Una psicologa 'sboccacciata'

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Enzo si tirò su di scatto: – Vattene, non ti voglio qui! – Ringhiò.
Cacciata l'intrusa, non gli restava che prendersi un giorno libero per riguadagnare la fiducia del suo fantasma.
– Guarda che lei non significa niente per me. Prima di conoscere te sarebbe stato diverso, non lo nego. Mi sono fatto prendere... – "dalla mano" di Nadia, pensò. – Ti giuro che non succederà più. – Promise con le lacrime agli occhi. – Mi devi credere.
Disperato, fece un tentativo con la tela: – Dimostrami che va tutto bene, fa' un segno qualunque. – Pregò, preparando il colore.
Si allontanò per non più di due minuti, la tensione non gli permise di aspettare oltre: – E dai! – Sbottò.
Vegetò per mezz'ora, finché non si accese una sigaretta per distendere i nervi. Si maledisse per aver permesso a quella vipera di insinuarsi nel suo rifugio; e dire che qualche mese prima avrebbe dato cinque anni di vita per un suo cenno. Prese a battersi la fronte. Quello che aveva avuto con lei non valeva nulla, ma con Sofia era tutta un'altra storia. Chi altri poteva vantare un'amicizia speciale con un fantasma? Forse neppure lui. Si trascinò per il resto della giornata invocando, imprecando, piagnucolando. Esaurì le energie, ma scesa la notte non riuscì a prendere sonno, tanto che dovette ricorrere ai sonniferi che teneva per le emergenze. Aspettando le palpebre pesanti, con il capo che rimbalzava sul cuscino adagiato tra la schiena e la parete, qualcosa catturò il suo interesse e cominciò a spostare lo sguardo da un lato all'altro della stanza. C'era davvero qualcuno lì con lui, non se l'era inventato!
"Sei tu che devi scusare me. Non voglio più trattenerti"
– Ma che dici, sei tu che devi perdonarmi. – Enzo sollevò una mano aspettando che quella silhouette eterea tendesse la sua, ma la vide scuotere la testa e sfumare. Era un addio?
– Non andartene. Non lasciarmi solo, ti prego. – Implorò, singhiozzando e stringendo la tela inumidita dalle lacrime.
Non poteva rinunciare a lei! Allora perseverò nel predisporre colore e pennelli, ponendo le più svariate domande: "mi perdoni?", "puoi spiegare il significato delle tue parole?", "tornerai da me?". Era tutto inutile: al suo rientro lo scaldabagno taceva, se fingeva di dimenticare l'acchiappa-colori nessuna scatola faceva capolino dall'alto e se lasciava la moka troppo a lungo sul fuoco otteneva solo di bruciare il caffè.
– Non voglio essere solo. Ti scongiuro...
Quella nuova routine fatta di preghiere andò avanti finché la sorella non si presentò senza invito.
– Allora? – esordì lei, non appena le fu aperta la porta. – Impacchettami le cose mie e sbrigati pure. – Ordinò, seguendo Enzo dentro l'appartamento. – Hai perso la lingua? – Di fronte a quell'evidente stato di prostrazione, cambiò tono. – Non stai bene, sembra che tu abbia visto un fantasma.
Lui si sentì raggelare: – Sono ventisette anni che non sto bene, sai che novità! – esclamò sarcastico, consegnandole laptop e dvd. – E lasciami Seré! – Si liberò dalla stretta della sorella.
Serena fece spallucce e aprì il frigorifero.
– No, ma fa' pure come fossi a casa tua.
– Dobbiamo fare due chiacchiere e sopportarti non è una passeggiata. Mi serve un aiutino. – Stappò due birre sotto lo sguardo perplesso del fratello: – Guarda che a me non me ne frega niente, ma mamma ne morirebbe se ti succedesse qualcosa. Ti concedo di usarmi.
Enzo schioccò la lingua: – Sempre a vantarti, non sei cambiata.
– Quanto credi abbiano influito le scelte passate sulla tua situazione presente? – Volle sapere lei, sedendosi sul tavolo della cucina.
– Non sono uno dei tuoi pazienti sfigati. Ecco qui la roba tua. Quella è la porta.
– Neanche tu sei cambiato. Sono i tuoi modi del cazzo il problema.
– Che psicologa 'sboccacciata'. Attenta, che ti vado ad abbassare la media delle recensioni sul sito.
– Cos'era, un sorriso quello? – Gli porse l'altra bottiglietta.
– No, una smorfia di dolore per la tua presenza. – La corresse lui, accettando l'offerta e accomodandosi lì accanto.
Per un po' rimasero in silenzio, bevendo e ascoltando il rumore del traffico. Serena poteva anche essere la classica perfettina superba, ma Enzo aveva bisogno di sfogarsi e considerando che lei aveva già un'infima stima di lui, gli conveniva aprirsi. Così, incassati alcuni colpetti d'incoraggiamento, si decise a parlare. 

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