Capitolo 16 (parte due)

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Sento una porta al piano di sopra sbattere, poi vedo Charles scendere di fretta le scale e, senza neppure salutarmi, esce.

Poi, per qualche secondo, sento silenzio, quasi come se questa fosse una casa abbandonata, è così strano che non ho il coraggio neanche di muovermi e per qualche istante sembra quasi che il tempo si sia fermato, poi sento un urlo straziante, disperato, venire proprio da quella camera.

Poi un tonfo, urla, vetro che si rompe e molto altro.

Inevitabile è per me ricordare, tornare indietro a quel periodo, quando ancora vivevo con il mostro.

****

È sera, per l'ennesima volta sono chiusa in camera mia a suonare il pianoforte, sono le sette di sera, l'ora in cui arriva di solito ed io non posso rischiare di farlo innervosire.

Infatti, dopo qualche secondo sento la porta sbattere. Mia madre corre ad accoglierlo. Ancora non ho capito perché si ostina ad amarlo. Non vede come la sta riducendo? Come può amarlo ancora? Non vede di quanti colori diversi è il suo corpo a causa di quel mostro? Perché non lo denuncia? Sa bene che io non posso farlo, sono poco più di una bambina e per qualche motivo non mi crede nessuno, eppure tutti in città sanno. Ne sono certa. Tutti vedono le sue braccia contornate di macchie di tempera dolorosa, nessuno crede più alla scusa della caduta. Non è possibile che lei cada ogni giorno, più volte.

Quando vado in giro, tutti mi guardano con pietà, sanno che sono sua figlia, sanno cosa fa a mia madre. Vedo nei loro occhi la preghiera silenziosa che non faccia le stesse cose con me, ma nessuno si muove. Tutti fingono di non vedermi, i vicini fingono di non sentire le urla di mia madre che chiede pietà, inutilmente perché lui si ferma solo quando è soddisfatto.

Tutti sanno, eppure nessuno parla.

Perché la gente è così, è egoista, finché non tocca a loro non si muovono. Perché la vita è cattiva, non ti aiuta. Bisogna imparare da sé ad essere forti, oppure il mondo ci ucciderà. Questo ho imparato da quel mostro che dovrebbe essere mio padre.

Ancora oggi, come ieri e come domani, lui torna a casa ubriaco. Non ho bisogno di essere lì per sapere come andranno le cose, perché è sempre la solita scenetta che si ripete ogni sera, per quanto dolorosa ed umiliante possa essere. Mia madre che lo sente rientrare, prova ad avvicinarsi per baciarlo, ma lui la scansa, facendola finire contro il mobiletto in sala, poi va a mangiare e se la cena non gli piace, allora la collezione di macchie colorate aumenterà.

Così dovrebbe andare di solito, ma non stasera. No, perché oggi è arrabbiato, qualche affare deve essere andato male. Così, le urla arrivano prima del previsto, ma io non sono pronta, io che come una codarda me ne sto in camera mia a suonare mentre il cuore batte a mille per la paura. Solitamente le urla arrivano sempre in un momento ben preciso; quindi, so quando devo iniziare a suonare più forte per non sentire, o almeno provarci, ma non stasera.

Le urla iniziano prima, troppo prima, io non sono pronta, vado in panico, le dita iniziano a tremare, cerco di estraniarmi, ma non ce la faccio, cerco di scappare la i singhiozzi di mia madre sono talmente forti che non riesco a sentire i miei stessi pensieri.

Poi un rumore sordo precede il silenzio. Ha rotto l'ennesimo vaso contro la parete, simbolo che ora è più calmo.

Domani sarà di nuovo così, vorrei dire che spero ancora che mia madre si decida a denunciarlo, ma va avanti così da quando avevo sei anni, ora ne ho il doppio e lui non ha mai smesso. Ormai, sono convinta che sia malato, vedo la soddisfazione nei suoi occhi quando mia madre rimane a terra.

*****

Quando torno alla realtà, sento singhiozzare molto forte, così cercando di rimanere lucida, salgo le scale di corsa, arrivando nella camera incriminata.

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