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Dei leggeri colpi alla porta mi riportarono alla realtà da cui ero scappata non appena avevo iniziato a leggere il libro che avevo tra le mani.
"Avanti!" esclamai alzando lo sguardo.
La porta si aprì e la figura di mia madre fece capolino da essa, aggrottai le sopracciglia nel notare che fosse avvolta nel suo cappotto nero.
Lanciai un'occhiata all'orologio appeso alla parete, constatando che fossero le sei e un quarto di sera.
"Dove vai?" chiesi riportando lo sguardo su di lei.
"In ospedale, Seeun si è fatto male alla caviglia durante l'allenamento ed è stato portato immediatamente là" rispose con ancora una mano sulla maniglia della porta.
Sorpresa dall'improvvisa notizia, la osservai in silenzio per un'attimo, prima di infilare il segnalibro tra le pagine e chiudere il libro.
"Posso venire con te?" chiesi apprensiva.
"Devi prepararti?" mi domandò, essendo a conoscenza del mio bisogno di rendermi presentabile anche per andare a buttare la spazzatura.
"No, mi cambio solamente" risposi alzandomi in piedi per poi correre verso il mio armadio.
"Sbrigati, per favore. Ti aspetto giù" mi pregò, chiudendo la porta alle sue spalle.
Scandagliai tutti i ripiani, optando per dei jeans larghi e una maglietta oversize. Dopo averli indossati, afferrai la mia giacca e me la infilai, precipitandomi fuori da camera mia.
Mi fermai poco prima della porta d'entrata e controllai il mio aspetto nello specchio appeso vicino alla scarpiera.
Pochi minuti dopo ero già in auto con mia madre, sfrecciando tra le strade di Seoul.
"Se tuo fratello si è rotto la caviglia, non immagino nemmeno la tragedia che farà" si lamentò lei, lo sguardo davanti a sé e le mani sul volante.
Emisi una risatina e ad annuì.
"Neanche io" risposi ricordando il suo atteggiamento drammatico."Oh, però se finirà in stampelle sarà un pò difficile per lui fare le scale, forse è meglio se apriamo il divano a letto in salotto e lo facciamo dormire lì" ragionò, studiando soluzioni a possibili evenienze.
"Mhm" concordai, osservando le luci della città. Essendo inverno era già buio, e Seoul al momento era tutta illuminata dalle insegne dei negozi, dai lampioni, dai fari delle auto e dalle finestre delle camere con una lampada accesa.
Finalmente arrivammo a destinazione, parcheggiando per poi fare la nostra entrata nell'ospedale. Chiedemmo informazioni alla reception; a quanto pare mio fratello non era ancora stato visitato.
Ci dirigemmo dunque nella sala d'attesa, e tra vari visi trovai quello di mio fratello. E non solo.
Un senso di ansia si impossessò del mio corpo non appena vidi Christopher seduto accanto a Seeun. E quel sentore crebbe non appena vidi mia madre camminare verso di loro.
Presi un respiro profondo e la seguì, fermandomi poco prima di lei quando li raggiungemmo.
I due ragazzi erano seduti, avevano ancora addosso la divisa di calcio e perfino le scarpe con i tacchetti.
Mio fratello ne stava indossando solo una, l'altro piede era avvolto dalla calza con all'interno un sacchetto di ghiaccio.
Accanto a loro c'era il coach Kim, un uomo sulla quarantina.
Restai in disparte, mentre mia madre salutava tutti, interessandosi alla salute di mio fratello.
Quando lo sguardo di quest'ultimo si posò su di me, approfittai del fatto che l'attenzione di mia madre fosse sul coach e gli feci una linguaccia, sventolando un piede, rinfacciandogli di averlo ancora sano.
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𝖢𝖮𝖲𝖬𝖨𝖢 𝖥𝖤𝖤𝖫𝖨𝖭𝖦𝖲 - 𝖻𝖺𝗇𝗀𝖼𝗁𝖺𝗇
Hayran Kurgu( 𝗂𝗇 𝖼𝗈𝗋𝗌𝗈 ) "Ma il cigolio prodotto da una porta fermò i miei passi, inducendomi a voltarmi verso essa. Un ragazzo a torso nudo, con solo un asciugamano bianco legato in vita mi fissava sorpreso, la mano ancora sulla maniglia della porta. Da...