Prologo

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Mi avvolse in un abbraccio e mi strinse facendo combaciare i nostri corpi, come se si completassero. Il battito mi accellerò, ed il cuore batteva così forte che pensavo quasi potesse sentirlo. Mi guardò intensamente per qualche secondo per poi posizionare la mano attorno alla nuca, poggiando in seguito le sue labbra sulle mie, rivelando una foga immensa. Una miriade di farfalle mi tempestavano lo stomaco, ed io, più che inesperta, cercavo di seguire il suo ritmo. Pensavo di apparire una ridicola principiante alle prese con il suo primo vero bacio, se non si contano i baci a stampo scambiati durante il gioco della bottiglia alle feste di dieci anni. Mi feci coraggio e gli poggiai le braccia al collo, mentre lui, da esperto, mi sollevò fino a quando non ebbi le gambe incrociate attorno ai suoi fianchi. Continuavamo a baciarci con trasporto fino a quando non finii con le spalle al muro gelido. Senza nemmeno pensare ai miei prelibati sedici anni ed alle conseguenze che avrei avuto nei giorni a seguire, con la sua tagliente indifferenza nei corridoi di scuola, mi sfilai il maglioncino e lo gettai via. Si allontanò, smise di ansimare e mi guardò pensoso. Tutto il calore e tutto il desiderio, sembrò essersi confuso con una paura fin troppo accesa nei suoi occhi color verde smeraldo. Si avvicinò nuovamente, fece un respiro profondo nell'incavo del mio collo, e dopo mordicchiò il lobo del mio orecchio facendomi sussultare.
"Sei pronta?" Sussurrò con respiro pesante.
Non esitai ed annuii all'istante, perché aspettavo da troppo tempo essere in intimità con lui. Gettai i capelli all'indietro, per poi chinarmi di nuovo e lasciargli un tenero bacio sulle labbra. Mi poggiò delicatamente sul letto e poi si allontanò. Avvertii una sorta di solitudine, ma mi rilassai non appena si posizionò su di me con le mani ai lati della mia testa. Si piegò su di me e fece per darmi bacio che non ci fu mai, facendomi rimanere con l'amaro in bocca. Mi poggiò delicatamente sul letto e poi si allontanò. Si piegò su di me di nuovo dandomi un piccolo bacio, scendendo sempre di più fino a quando non raggiunse il suo obiettivo: il collo. Mi mordicchiò leggermente ed emisi un gridolino.
Si allontanò per sfilarsi i pantaloni e prese una piccola bustina quadrata dal portafoglio e l'aprì. Dopo qualche istante si girò verso di me e con cautela mi si stese sopra. Stava per entrare quando..

quando la sveglia iniziò a suonare, interrompendo il mio sogno. Ah, maledetta sveglia, ottimo tempismo. Davvero.
Ripensando agli sguardi di Christian come se fossi solo sua, mi alzai riluttante e mi misi a sedere sul letto pensando che, magari fossi stata sua! Ma purtroppo eravamo nella vita reale, e mi toccava scendere dal letto e filare a scuola se non volevo sorbirmi il tono spacca timpani di mia madre alle sette del mattino. Sbadigliai, mi strofinai gli occhi dopo essermi stiracchiata, e poi finalmente decisi di rendermi attiva. Arrivai al bagno all'altro capo della stanza e avviai l'acqua nella doccia.
Avrei dovuto fare un doccia fredda per riprendermi dal momento di trance, ma non ero del tutto pronta a ricevere dell'acqua gelata addosso. Soprattutto perché speravo di sognarlo di nuovo anche ad occhi aperti se fosse stato necessario.
Dopo una doccia restabilizzante, una spazzolata veloce ed un filo di mascara, infilai un jeans accompagnato da felpa e vans, e scesi di sotto.
Mio padre leggeva il giornale con la tazza colma di caffè, con l'indice e il pollice avvinghiati al manico della tazza, mentre mia madre era ai fornelli.
"Buongiorno" Sbiascicai sedendomi.
"Buongiorno Ila, dormito bene?" chiese mio padre senza distogliere lo sguardo dal giornale.
Arrossii al ricordo, ed abbassai lo sguardo.
"Abbastanza" risposi giocherellando con la maglia.
La mamma si girò con una tazza tra le mani e me la porse. Amavo inzuppare il cornetto nel latte al mattino. Presi un cornetto dal vassoio ed iniziai ad inzupparlo nella tazza, placando ad ogni morso l'enorme dispiacere provato qualche minuto prima. Dopo qualche minuto di chiassoso silenzio, mio padre si schiarí la voce.
"Dobbiamo dirti una cosa".
Erano comunque quattro parole, ma mettevano sempre ansia quando venivano pronunciate da lui.
"Cosa?" chiesi prima di continuare ad ingozzarmi come un maiale.
"Io e tuo padre", la mamma fece una pausa, "Dobbiamo restare fuori per tutto il fine settimana, quindi verrà zia Teresa a farti compagnia mentre noi non ci saremo", concluse poi versandosi il caffè nella tazza, probabilmente per evitare anche di guardarmi.
La zia Teresa no, tutto ma non quello. Puzzava e voleva sempre mettermi sotto lavori forzati: le pulizie. No, no e no.
Sputai il latte per la sorpresa, e dovetti poi pulire per non beccarmi un ceffone. Feci il tutto sotto lo sguardo inceneritore di mia madre che sorseggiava il suo maledetto caffè.
"Ma non potete! Posso restare da sola, sono abbastanza grande da poter gestire il tutto senza assistenza".
"Ne sei sicura? Ricordo le esatte parole che ci dicesti la scorsa volta, e ricordo anche che quando tornammo, trovammo casa sotto sopra e una scimmia in camera nostra" disse mio padre, guardandomi inespressivo.
Avevo 15 anni e volevo una scimmia come animale domestico, ma i miei dicevano sempre di no. Così un giorno mentre loro erano fuori ho chiamato lo zoo e ho affittato quella scimmia.
"E con questo? Sono cresciuta" ribattei incrociando le braccia al petto.
"Sulla base di cosa? Solo perché hai iniziato a riordinarti la camera qualche rara volta al mattino, non vuol dire che tu sia cresciuta" ribattè mia madre guardandomi torva.
"Saprei badare a me stessa anche se stessi nel Sahara, mamma" risposi ricambiato con un occhiataccia.
Sbuffò sonoramente e sbattè il fazzoletto sul tavolo con un misto di rabbia e frustrazione.
"Signorina, non hai un briciolo di educazione" disse, "non si discute, fine della storia. Verrà tua zia, e dovrai comportarti bene, altrimenti al mio ritorno mi sentirai" concluse la mamma alzandosi.
Si alzò anche mio padre, dopo aver chiuso il giornale. Come mai non diceva nulla?
"Ma.." mentre stavo obiettando mio padre mi zittì salutandomi con un bacio sulla fronte.
"Ha ragione lei tesoro," ammise unendo le labbra in una linea dura, "staremo via solo per questo fine settimana, d'accordo?" chiese accarezzandomi la guancia.
Assentii ormai sconfitta e mi lasciai andare sulla sedia, lasciando che il tovagliolo venisse strattonato da me stessa sul tavolo.
"Ci vediamo lunedì" disse traendo un sospiro, prima di seguire la mamma.
Bella giornata del cazzo, si cominciava alla grande. Per primo, ho sognato di intrattenere un rapporto erotico che ogni ragazza sognava di avere con Christian Tardelli, poi ho avuto un conflitto a fuoco con i miei genitori per la loro caparbietà, e cosa mai mi aveva preservato il destino avendomi fatto già partire col piede addormentato anziché storto?

Solo una bugiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora