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Le urla esaltate delle persone che come me osservavano la partita, riempivano gli spalti del centro sportivo.

Quello davanti a noi non era un campo da calcio grande come quelli in cui si giocano i mondiali, ma era comunemente utilizzato per le partite dei ragazzi.

Le due squadre in combutta erano quella di mio fratello e quella di un'associazione di calcio della città accanto alla nostra.

Guardai con aria allibita mio padre, che seduto accanto a me non smetteva un attimo di sbraitare ordini alla squadra di mio fratello.

Muoveva in modo agitato le braccia, alzandole al cielo quando l'arbitro dava falli che mio padre non concordava.

Quando la partita raggiungeva un momento fatidico, si passava le dita tra i capelli, spettinandoli nervosamente.

Ogni tanto riappoggiava le mani sulle cosce, scuotendo la testa rassegnato.

Ero infastidita da tutto il trambusto che c'era ogni volta, ma mia madre mi ripeteva sempre quanto a mio fratello facesse piacere la mia presenza alle sue partite.

Perciò, qualche volta al mese ero costretta a subirmi tutto quel baccano.

In realtà mi ci ero abituata, non facevo più storie, ma tornavo sempre a casa con un forte mal di testa.

Riportai lo sguardo sui ragazzi che stavano giocando, trovando mio fratello che grondante di sudore correva dietro al giocatore che stava calciando la palla verso una porta.

Arrivato a pochi metri da essa, tirò il pallone.

Il portiere si lanciò, sfiorandolo di poco, non riuscendo ad evitare che si scontrasse contro la rete, procurando un grande boato di urla dagli spalti.

Un lungo fischio segnalò la fine della partita, mentre i vari ragazzi nel campo si abbracciarono. Alcuni per conforto, altri per vittoria.

Udì mio padre blaterare qualcosa, lamentandosi dell'esito del gioco, e mi voltai verso mia madre che seduta alla mia sinistra applaudiva con un sorriso fiero e contento.

Percepì il mio sguardo su di lei e mi sorrise "È stato bravo tuo fratello" commentò annuendo.

Lei era quel tipo di persona che non rendeva gli sport tossici, donando complimenti anche ai perdenti.

Scendemmo dagli spalti e ci dirigemmo al parcheggio, per aspettare mio fratello.

I miei genitori salutarono le famiglie dei compagni di squadra di mio fratello e si misero a parlare.

Io mi distanziai un pò, non volendo subirmi vari padri alterati confabulare tra di loro.

Incrociai le braccia e scrutai il cielo azzurro, macchiato da alcune nuvole bianche.

Il sole sarebbe tramontato tra meno di due ore, e il venticello tiepido spettinava delicatamente i miei lunghi capelli corvini.

Attesi qualche altro minuto, beandomi di quella tranquillità, e finalmente vidi alcuni calciatori uscire dall'edificio degli spogliatoi.

Come al solito Seeun, mio fratello, era ultimo e si fece attendere maggiormente.

Tuttavia vidi la porta aprirsi di nuovo, mostrando la sua figura.

Aveva un'anno in più di me, era alto, magro e a parere mio un bel ragazzo.

Con i capelli ancora umidi per la doccia appena fatta, avanzò verso di me con il suo solito passo svelto.

𝖢𝖮𝖲𝖬𝖨𝖢 𝖥𝖤𝖤𝖫𝖨𝖭𝖦𝖲 - 𝖻𝖺𝗇𝗀𝖼𝗁𝖺𝗇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora