate. Non ho lavorato duramente per un anno solo perche' un qualsiasi sconosciuto me la porti via chissa' dove."
Si strinsero la mano.
"Piacere, Alexis Hirrd. Sono il figlio di Lord Hirrd."
"Noran Daeber, fabbro. Dimostratemi la vostra vera identita'."
Il ragazzo si limito' a sorridere davanti alla diffidenza di quell'uomo del Sud cosi' possessivo verso gli oggetti. Tiro' fuori da sotto la giubba nera un medaglione di bronzo e lo mostro' al fabbro che, dopo averlo osservato da tutti i lati, annui'.
Rimasero a osservarsi un attimo, e Alexis Hirrd vide che l'uomo aveva la pelle lucida di sudore, i capelli neri unti e arruffati e occhi scuri e indagatori, ma anche molto stanchi. Non sarebbe stato difficile ucciderlo, considerando anche la sua stazza.
"Perche' non e' venuto Lord Hirrd in persona a ritirare la Spada?"
"Mio padre e' morto. Tutte le sue proprieta' sono passate a me, quindi non appena ho saputo della Spada sono venuto a ritirarla."
"Mi dispiace."
Era vero. Il fabbro era un uomo sensibile, e Lord Hirrd era un buon cliente e amico.
"Posso vedere l'arma?"
"Certo signore, perdonatemi, non sapevo nulla. Se non sono indiscreto, posso chiederle come e' morto?"
"Accoltellato."
Il ragazzo prese la Spada e la osservo' attentamente, poi la restitui' al creatore, tolse dal fodero la sua spada e la punto' alla gola del fabbro.
"Voi avete mai giurato fedelta' alla mia casata?"
L'uomo guardo' sbalordito la lama di bronzo, poi rispose:
"Che importa? Non sono il tipo che va a raccontare tutto a tutti, vostro padre lo sapeva bene."
"Fidarsi e' bene, ma non fidarsi e' meglio, signor Daeber."
L'altro digrigno' i denti e guardo' con rabbia quel ragazzino inesperto che lo minacciava.
"Avevamo stretto un patto. Mi spetta un pagamento!"
"Allora puo' decidere: o giura di mantenere il silenzio e riceve il pagamento o non giura e io le trapasso il petto con questa bella lama. Badi bene, se mi tradisce sara' come se non avesse mai giurato."
Il fabbro tremava di freddo e di rabbia, era stremato, e sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta a combattere con quel giovane ben riposato e agile.
"Va bene."
"Perfetto. Ripeta: giuro sulla mia vita e sulla Spada di servire fedelmente la casata dei Hirrd, e se la tradisco possa io essere ucciso all'istante."
Noran Daeber ripete' e fisso' con odio il cavaliere.
"Allora? Adesso mi spetterebbe il pagamento."
"Non cosi' in fretta, signor Daeber, ho ancora un paio di domande da farle. Di che metallo e' fatta la lama? E il teschio di quale animale e'? E'stata immersa in un bagno di fuoco e ghiaccio?"
"E' fatta di ferro maledetto del Regno Sotterraneo, e quello e' un teschio di volpe. L'ho ammazzata con le mie mani. Il bagno di fuoco e ghiaccio e'stato eseguito, ho inciso le formule sulla lama, ma si vedono solo da vicino."
Alexis Hirrd annui', e poi, sorridendo freddamente, rispose:
"Meravigliosa arma. Veramente stupenda, complimenti. Adesso sono costretto a ucciderla."
"Perche'?! Ho giurato, e ho mantenuto il silenzio!"
Il volto del fabbro si era arrossato, e l'uomo urlava in preda alla disperazione e all'ira.
"Calmatevi, signor Daeber. Voi avete gia' infranto il giuramento. Io non sono Alexis Hirrd."
Tolse dalla mano sinistra le fasciature insanguinate e la mostro' al fabbro: sul dorso erano tatuate due spade e una catena, e delle scritte simili alle lettere incise sulla Spada. L'uomo boccheggio':
"No. Non e'possibile. Non potete essere voi. Poco piu' di un bambino. Siete troppo giovane per essere..."
"E invece sono proprio io. Il Maestro delle Cose. E adesso basta, perche' ho poco tempo da perdere"
Sorrise, poi il cuore di Noran Daeber fu trapassato dalla lama e cesso' di battere.
Il ragazzo lascio' il cadavere sotto gli alberi in pasto ai corvi.
Poi alzo' la spada di bronzo e la fece brillare nella luce fredda del sole invernale, ne accarezzo' delicatamente la lama gocciolante e l'impugnatura incrostata di rubini. Parlo':
"Come sei bella, Ranar..." Il Maestro delle Cose guardava la spada sorridendo malinconico, quasi con dolcezza.
"Ricordi la prima volta che ti vidi, dieci anni fa? Ti rubai dalla sala d'armi, e tu fosti il primo oggetto che mi parlo'. Abbiamo passato tante battaglie insieme, e sei stata sempre una fedele compagna.
Questa e' l'ultima volta che ti macchi di sangue nemico, Ranar."
Stava parlando a una spada. Se gli abitanti del villaggio nella valle lo avessero visto avrebbero pensato che fosse posseduto.
"E'ora che ti riposi, dopo tanti anni di fedele servizio, ora che la tua sete di sangue e' saziata."
Poi il ragazzo puli' la lama sulla neve e la ripose nel fodero, prese la Spada dalle mani del fabbro morto. La impugno'e riapri' una delle numerose cicatrici sul palmo della mano sinistra: con il sangue che usciva dalla ferita bagno' la lama nera e traccio' due segni rossi tra le orbite vuote del teschio.
"Ora tu appartieni a me. Il marchio che ti ho impresso e il sangue con cui ho pagato sono i simboli del nostro patto. Io ho ucciso Lord Hirrd e sono venuto qui perche' sapevo. E adesso ho capito pienamente : sei molto potente e pericolosa, e stavi per finire tra le mani sbagliate. Ma adesso che ho comprato la tua fedelta' noi mostreremo al mondo intero che puoi fare molto piu' che custodire il vecchio spirito di un mago."
Il Maestro delle Cose aveva parlato piano, posando la sua fronte su quella del teschio. E nella luce del mattino la Spada sembro' ridere, fredda e metallica, piena di gelido odio, e il ragazzo rise insieme a lei. Poi le si rivolse sussurrando:
"Tu non hai nome. Te ne daro' uno io."
Rigiro' tra le mani l'impugnatura di acciaio e madreperla nera, passo' le dita agili sui piccoli fili d'argento nella lama.
"D'ora in poi ti chiamerai Draka. Draka, la Spada d'Argento."
Improvvisamente un rumore di passi in lontananza lo fece voltare, e vide che due bambini si stavano avvicinando alla radura dal sentiero Est. Risali' subito sul cavallo, che aveva aspettato pazientemente e non aveva reagito di fronte alla morte del fabbro. Il ragazzo lego' la Spada alla sella e si assicuro' che fosse ben nascosta dal mantello. Il cavallo nitri' piano e mormoro':
"Adesso che hai intenzione di fare?"
"Trovare qualcosa da mangiare."
Era molto nervoso e non smetteva di strofinarsi la mano fasciata.
"Dovresti stare piu' attento. Se fossero stati appena piu' silenziosi ti avrebbero scoperto."
"Va bene Belif, va bene. Adesso smettila di rimproverarmi."
"Hai appena ucciso un uomo e rubato un oggetto di valore incalcolabile. Entro domani ci sara' una bella taglia sulla tua testa."
"Allora corri veloce. Se prendono me tu finirai di nuovo nelle scuderie del re."
Belif ridacchio' e scosse la criniera nera.
"Ho imparato. Correro' via non appena proveranno ad avvicinarsi."
"Credi di essere piu' veloce di loro?"
"Ne sono certo. Andiamo a Nord?"
"Andiamo a Nord."
Il cavallo nitri' gioioso, poi parti' al galoppo, e il cavaliere si fece prendere da un'ebbrezza selvaggia: erano entrambi nati nel Nord di Bergal, e non vedevano l'ora di tornare in patria. Il vento gli scompiglio' i capelli e lo tranquillizzo', e il suo viso fu di nuovo giovane e gaio, ma sempre con una nota di freddezza dentro.
Il ragazzo intono' un'antica ballata ritmica mentre galoppavano sotto gli alberi innevati:
Quando il tuono urla e batte
Ed il lampo guizza bianco
E si sentono i tamburi
Figli della pioggia grigia...

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