𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 1
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«Ma ci pensi?» chiese Laila al biondo che la ascoltava dall'altro lato del telefono.
«A cosa?»
«Tra qualche ora mi trasferisco in una città "nuova", più grande, diversa, con nuove persone da conoscere…» in realtà la rossa ci aveva già vissuto a Milano, ma era talmente piccola che non ne aveva ricordo.
«Non ci vuole molto a trovare una città più grande del paesino di campagna disperso nel nulla in cui abiti» commentò Alex.
«Ma come sei simpatico oggi» gli rispose sarcastica, e dopo un breve silenzio la ragazza riprese a parlare «E se non piacerò ai nuovi compagni, se non riuscirò a fare amicizie? Insomma, magari mi vedono in maniera diversa perché vengo da un paesino in campagna, magari mi prenderanno in giro. E se-» «E se la finisci di farti mille pare?» disse il biondo interrompendo il discorso dell'amica «Sei una ragazza meravigliosa e sono sicuro che piacerai agli altri, e se così non fosse ci sarò sempre io» concluse lui.
«Grazie…» Laila non poté aggiungere altro perché la madre fece irruzione nella sua stanza, le tolse il telefono e chiuse la chiamata con Alexander.
«Ma che fai?» le chiese la rossa.
«Non hai ancora fatto la valigia» rispose in tono stranamente pacato.
«Si, si, ora la faccio»
«Forse non hai capito, tra un'ora tu e tuo padre dovete essere fuori da questa casa» detto ciò posò il telefono sulla scrivania e uscì dalla stanza. Un'ora? Laila guardò l'orologio e si accorse dell'orario maledicendosi per aver perso tanto tempo in chiamata col suo migliore amico.
Si alzò dal letto e si diresse verso un angolo della stanza in cui si trovava la sua valigia azzurra. La aprì e poi iniziò a metterci i vestiti necessari per il viaggio. Nel giro di mezz'ora la valigia era pronta. Subito dopo si diresse in soggiorno con il suo bagaglio e guardò l'orario. Le sei del pomeriggio, perfettamente in orario.
«Io vado a mettere la tua valigia in macchina, quando sei pronta vieni ma non ci mettere troppo» disse suo padre con tono dolce mentre prendeva la valigia.
In quel momento le si avvicinò la madre e la abbracciò, ma la figlia non ebbe nemmeno il tempo di ricambiare l'abbraccio perché lei si staccò.
«Ciao mamma…» le disse per l'ultima volta.
«Si, si, ciao» rispose mentre si sedeva sul divano.
La rossa iniziò a dirigersi verso la porta ma si fermò sulla soglia, si voltò per ammirare un'ultima volta quella casa, le scale in legno con il corrimano rovinato da cui era caduta più volte, la moquette leggermente macchiata, i quadri in cui erano ancora una famiglia unita, il tappetino all'ingresso che la madre tanto odiava perché considerava "ridicolo", e poi lei, la madre della giovane ragazza. Una donna dai capelli castani, la pelle pallida e macchiata qua e là da delle piccolissime lentiggini, gli occhi verdi come lo smeraldo e le labbra rosse e carnose. Era una bella donna esternamente, ma non si poteva dire altrettanto del suo carattere, menefreghista, narcisista ed egoista. Era sul divano a guardare il telefono noncurante di ciò che le accadeva intorno, come era suo solito fare. La figlia le rivolse un ultimo sorriso malinconico che probabilmente lei non notò e poi varcò la soglia, scese gli scalini ed entrò in macchina. Per fortuna l'aeroporto era vicino alla casa di Laila, durante il tragitto il padre della rossa mise delle canzoni per provare ad alleviare la malinconia, ma non appena Laila vide l'imponente struttura davanti a sé iniziò ad agitarsi, l'ansia la accanì. I due prima fecero il check-in, poi controllarono le valigie e infine erano lì, nella sala ad aspettare che sul tabellone spuntasse il numero del loro gate. I minuti passavano e la ragazza si agitava iniziando a farsi mille paranoie. E se l'aereo cadesse, se fosse in ritardo, se lei si perdesse, se si rompesse un motore… i pensieri scorrevano veloci quasi come un fiume in piena finché vennero finalmente interrotti dalla voce del padre.
«Hey Laila, dai dobbiamo andare» lui era già in piedi pronto per dirigersi al loro volo, la figlia si alzò e iniziò a seguire l'uomo di fronte a sé. La rossa non era mai entrata in un aeroporto, ne aveva mai preso un aereo, e la cosa la spaventava.
I due si misero in fila e finalmente, dopo due quarti d'ora, iniziarono a farli imbarcare. Tre, due, persone davanti, e poi sarebbe arrivato il loro turno. La signora gli chiese i documenti e infine si trovarono lì, seduti sui sedili dell'aereo.
Dopo pochi minuti un'assistente di volo iniziò a parlare, spiegò tutte le regole da seguire, le cinture, le maschere dell'ossigeno e i giubbotti di salvataggio. Poi improvvisamente l'aereo iniziò a muoversi e dopo poco decollò. Laila si affacciò al finestrino accanto a sé e osservò come la terra sotto di lei si allontanava sempre di più fino a scomparire.
«È quasi spaventoso, vero?» chiese suo padre seduto accanto a lei.
«Già…» rispose quasi in un sussurro.
Atterrarono dopo circa due ore e mezza passando il viaggio immersi nella musica per tentare di rilassarsi. Una volta usciti dall'aeroporto presero il pullman e arrivarono alla fine della via in cui si trovava la loro abitazione. Fecero l'ultimo pezzo a piedi e quando arrivarono davanti a quella che sarebbe stata la loro futura casa, la rossa non poté credere ai suoi occhi. Di fronte a lei si trovava una villa su due piani meravigliosa. Ogni finestra del primo piano aveva un balcone. La casa era circondata da un meraviglioso giardino con erba e fiori e si poteva intravedere una piscina posizionata nel retro.
«Una piccola fortuna che ci ha lasciato il nonno» commentò suo padre notando lo sguardo della figlia.
Salirono insieme i quattro gradini dell'ingresso e attraversarono la porta. Davanti a Lila si presentava un ingresso classico con alcuni quadri e foto attaccate ai muri.
«Benvenuta nella tua nuova casa» disse suo padre guardandola.
Lui già conosceva la casa, ci aveva vissuto per un po', ma la ragazza no, di conseguenza si ritrovò a vagare per la dimora con l'unico scopo di potersi orientare in futuro. Vide il soggiorno, la cucina, il bagno, lo stanzino, la camera di suo padre, quella degli ospiti e poi finalmente la sua. Entrò nella stanza e la prima cosa che vide fu il letto in legno a una piazza e mezza, sormontato da lenzuola azzurro pastello e vari cuscini e pupazzi. Le pareti della camera erano bianche e ai piedi del letto si trovava un tappeto del medesimo colore. Le valigie di Laila si trovavano accanto alla scrivania in legno di cedro. La aprì e iniziò a svuotarla per poi riempire l'armadio e le cassettiere.
«Laila» la chiamò suo padre dal piano di sotto.
Lo raggiunse subito.
«Dimmi papà»
«Lì ci sono i tuoi scatoloni, sistemali» disse lui indicando un mucchio di scatole. Dopo un po', mentre la rossa saliva l'ultimo scatolo, intravide qualcosa, o meglio, qualcuno, fuori dalla finestra che sembrava guardare la casa. Non ci fece molto caso così salì le scale, entrò in camera, e iniziò a sistemare i libri negli scaffali, poi toccò ai gioielli, la cancelleria e poi suo padre la chiamò di nuovo.
«C'è qualcuno per te» disse con un sorriso mentre indicava la porta di casa, lei si affacciò confusa. Davanti le si parava un ragazzo più o meno della sua età, i capelli dorati che tanto le ricordavano la prima luce del mattino erano resi voluminosi da delle piccole onde. Gli occhi erano verdi come lo smeraldo da cui si poteva intravedere una felicità sprezzante. Il naso dritto, era perfettamente in armonia col viso spigoloso. la carnagione olivastra, e il sorrisino furbo stampato in faccia completavano perfettamente il quadro. Il ragazzo era esattamente come se lo ricordava. Laila lo abbracciò felice, lui ricambiò l'abbraccio.
«Ciao anche a te, Lily» disse ridendo. La ragazza si staccò a malincuore e lo guardò male.
«Al, ti ho già detto che non sopporto quel soprannome» disse lei ridacchiando, non riusciva a essere seria, non in quel momento.
«Ok, va bene, hai vinto…mi sei mancata piccola pazza»
«Anche tu mi sei mancato, bastardino» questo era il loro modo di scherzare, delle offese dettate dall'orgoglio che velavano il loro amore platonico.
«Passeggiata?» chiese lui. La rossa si voltò verso suo padre che li stava guardando e lui acconsentì con un lieve cenno della testa. Dopo pochi minuti i due si ritrovarono in spiaggia a chiacchierare animatamente.
«Quindi in pratica, tu mi stia dicendo, che la ragazza più popolare della scuola ti viene dietro, ma tu non la sopporti perché è "odiosa"?» commentò Laila a un certo punto, sconvolta da quello che il ragazzo le stava raccontando. In confronto alla vita della rossa, quella del suo amico sembrava uscita da una di quelle fan fiction per tredicenni. Era un ragazzo popolare nella sua scuola, era il capitano della squadra di football, aveva una buona famiglia, la faccia da "bello e dannato" anche se in realtà era letteralmente il contrario, e infine, come se non fosse abbastanza, la ragazza più popolare della scuola gli andava dietro.
«Esattamente, ma tu non puoi capire, quella è troppo odiosa, è egocentrica in una maniera incredibile e poi tende a sminuire sempre gli altri»
«Beh, se la metti così» Laila non ebbe il tempo di finire la frase a causa del telefono che squillava. Suo padre la stava chiamando e senza pensarci due volte rispose.
«Oi pa' dimmi»
«Ma dove sei finita? Hai visto l'orario?» la rimproverò lui. La ragazza confusa guardò l'orologio e in effetti era tardi. Non si era assolutamente accorta dell'orario e il tempo era volato.
«Si lo so papà, sono per strada, sto arrivando»
«Ok, sbrigati, a dopo» la rossa lo salutò a sua volta e poi chiuse la chiamata. Successivamente guardò Jon, lui stava sorridendo colpevole.
«Sei nei guai?» le chiese.
«No se ci sbrighiamo» rispose lei alzandosi, Alexander la seguì e in poco tempo si trovarono davanti casa della rossa.
«Allora…ci vediamo domani, a scuola» disse lui.
«Scuola?» chiese Laila confusa.
«Si sai, quel posto in cui usi i libri e studi. Ti sei dimenticata che inizia domani?»
«Decisamente»
Lui rise e dopo di ché i due amici si salutarono con un abbraccio. Laila lo guardò allontanarsi, poi suonò al campanello.
«Sei arrivata, finalmente, dai entra che la cena è pronta» disse la voce del padre.
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✯ℛℯ𝓌𝓇𝒾𝓉ℯ 𝓉𝒽ℯ 𝒮𝓉𝒶𝓇𝓈✯
FantasyAlle origini l'uomo era un essere mostruoso formato da due teste, e otto arti. Era perfettamente orribile. Seppur con difficoltà l'essere umano e le divinità riescono a convivere, o almeno fino alla nascita del piccolo Achoi Zapa. A causa sua Zeus f...