Due solitudini

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– Riesci anche a vedermi?
– No, ma ti sento – disse lui, agitando le braccia. – A meno che io non sia impazzito del tutto.
– È un po' come se fossimo al telefono! – esclamò Sofia.
– Sì. Dove sei?
– Eccomi, sono seduta accanto a te.
Enzo fece per abbracciarla ma brancolò nell'aria.
– No, dall'altra parte. Ascolta. Ecco... prima parlavi con qualcuno.
– Ahia. Forse era meglio prima, quando non ti sentivo. – Scherzò. – Sono uscito con Serena, mia sorella. E una sua collega.
– Ah.
– Mi ha fatto un'imboscata, giuro. – Specificò, coprendo uno sbadiglio.
– Puoi uscire con chi vuoi, ci mancherebbe.
– E allora perché dopo... che Nadia è stata qui sei sparita?
Lei sospirò: – Non lo so. All'inizio mi ero un po' ingelosita, lo ammetto. Poi ho pensato che avrei dovuto lasciarti andare.
– Ora capisco quella strana frase che hai detto. No, l'ultima cosa che desideravo era perderti.
Restò in silenzio, ma alla fine si espose. – E perché, che cosa ti posso dare io che una persona vera non possa darti?
– Non lo so. – Ammise lui. – Ma da quando ho capito che c'eri, ho cominciato a sentirmi meglio. Non ha senso, vero?
– Il tuo psicologo risponderebbe di no, immagino. Enzo? – Sofia poté pronunciare quel nome aspettandosi una risposta.
– Che c'è?
– Tu credi che se ci fossimo incontrati per strada, o a una festa, ci saremmo trovati?
– No. – Si affrettò a rispondere lui, prendendosi a schiaffi sulle guance. – Ma per colpa mia. Vedi, io odio stare in mezzo alla gente e l'unica festa a cui andrò sarà il matrimonio di mia sorella se troverà uno abbastanza masochista da tenersela. E se ti avessi incrociato in giro, ti avrei schivata o ti avrei dato una capocciata per correre a lavoro o al discount.
– Che intendi?
– Che non mi trovo con gli altri e che per questo avrei perso l'occasione di incontrare te. E anche se non posso dire di conoscerti, mi fa stare bene averti intorno. E tu? Saresti uscita con un poveraccio come me? Tanto lo so che hai visto i buchi sui maglioni.
– Non credo. Io ho fatto sempre il grillo, zampettando un po' di qua e un po' di là. Avevo un sacco di progetti e la presunzione di realizzarli tutti insieme. Ma, soprattutto, la presunzione di morire di vecchiaia.
– Non dire così. – Sollevò una mano portandola, per un caso, molto vicina alla guancia di Sofia. – Stai piangendo?
– No, ma sono un po' triste e un po' felice. Qualunque sia il motivo che ci ha messi insieme, adesso siamo qui.
Lei gli si era stretta addosso, sebbene ci fosse una sorta di velo che impedisse loro di toccarsi, e trascorsero la successiva mezz'ora a raccontarsi le reciproche vite.
– Per dare una lezione a mio padre sono scappata in Francia. Il classico imprenditore pieno di sé, sai come vanno queste cose...
– Non lo so, la persona più influente che conosco è la manager del fast food in cui sgobbo.
– Piuttosto, dimmi di te e di Nadia.
Enzo sbuffò: – È proprio necessario?
– No, in fondo no.
Passati trenta secondi, ripeté la domanda e aggiunse: – Se mi hai risposto non ti ho sentito. Sofia?
– Sono qui.
– Niente, non ti sento più.
– Oh. – Lei si afflosciò. – Forse stai per addormentarti.
– Non preoccuparti. – Le assicurò lui. – Ripeteremo l'esperimento domani sera. Anzi, ogni sera.

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