La sigaretta

19 4 2
                                    

Il giorno seguente, al momento di alzarsi, avrebbe preferito una coltellata al cuore; gli toccava pure il turno di mattina per una settimana e lui odiava le mattine. E odiava vestirsi senza aver preso il caffè, dato che non c'era nemmeno una maledetta moka in quella casa! Fatta una breve sosta in bagno, accese la televisione in bianco e nero e indossò la divisa puzzolente di fritto mentre Gargamella tentava di acciuffare quei bastardi dei puffi. Ridacchiò facendo colazione con una sigaretta. Cazzo com'era tardi. Gettò la cicca ancora accesa e uscì. Attraversò la città sgusciando in motorino, fregandosene degli insulti più o meno meritati, eppure tardò di due minuti e quella maledetta della manager non mancò di farglielo notare. Quello era solo l'inizio di una fantastica giornata che affrontò con un sorriso così finto che non avrebbe sfigurato sul poster di uno studio dentistico. Durante quella forma di schiavitù quotidiana preferiva pulire le postazioni che esercitarsi a fare panini perché, porco tutto, non riusciva mai a scendere sotto il minuto e Federica, la manager, gongolava nel vederlo in difficoltà. Prima o poi sarebbe riuscito a raccogliere un capello di quella coda svolazzante e ficcarcelo dentro! Sulla via del ritorno si fermò a comprare una piccola moka e il detersivo dagli amici del 'Tutto a un euro' sotto casa; amici, perché scambiava più parole con loro che con chiunque altro. Di fronte al portone incontrò una ragazza che emetteva sguaiati versi animali, sostenuta per un braccio da un amico piegato dalle risate. Enzo la vide strusciare il piede a terra e capì che aveva pestato qualcosa.
- E che, sei un maiale? - Le domandò passando oltre.
Quella reazione scomposta lo aveva disgustato e doveva farglielo sapere. Salì le scale chiedendosi se fosse Roma ad abbrutire i suoi cittadini o se, al contrario, facesse tutto schifo per colpa degli incivili con cui condivideva l'ossigeno. Lui non era un santo ma quanto meno si comportava male soltanto a casa sua! Annusò l'aria in corridoio: cos'era quella puzza? Si fiondò in camera e inchinandosi riscontrò un buco nella trapunta ai piedi del letto. Accanto ritrovò la sigaretta che aveva gettato la mattina: davvero era uscito senza spegnerla? Si addormentò con quel pensiero sebbene quel piccolo incidente, passata la notte, avesse già perso ogni velo di mistero; inoltre, di giorno, l'odio per gli altri esseri umani gli costava abbastanza sforzi, non poteva arrovellarsi il cervello anche su quello. Di certo non ci pensò a cena, mentre faceva supposizioni sull’età di persone sconosciute in un programma televisivo. E non lo fece nelle settimane che seguirono, durante le quali continuò ad alzarsi di malavoglia, a salutare gli automobilisti incazzati con un bel dito medio, a spiare le mosse di Federica per capire come danneggiarla, a cenare con un tramezzino e a scolarsi il limoncello del discount tra una battuta e l’altra di film che conosceva a memoria. E una serata di bicchierini apriva la via a quel languore immancabile che lo induceva a scorrere la rubrica del telefono con una rapida occhiata, perché non conteneva che sei numeri. Subentrata la necessità fisica, il suo indice corteggiava il nome di Nadia senza mai cliccare sulla cornetta verde. E così si addormentava frustrato. La storia della sigaretta gli tornò in mente una mattina: le guance bianche di schiuma, si bloccò con il rasoio in mano rammentando che la sera precedente si era trascinato a letto sfinito, incurante della moka sul fornello. Verificò che la macchinetta fosse ancora lì e la manopola del gas abbassata. Certo che non aveva spento il fuoco, non lo aveva proprio acceso! Tirò un sospiro, senza tuttavia liberarsi di quella sensazione di fondo. Allora si avvicinò con la mano tesa. Inghiottì la saliva e scoperchiò la caffettiera. Trovandola piena fino all’orlo, gli sfuggì un gridolino.

SofiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora