𝗱𝘂𝗲

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Quella stessa sera, prima di cenare mi recai in bagno, per darmi una rinfrescata.

Avevo un serio bisogno di staccarmi da tutto ciò che mi circondava e rilassarmi completamente.

In più, lavarmi era uno dei tanti modi che usavo per sentirmi serena. Non mi definivo una persona produttiva, poiché i miei unici hobby erano disegnare e leggere.

Come tutte le persone della mia età passavo la giornata a scuola, ma quando tornavo a casa mi stendevo sul letto per poi oziare fino all'ora di cena.

Non mi piaceva uscire, con le mie amiche mi sentivo spesso ma io non ero quel tipo di ragazza che si incontra con il suo gruppetto al bar, procedendo poi a fare shopping.

Non potevo certo diagnosticarmi un'ansia sociale, ma la certezza che io in posti affollati non riuscivo a starci, era confermata dai miei genitori e dalle mie amiche.

Andare a vedere le partite mi faceva sempre crescere una certo nervosismo. Prendere posti sugli spalti e sedersi davanti a persone che ti scrutavano curiose era un incubo.

Non avevo mai avuto un serio attacco di panico, ma non mi sentivo per niente a mio agio in mezzo a tante persone, perciò preferivo rimanere a casa tranquilla.

Ma a casa, non facevo praticamente nulla. Se solo non avessi ansia di iniziare a praticare uno sport, o di uscire fuori, sarei potuta essere una persona più accesa ed operosa.

Per questo le piccole cose come farmi un semplice bagno e la skincare mi facevano sentire meglio. Alla fine andavo sempre a dormire con l'idea che oltre ad essere andata a scuola, avevo fatto anche qualcos'altro.

Mi spogliai e dopo aver regolato il getto d'acqua entrai nella vasca, attendendo che essa si riempisse un poco.

Osservai delle ciocche dei miei lunghi capelli scuri muoversi leggermente dentro l'acqua.

Stringendo al mio busto le gambe, mi venne in mente il ragazzo che avevo incontrato nello spogliatoio.

Un'ondata di imbarazzo mi travolse e chiusi gli occhi sospirando, consapevole di aver fatto la figuraccia del secolo.

Sperai fortemente che lui non raccontasse a mio fratello quanto fosse successo, perché l'umiliazione e il disagio sarebbero solo cresciuti.

Riflettei sul fatto che mi stavo facendo troppe paranoie, poiché quel ragazzo si sarebbe ben presto dimenticato dell'accaduto.

D'altronde, se fosse stata una ragazza più carina al mio posto, a lui non sarebbe certo dispiaciuto.

Mi vennero in mente le mie compagne di classe, belle e perfette ogni giorno della loro vita.

Mi sentivo sempre male ad entrare nella mia aula, poiché vedere i loro volti, i loro corpi e il modo in cui catturavano l'attenzione di tanti ragazzi mi facevano sentire nettamente inferiore a chiunque.

Loro erano belle da morire, struccate o non, e io invece piangevo spesso di fronte al mio riflesso.

Ero mentalmente stanca e distrutta per tutto ciò che passavo durante le mie giornate. I miei pensieri mi tartassavano di continuo e non facevano altro che farmi sprofondare sempre più in basso.

Era pesante alzarsi la mattina, prepararsi e recarsi a scuola, per poi tornare a casa, cenare ed andare a dormire. Era un ciclo continuo, non succedeva mai nulla di nuovo, e io mi chiedevo sempre che senso aveva continuare così.

Eppure non riuscivo a cambiare. Per quanto mi sforzassi a migliorare il mio aspetto, a vedere le cose in modo più positivo e a cercare di essere più produttiva, quel tunnel scuro sembrava non avere fine.

Nessuno conosceva questo aspetto di me. Le persone a me vicine erano a conoscenza del mio disagio che provavo verso le uscite, perciò anche se passavo molto tempo in camera mia, a nessuno importava.

Sentivo spesso mia mamma dire alle sue amiche o ai miei nonni: "Ma lei se ne sta tranquilla in casa a fare le sue cose, legge e disegna" però non sapeva che la situazione mi sgretolava.

Ma nessuno doveva venirlo a sapere. Non volevo fare pena a nessuno, e di certo ne avrei suscitata se avessi ammesso a qualcuno che io mi vedessi brutta e che avessi paura di uscire.

Sarei risultata pesante, noiosa o addirittura "depressa", quest'ultima alla vista delle persone che non hanno la minima idea di cosa voglia dire quella parola.

L'unica cosa di cui avevo bisogno era una distrazione, qualcosa che mi accendesse, e sarebbe bastato veramente poco.

Avevo bisogno di qualcuno che mi capisse, qualcuno che mi facesse sentire così bene da fare sparire tutte le mie insicurezze e preoccupazioni.

Una psicologa, forse?

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why ain't I pretty?
why ain't I lovely?
why ain't I sexy?
why am I me?
Allergy - (G)I-dle

𝖢𝖮𝖲𝖬𝖨𝖢 𝖥𝖤𝖤𝖫𝖨𝖭𝖦𝖲 - 𝖻𝖺𝗇𝗀𝖼𝗁𝖺𝗇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora