Non doveva essere lì. Nessuno di loro doveva essere lì. Era proibito.
Di notte la città si trasformava in un brulicare di ombre dai movimenti rapidi e furtivi. Impercettibili i ragazzi sfuggivano agli occhi di chi di dovere: silenziosi sfrecciavano nel buio con il cuore in gola e le mani tremanti, con la paura costante di essere scoperti.Ognuno alla ricerca del suo posto felice, ognuno bisognoso del più piccolo contatto.
Nessuno conosceva le conseguenze della violazione del decreto, perché nessuno era mai stato in grado di raccontarle.
Chi veniva colto in flagranza di reato e arrestato spesso spariva definitivamente dalla circolazione; coloro che ne uscivano, invece, passavano il resto della loro esistenza a fissare il nulla con gli occhi vitrei o come vittime di quella conosciuta una volta come "disturbo post traumatico da stress", quella tipica dei sopravvissuti di guerra per intenderci, prede di frequenti cambi d'umore, aggressività e attacchi paranoidi di cui non si riusciva a capire la causa.
Il coprifuoco era scattato da un pezzo. Gli unici elementi a non farla catalogare definitivamente come città fantasma erano le luci e le voci derivanti dai salotti degli appartamenti, spesso enuncianti l'ennesima modifica al decreto, l'ennesima condizione necessaria alla sopravvivenza della specie umana.
Non era più chiaro, ormai, da quando andasse avanti quella storia: il giorno in cui tutto era cominciato era ormai lontano.
La sera in cui il Presidente, a tarda ora, annunciava sugli schermi di tutto il Paese la necessità di chiudere tutto e barricarsi in casa per evitare che il virus continuasse la sua marcia spietata alla distruzione della vita era difficile da datare.
"Restiamo a casa oggi per poterci di nuovo abbracciare domani" pronunciava con il sorriso affabile e la voce accogliente, pronto a conquistare la fiducia e il supporto di milioni di persone spaventate e coscienziose.
Ma quel domani tardava ad arrivare.
Ogni settimana la data della presunta libertà veniva rimandata, il giorno dopo, "ancora un po' di pazienza", "ci stanno lavorando", "non temete".
E poi sfumò.
Tutto era cominciato con misure precauzionali basilari come lavarsi spesso le mani, evitare assembramenti, non toccarsi occhi e bocca...per evolversi rapidamente in: mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro, vietati i contatti fisici e le manifestazioni di affetto (ma solo per questo periodo, si sa, no?), è concesso uscire per una boccata d'aria, ma da soli.
Anzi no, si può uscire solo ed unicamente per motivi ritenuti validi: la spesa e servire lo Stato.
Ebbene sì, perché mentre il mondo abbassava le serrande e si chiudeva tra quattro mura, coloro che agli occhi dei reclusi apparivano fortunati (e condannati a quelli dei cari) erano costretti (o forse gli era concesso, dipende dai punti di vista) a continuare ad uscire ogni mattina per recarsi a lavoro a svolgere servizi essenziali per la sopravvivenza.
I commessi dei supermercati, gli operai delle fabbriche, gli autisti dei camion.
E ovviamente i tabaccai e i rivenditori di gratta e vinci.
Curioso come tra le attività annoverate come essenziali fossero compresi beni di prima necessità quali il gioco d'azzardo legalizzato e la vendita di sigarette.
Curioso come si tratti di Monopoli Statali.
Curioso come l'acquisto di libri o attrezzature sportive e di svago fosse ritenuto superfluo, ma quello di un biglietto che concedeva la speranza di vincere un fittizio milione continuasse ad essere tra le priorità del mondo a cui sembrava essere stata affibbiata una data di scadenza.
Speranza. Sì.
E così, divieto dopo divieto, restrizione dopo restrizione, il popolo senza neanche accorgersene era stato convinto, a volte pacificamente a volte un po' meno, a non cacciare il naso dall'uscio di casa.
Impossibile ricordare quando, da un giorno all'altro, quelle che una volta erano multe per chi violava le indicazioni dei capi di Governo si erano trasformate nella presenza costante di militari in giro per la città.
In quel momento, però, servizi di ristorazione e pub erano stati restrittivamente riaperti per la gioia di chi aveva fatto della ristorazione la propria ragione di vita: d'altronde si sa, come può un uomo con la divisa che opera al servizio del bene comune, non avere il diritto di concedersi un piatto caldo o una sbronza una volta tanto?
Peccato che quelle sbronze erano spesso dotate di armi, di forza fisica, di frustrazione, paura e spesso mancanti nella maniera più assoluta di buon senso.
Era spesso capitato, raccontavano delle voci, che nel buio della notte si fossero sentiti forti colpi battuti ai portoni delle abitazioni.
Da delle fastidiose e innocue scorribande la situazione era spesso degenerata in finestre rotte, urla moleste e colpi sparati in aria o, troppo spesso, contro la fauna randagia che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Fu così che Tommy perse il suo Yorkshire.
In qualche modo quel cucciolo era riuscito ad aprire il cancello del suo giardino e uscire nel pieno della notte finendo per essere ritrovato privo di sensi la mattina dopo, con il cranio fracassato e un proiettile nel torace, dal padroncino di 7 anni che lo cercava nella sua cuccia dietro l'altalena montata lì da suo padre.
Curioso come si trattasse proprio del cagnolino di cui spesso si era sentito dire che abbaiasse troppo di rimando alle urla ebbre dei soldati.Curioso come un cane di 3 kg fosse riuscito a sganciare il chiavistello della recinzione e spingere il cancello per uscirne in piena notte.
Credo che nelle orecchie degli abitanti del quartiere ancora riecheggino le urla strazianti del piccolo Tommy alla vista del corpo maciullato di quello che, ormai da anni, era il suo unico amico. Il suo unico contatto con la realtà. L'unica forma di vita da cui gli era concesso ricevere baci e a cui gli era concesso dare carezze e abbracci.
A parte la sua famiglia, si intende.
Andò peggio a Sally, o almeno questo è ciò di cui è convinto chi ha deciso di darle retta.
Fu messo agli atti, infatti, che la notte in cui la sedicenne era stata trovata a gironzolare senza diritto alcuno per la città il sergente Warrold si fosse limitato a riaccompagnarla in macchina alla sua abitazione concedendole, investito da un improvviso sentimento di solidarietà e comprensione riguardante l'ovvio bisogno di prendere una boccata d'aria di un'adolescente qualunque, la grazia di non farle neppure una multa!
Ma che gentiluomo!
Peccato che la versione della ragazza raccontasse differenti discutibili realtà mettendo in evidenza come la mancanza della sanzione fosse stata conseguenza di tutt'altro che di un atto di umanità.
Il sovraffollamento degli ospedali in quel periodo rese difficile un'approfondita diagnosi rendendo impossibile decretare legalmente se quei lividi fossero o meno le effettive prove di una violenza.
Di esaminare le parti intime della ragazza in lacrime, ovviamente, non se ne parlò proprio. Non c'era tempo! La gente moriva continuamente! Non si poteva rischiare di perdere ore preziose dando credito alla voce di una ragazzina di cui si conoscevano la passione per l'alcol e altre sostanze.
STAI LEGGENDO
Dìstopia
Short StoryTutto avviene nel corso della notte in una città in cui, ormai da troppo tempo, è vietato uscire di casa. A causa di una pandemia scoppiata qualche anno prima le persone sono costrette alla reclusione: nessun contatto con il mondo esterno né con per...