Capitolo 4

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Una miriade di emozioni mi tempestò tutto il corpo. Tutte emozioni negative, benché a causa sua sono stata lo zimbello della scuola per tutto il primo anno di superiori. Era il mio ragazzo, eravamo beati nella nostra storia come se fossimo stati messi in una bolla di sapone. Non avevamo mai litigi, solo perché lui era stato per tutta la durata della nostra storia, sei mesi, con un piede in due staffe. Diceva un ti amo ad entrambe, ed essendo entrambe due coglione, gli rispondevamo lo stesso. Ma alla fine, come tutti, è rimasto solo. Beatrice Giglio, gli diede il ben servito con Giorgio Gavino, mentre io gli diedi un bel calcio nel sedere e lasciai al tempo di fare il resto. Ed infatti, eccolo lì ubriaco fradicio sul letto di una conoscente all'ennesima festa a cui partecipava solo per il gusto di portarsi qualcuna, che con lui poi non andava mai.
Era bravo soltanto a baciare, o almeno, così dicevano le ragazze in giro.
Strinsi il giubbotto a me, e rimasi impalata accanto al letto, mentre lui si sedeva e si stiracchiava con accanto una bottiglia vuota di Jack Daniel's. Puzzava maledettamente, lo avvertivo da dov'ero. Mi guardò e parve sorpreso.
"Ma guarda chi si vede" disse con tono ironico, prima di tossire.
Lo guardai e strinsi gli occhi in fessura.
"Sei ancora vivo? Pensavo fossi in coma etilico dopo esserti scolato tutta la bottiglia di Jack Daniel's" risposi.
"E a te cosa importa?" chiese guardandomi.
"Assolutamente nulla, era tanto per, era una constatazione".
"Puoi farla con me una constatazione, se ti va" disse divertito.
"Va via, devo cambiarmi".
"Se vuoi ti aiuto" replicò guardandomi lentamente da capo a piede.
"Sono ancora autonoma, fortunatamente non sono invalida. Quindi, va via o ti arriva un pugno in faccia" dissi aprendogli la porta.
Rise, si alzò, prese la bottiglia e barcollò fino alla porta, vicino alla quale c'ero io.
Mi guardò, si avvicinò, e inalò.
"Che diavolo stai facendo?" chiesi scostandomi.
"Hai un profumo bellissimo, sai di cloro e di lavanda" rispose prima di varcare la soglia e di andare via.
Chiusi la porta, tirai un sospiro e poi mi avviai all'armadio. Aprii le ante, e presi un maglione ed un legghins da mettere. Tamponai i capelli con un asciugamani, e poi passai ad usare l'asciugacapelli.

"Salutami tua zia" disse Federico, strizzandomi l'occhio.
"Se vuoi puoi farle compagnia, nel grande e comodo letto di mamma" risposi ridendo.
"Ottima idea, ma sarà per la prossima volta" replicò scuotendo il capo, prima di rimettersi il casco.
"Va bene, notte e sogna la zia" mormorai prima di dargli un rapido abbraccio
"Un sogno? Sarà un incubo" disse con un ghigno.
Risi e presi le chiavi dal cappotto, per poi aprire la porta d'ingresso e richiuderla nel maggior silenzio possibile. Era tutto buio, c'era solo un rumore proveniente dal piano di sopra. Era la TV della camera di mia madre, me ne accorgevo sempre dal fascio di luce che emanava sulle scale. Salii le scale, e mi affacciai alla camera di mamma, dove vidi la zia dormire abbracciata al cuscino. Spensi la tv, senza che lei si svegliasse, ed andai in camera per spogliarmi e mettermi a letto.
Per tutta la serata mi era sembrato di vivere all'esterno del mio stesso corpo, non avvertivo nessuna emozione, nessuna sensazione. Godetti solo di una calma e di un divertimento giusto.

"A dormigliò, svegliate che è mattino" cinguettò mia zia, aprendo le tende.
"Posso non andare a scuola oggi?" chiesi strofinandomi gli occhi.
"Se oggi nun vai a scola, nun esci fin quando 'n me ne vado" rispose togliendomi le coperte di dosso.
"D'accordo, scendo subito" replicai sedendomi sul letto.
"La colazione te aspetta, spicciate" disse prima di andare di sotto.
Sbuffai rumorosamente, mi alzai ed andai a lavarmi, mi vestii, mi spazzolai e misi il mascara per bene, e poi scesi di sotto, con la borsa in spalla. Posai la borsa sul divano in soggiorno prima di entrare in cucina, e poi mi sedetti al tavolo per consumare la colazione. Mi diede una tazza di latte con i cereali e poi si sedette anche lei a mangiare il pane con la marmellata. Potevo sopportare i cereali per altri due giorni, dopodiché avrei preteso di nuovo i cornetti. Consumai in fretta quello che dovevo e uscii di casa, dopo averla salutata. Ogni mattina andavo a scuola con il pullman che passava, fortunatamente, fuori casa mia. L'orario era sempre lo stesso, e fino ad allora non l'avevo mai perso. Salii sul pullman, ed aspettai la fermata della scuola. Volevo che passasse in fretta anche questa giornata di merda. Ero stanchissima, avevo dormito solo quattro ore. Ero tornata alle due di notte e mi ero svegliata, grazie a mia zia, alle sei di mattina. Avrei dato di matto prima che sarebbe andata via? Forse.
Entrai in classe e mi ritrovai accanto Federico con l'aria di chi non dormiva da 24 ore.
"Ciao Fede. Distrutto?" chiesi accasciandomi sulla sedia accanto a lui.
"Più che distrutto" rispose con la testa tra le mani, "se vedi le occhiaie, scappi via a gambe elevate".
"Addirittura? Non possono essere peggio delle mie, e questo, è già un passo in avanti" dissi.
"Sicura di volerle vedere?" chiese lagnoso.
"Sono la tua migliore amica, non potrei mai giudicarti" risposi sorridendo tra me.
Federico tolse le mani davanti al viso e fece vedere le terribili occhiaie. Rimasi a bocca aperta, con le palpebre che sbattevano ininterrottamente.
"Sapevo che mi avresti guardato cosi" aggiunse mettendosi il cappuccio, abbassando lo sguardo.
"Ma hai visto anche che io sto messa ugualmente" risposi acarezzandogli il braccio.
"Mai più feste nei giorni settimanali che comportano andare a scuola il giorno dopo" sentenziò.
"Io direi anche mai più feste con finale brusco in piscina in pieno inverno. Mi sono beccata un inizio di raffreddore a causa tua" dissi respirando rumorosamente a causa del raffreddore.
"Dici sul serio?" chiese ridendo.
"Tu che ne pensi?" chiesi alzando il sopracciglio.
"Ma almeno ti sei divertita, che t'importa delle conseguenze?".
"Ah quindi dato che mi diverto, che importa se il giorno dopo muoio?" chiesi stizzita.
"Niente più bagno in piscina in inverno e la sera, ho afferrato il concetto" ribattè.
Suonò la campanella, e quando entrò la professoressa di greco, cercammo di prestare attenzione alla lezione, senza destare sospetti.
"Sai chi ho visto ieri?" gli bisbigliai, dandogli una gomitata per svegliarlo dalla trance in cui era.
"Eh?" chiese starbuzzando gli occhi, "come faccio a saperlo? Non ho mica una telecamera nascosta nelle tue tette" aggiunse. "Idiota" dissi dandogli un pugno nello stomaco, "ho incontrato Roberto nella camera di Guenda" continuai.
"Non l'hai picchiato?" chiese alzando il sopracciglio.
"Per poco" risposi scuotendo il capo.
"E allora? Che effetto ti ha fatto?" chiese guardandomi.
"Schifo soltanto..oltre al dispiacere per il suo stato da puzzone decerebrato" risposi alzando le spalle.
"Ha provato a fare qualcosa? Avrei da picchiare già qualcuno, se magari si aggiungesse anche lui, andrei ancora meglio" disse.
"No, ha tenuto le mani al suo posto fortunatamente. Ma piuttosto tu, a chi è che devi mettere le tue manacce addosso?" chiesi incuriosita.
"Denny non so come, quel polacco figlio di puttana che ha messo le mani addosso ad Anna Maria. Sto per mettergliele io fuori scuola le mani addosso, adesso".
"Per una ragazza che nemmeno ti piace?" chiesi corrugando la fronte.
"Ila, devo farmi rispettare anche se sono l'ex di una coatta. Devo marchiare con la mia forza, altrimenti qui non rispetta nessuno".
"Ma solo a me non importa? Chi vuole rispettarmi, ben venga, chi non, va bene lo stesso" dissi.
"Questo perché non sei un ragazzo con una certa reputazione da difendere" disse strizzandomi l'occhio con un sorriso ebete stampato in viso.
Alzai gli occhi al cielo e scossi il capo.
Si può essere così presuntuosi?

Solo una bugiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora