Capitolo 2

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Diana Montgomery, una donna di cinquantatré anni, la stessa che dovrebbe essere mia madre ma assomiglia di più al mio peggior incubo, forse addirittura lo è.

Per tutti Diana Montgomery è una donna venuta dal nulla che è riuscita a sposare uno degli scapoli più ambiti e più ricchi del paese.

Diana Montgomery per gli altri è una madre amorevole che vuole solo il meglio per la figlia, è una moglie amorevole e perfetta.

Già...perfetta. Perché per tutti gli altri, lei è la perfezione. Loro non possono sapere quanto in realtà sia totalmente imperfetta. Nessuno sa quanto in realtà lei non sappia fare la madre, quante volte a causa sua io mi sia sentita sbagliata, fuori posto.

Non ricordo una volta in cui lei abbia manifestato affetto nei miei confronti, voleva, e vuole, solo perfezione, non importa che io sia sua figlia, se non sono eccellente, non valgo abbastanza.

Una cosa posso riconoscere a Diana Montgomery: è indubbiamente una grande attrice, ha imbrogliato chiunque quando ha creato l'immagine del quadretto familiare perfetto.

Non importa quello che succeda nel privato, il suo motto è: "mantieni le apparenze e rimarrai vivo."

Di base non è un motto del tutto sbagliato, almeno per il nostro mondo, lo è il modo esasperante con cui lei lo applica, cercando di controllare tutto e tutti.

Ecco com'è che sono finita a sorridere anche quando dentro vorrei soltanto piangere cascate.

Mia madre è decisamente nata per questo mondo, ha un portamento perfetto, delle maniere sublimi, un lessico e un modo d'esprimersi intrigante, un corpo da modella e un fiuto per gli affari eccellente. Non c'è da stupirsi se mio padre sia caduto ai suoi piedi.

Io, invece, sono tutto il contrario suo. Tutto lo sfarzo che mi circonda lo trovo pacchiano ed eccessivo, trovo noioso passare le serate a parlare con gente di cui non mi interessa e penso che la perfezione sia un semplice concetto sociale del tutto frivolo e privo di ogni importanza vera. Eppure, da bambina lo inseguivo disperata, sperando di ricevere in cambio un po' d'amore.

Perché le altre famiglie si aspettano una figlia all'altezza della madre, ma non sanno che il mio terrore più grande è quello di essere come lei.

Io sono Ilary Gray-Connor e non mi importa più di essere la pecora nera della famiglia, ho sempre voluto che mi venisse dimostrato un pochino d'affetto, ma non è mai successo e ci ho fatto l'abitudine.

Non posso dire di non averci provato, ci ho messa tutta me stessa ma probabilmente, quando la natura mi ha creata, non mi ha predisposta ad essere amata o ad amare.

****

Quando mi sveglio e scendo in salone la prima cosa che i miei occhi assonnati percepiscono è una: sfarzo.

Un numero anche esagerato d'operai sta lavorando per rendere la casa ancora più lussuosa di quanto già non sia, cosa che onestamente non credevo possibile.

L'artefice di tutto questo può ed è soltanto uno, mia madre.

Da sempre per lei il compimento dei vent'anni è una tappa fondamentale per la vita di una persona, come se tutto il resto della sua vita dipendesse dalla festa dei vent'anni d'età.

Non ho mai capito realmente perché e lei non me l'ha mai detto, insomma, secoli fa i vent'anni erano importanti perché era l'età in cui si convolava a nozze tra i nobili, ma è più di cent'anni che quasi nessuno rispetta quella regola. Purtroppo, non posso dire lo stesso per i matrimoni combinati. Questo tipo d'unione è molto utilizzata tra le varie famiglie per sancire qualche alleanza economica. Certamente, esistono anche i matrimoni d'amore, come quello dei miei genitori, ma, nonostante tutto, sono relativamente rari.

L'altra motivazione per cui per lei potrebbe essere così importante il ventesimo compleanno è che lei e mio padre si sono conosciuti proprio durante quest'occasione, eppure conosco mia madre, non è mai stata sentimentalista e arrivare addirittura a questo è inimmaginabile quando si parla di lei.

Immagino che io stia per scoprire il motivo, in fondo oggi compio i tanto attesi vent'anni. Mia nonna direbbe che sono diventata una donna, io dico che tutto questo è solo una grande palla al piede.

Dovrò passare l'intera giornata in compagnia delle fastidiose aiutanti di mia madre. Sarò costretta a sottopormi a mille trattamenti che sarebbero anche piacevoli, non fosse per la compagnia.

Se il salone era completamente abbellito, la cucina è invivibile. Ci sono una quantità spropositata di cameriere e cuoche che lavorano velocemente sotto lo sguardo vigile e giudicante di mia madre.

Forse, era meglio rimanere a letto.

«Ilary ma come sei vestita?! Quel pigiama è di almeno due stagioni fa!»

«Buongiorno anche a te, madre.»

«Come ti permetti di parlarmi così! Dove sono finite tutte le buone maniere che ti insegno fin da piccola?!»

Se il buongiorno si vede dal mattino, oggi sarà decisamente una giornata schifosa.

****

Il pomeriggio passa molto lentamente, tra manicure, pettegolezzi e giudizi non richiesti.

Come immaginavo, è stato un pomeriggio estenuante, eppure, sento che ancora non è finita, sento che non posso ancora tirare un sospiro di sollievo, in fondo manca ancora la parte più importante della giornata, la festa.

Onestamente, sono preoccupata, c'è questa strana aria che percepisco, come se il peggio debba ancora arrivare, lo leggo nello sguardo di mia madre, è troppo agitata e sta decisamente dando troppa importanza a questo compleanno. Spero tantissimo che il mio istinto si sbagli, che il mio ventesimo compleanno non sia così importante per il motivo che penso io, perché potrei dare di matto e odiare definitamente i miei genitori.

****

Ovviamente, tutte le mie speranze si sgretolano quella sera stessa.

Come posso essere stata così stupida ed ingenua da sperare che non accadesse. Eppure, ci ho provato. Ho tentato di rimanere positiva, di attaccarmi alla possibilità che i miei genitori non fossero così crudeli da togliermi ogni possibilità di potermi innamorare ancor prima che io capissi cosa volesse dire amare.

Ma lo sono stati e probabilmente avevano in mente questo fin da quando sono venuta al mondo.

Ci ho sperato davvero, ho creduto con tutta me stessa che sarei riuscita a capire cosa volesse dire innamorarsi, voler sposare qualcuno, avere dei figli e sposarmi. Ma i miei genitori mi hanno strappato tutti i miei sogni quella sera, presentandomi il mio futuro marito.

Fu così che la sera del mio ventesimo compleanno capii, o meglio ebbi la conferma, che io non avrei mai potuto essere normale, come tutte le bambine che sognavano di essere principesse.

Ma non sarei mai rimasta zitta. Una furia cieca prese possesso di tutto il mio corpo, perché quella era l'unica emozione che la mia anima sapeva maneggiare, modellare, manipolare e provare, la rabbia. Perché potrò essere ferita oltre ogni modo immaginabile, ma farmi mancare di rispetto così, quello mai.

Non avendomi mai cresciuta realmente lei, quello che mia madre non sapeva, e non poteva neanche mai immaginare, è che non sono mai stata una ragazza tranquilla e ragionevole.

Loro non lo sanno, i miei genitori si sono illusi che io sarei rimasta zitta e avrei accettato il mio destino, da brava figlia perfetta. Ma io ho sempre avuto dentro una tempesta e non mi è mai stato difficile portarla anche fuori, anzi, nella confusione io mi sento quasi a casa.

È così che quando il mio sguardo incrocia i suoi occhi, l'unica cosa che riesco a fare è un piccolo sorriso ironico. Ci sarà da divertirsi. 

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