Capitolo 1

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La giornata iniziò più che da schifo, e non riuscendo a nasconderlo, a scuola ero una pietra lavica appena emessa. Solo un tocco ed iniziavo a innervosirmi: un po' perché mi ricordava il sogno e un po' perché a farlo nei prossimi tre giorni sarebbe stata mia zia Teresa.

Rabbrividì solo al pensiero dei suoi baci salivosi pieni zeppi di aglio.

"Stai pensando al tuo fine settimana da vera teenager?" chiese Federico avvicinandosi a me, tenendo il passo per i corridoi.

"Non me lo ricordare! Non potrò fare assolutamente nessun'uscita, altrimenti comincia ad inventarsi e a pensare che mi buco o che mi prostituisco. Non è mica colpa mia se le ragazze della mia età ai suoi tempi, erano molto meno sveglie?!".

Rise e scosse il capo, "Non hai nessuna colpa, certo che no, ma non devi assolutamente mancare alla festa di sabato. Quindi pensavo di dover venire da te per provare a convincere la tua cara zietta, usando il mio strepitoso fascino che funziona sempre per quanto riguarda il gentil sesso" disse strizzando l'occhio ad Emma, una delle mille studentesse che gli cadono ai piedi solo con un sorriso.

Si girò verso di me, e fece una smorfia che mi suscitò un risata vera.

Adoravo Federico, era il mio migliore amico dalle scuole elementari. Insieme avevamo architettato tanti piani per sabotare i piani dei miei genitori, che a casa non c'erano praticamente mai, soltanto la mattina. Ricordo di quella volta che per fargli saltare la giornata di lavoro, s' inventò di farmi cadere dalle scale. Il punto era che caddi dalle scale, e mi ritrovai a letto con la gamba ingessata ed il braccio fasciato. E per giunta, ero sola.

"Nel caso funzioni, non so se conviene flirtare con lei. Pensa che è single dai tempi delle elementari, ed avrebbe davvero bisogno di una spolveratina".

Ci pensò su e rise.

"Posso fare anche quello, Ila. Sottovaluti troppo le mie doti da gigolò" disse passandosi la mano tra i capelli, con fare da playboy.

Alzai gli occhi al cielo, ed entrai in classe.

"Ma Ludo? L'hai vista?", gli chiesi mentre mi sedevo nel banco.

"Si, è con Christian, o almeno credo che sia ancora con lui" disse prendendo posto accanto a me.

Appena sentii il suo nome, abbassai lo sguardo mentre mi sentii morire. Christian maledetto.

"Non ti è ancora passata la cotta del secolo?", chiese guardandomi.

"Ma non è per lui" mentii.

"Non aggiungere altro, so che ti stai soltanto evitando una partaccia dal sottoscritto".

Tassi e lasciai che la tensione che si era creata, sbollisse durante quell'ora di inglese.

Sfortunatamente le lezioni sembravano che non terminassero più. Verso metà giornata uscii fuori e andai nelle scale di emergenza a fumare una sigaretta.

Ad aspettarmi fuori, c'era Christian parlava con una ragazza bionda che conoscevo solo di vista che gli stava attaccato come una sanguisuga. Rise ad una sua battuta e sentii una fitta nello stomaco. Quanto volevo essere al suo posto!

Mi avvicinai e lo salutai con un bacio sulla guancia che lui ricambiò.

Era più alto di me e in confronto a lui sembravo un nano da giardino.

Cacciai una sigaretta e presi la clipper nera opaca, una delle mie preferite. A casa ho la collezione di accendini, di tutte le marche e colori. Avvicinai la clipper alla sigaretta ma proprio nel momento che cercavo di accenderla mi abbandona. Riprovai e riprovai, ma niente.

"Chrì hai da accendere?".

"Sì, aspè".
Due secondi dopo aveva l'accendino tra le mani, e perciò avvicinò la sua mano vicino alla sigaretta che avevo ancora in bocca. L'accese ed io feci un tiro.

Quando la biondina andò via, prima di gettare il mozzicone a terra, si avvicinò e si poggiò alla ringhiera delle scale. Si mise di sguincio, in modo da potermi guardare, e ringraziai il signore di avere ancora la sigaretta. Almeno, potevo scaricare ancora per qualche minuto lo stress e la tensione senza tradirmi. Si schiarì la voce e mi guardò.

"Allora sabato te che fai? Stai con noi?" emise quasi come un sussurro.

"Non saprei, ho da fare", sentenziai dopo aver boccheggiato con il fumo.

Annuì lentamente con il capo, e trasse un sospiro.

"Nun ce stai?" chiese incuriosito.

"No, devo ospitare mia zia mentre i miei non ci sono" dissi facendo spallucce.

"Bono, dovemo organizza na Dio de festa a casa tua con tanto de canne e de vodka d'ogni specie" disse alzando il sopracciglio, divertito.

"Si, magari anche con un bel botto di cocaina" risposi scuotendo il capo, un pò inorridita.

"Ottima idea Ila, nun avrei mai detto che potessi sgancià 'ste perle. Bhè, comunque io torno de là. Ce se becca 'ngiro" disse accennando un sorriso, strizzandomi l'occhio.

"Ok, ci si vede" risposi facendo un accenno con il capo per congedare la nostra breve conversazione dopodiché ritornai in classe.

Le ore successive le passai a disegnare sul banco. Mi è sempre piaciuto disegnare, volevo fare l'artistico ma i miei dicevano che era inutile e senza sbocchi lavorativi, così mi iscrissero al liceo classico, ed eccomi qui dove tutti si danno arie perché si credono superiori ad altri. Beh indovinate: non siete nessuno.

Fuori scuola incontrai Ludovica, era la mia migliore amica dalle medie. Anche se scegliemmo lo stesso indirizzo ma classi diverse, lei preferì le puttane della sua classe a me. Così ci separammo, ma abbiamo comunque buoni rapporti, anche se non come prima.
Ci salutammo.
"Allora stasera ci sei?".
Ogni giovedì ci incontriamo per prendere un cornetto la sera con altri ragazzi.
Ci pensai su.
"Dovrà venire mia zia, ma ci proverò".
"Perfetto, allora a stasera".
"Si..certo".
Non appena salutai Ludo, mi abbracciò da dietro Federico. Avrei riconosciuto le sue prese anche in mezzo ad un branco di elefanti intenti ad abbracciare. Era quasi lo stesso.
"Alloora, vuoi uno strappo?" mi chiese.
"Solo se prometti di mangiare a casa, non ho voglia di stare sola con zia e parlare di quanto facciano schifo i giovani di oggi. Per favore" gli feci la mia solita faccia da cucciolo.
Scosse la testa e mi sorrise.
"Eh vabbene. Ma non appena inizia a parlare e a sbaciucchiare giuro che scappo".
"Ma shalla, si sa che ha una cotta per te. Ogni volta che ti vede fa gli occhi a cuoricino". Lo presi in giro.
"Come non capirla, chi non si innamorerebbe di me?".
Beh, in effetti..pensai per poi scoppiare a ridere.
Ci avviammo verso lo scooter e andammo a casa sperando che la zia non fosse già arrivata.

Appena aprimmo la porta sentii un odore delizioso. Almeno la zia sapeva cucinare!
Vidi la zia che corse verso di noi e un minuto dopo mi abbracciò. Nel frattempo vidi Fede che se la rideva. Bastardo.
"Bella de zia, come va? Tutto bene? A scola? Te piace a parmigiana vero?" chiese d'un fiato, col suo solito accento romanaccio marcato, accarezzandomi il viso dopo essersi staccata.
Senza lasciarmi il tempo di ripondere, indicò con un cenno del capo il ragazzo affianco a me.
"Te devi esse Federico, quello de tant' anni fa" aggiunse.
"Si signora, piacere di rivederla. Buongiorno" le rispose con un timido sorriso.
Federico Lubini intimidito? Questa me la scrivo!
In tutta risposta la zia gli lasciò un bacio sulla guancia mentre lui aveva un espressione notevolmente sconvolta.
Sghignazzai e lo guardai alzando il sopracciglio divertita.
Così impara la prossima volta.

Solo una bugiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora