Solitudine

46 2 3
                                    


«Ma dove cazzo sono?»

La prima cosa che vide aprendo gli occhi era il sudicio pavimento su cui era stesa, ma perché si trovava lì?

Si alzò facendo leva sulle braccia, ma non appena riuscì a mettersi a sedere una forte fitta alla tempia le ricordò che la sera prima non l'aveva certamente passata a bere tisane davanti a un buon film.

Ma che diavolo era successo?

Portò le mani alla testa per calmare le pulsazioni emicraniche, si stropicciò gli occhi e si guardò attorno confusa, cercando di ricordare.

La stanza era lurida: le pareti ingiallite piene di graffiti e indecifrabili disegni presentavano tracce avanzate di muffa; dagli squarci di un divano in pelle marrone, logoro e sporco, entravano e uscivano quelli che le sembravano scarafaggi, davanti ad esso un tavolino pieno di bicchieri vuoti, mozziconi spenti e una famigliare polverina bianca o il poco che ne era rimasto.

Bastò un attimo e fu chiaro.

Niente di nuovo, niente di sorprendente. Era semplicemente la solita merda,e ci era caduta ancora una volta.

Una bottiglia di vodka semivuota ai suoi piedi aveva reso il pavimento e le sue gambe appiccicose riversandoci il suo contenuto, la spostò disgustata.

Si alzò alla ricerca di una qualunque cosa da bere che le togliesse l'arida sensazione che le raschiava la gola, trovò una bottiglietta d'acqua accanto al tavolino e bevve avidamente non curante di chi l'avesse toccata precedentemente o di cosa potesse contenere, la sete era troppa.

Ancora confusa e incapace di fare mente locale a causa dell'incredibile mal di testa cercò il telefono: 25 chiamate perse e innumerevoli messaggi, tutti da un unico mittente.

"Dove sei?" -23:52

"Claire,per favore rispondi, io e tuo padre siamo in ansia" -00:45

"Per l'amor di Dio, se ti beccano in giro sai benissimo cosa può succedere, torna a casa, ti prego!" -01:58

Dopo aver letto i primi bloccò lo schermo e ignorò il resto, trovò il suo pacchetto di Marlboro alla menta sotto il tavolino e ne accese una appoggiandosi alla finestra cercando di capire dove si trovasse scrutando il paesaggio che le si apriva davanti.

Non ricordava nulla, non riconosceva nulla.

«Cazzo»

Girò per l'edificio alla ricerca di un bagno o qualcosa che gli somigliasse ma quando lo trovò preferì svuotare la vescica in giardino: le pareti una volta ricoperte da mattonelle in ceramica bianche erano per la gran parte ormai annerite e schizzi di sangue e altra roba sulla cui provenienza preferì non interrogarsi coloravano la stanza come nei peggiori incubi di Pollock. Il water era stato spaccato con qualcosa, probabilmente la mazza da baseball che aveva visto in mezzo al corridoio. Non c'era acqua, evidentemente l'immobile era stato abbandonato da tempo, e i suoi amici lo sapevano.

Per quello avevano scelto quel posto dimenticato da Dio.

Guardò la sua immagine riflessa in quello che rimaneva dello specchio frantumato attaccato alla parete.

Biondi capelli arruffati incorniciavano il viso emaciato. Gli occhi azzurri completamente messi in ombra da ciò che rimaneva del trucco della sera prima e spenti dalle occhiaie profonde come la fossa che si stava scavando da sola notte dopo notte.

Senza che facesse in tempo ad accorgersene una lacrima lentamente le rigò il viso.

Qualcosa le turbinò nello stomaco e si gettò in direzione del water frantumato ma non fece in tempo e finì col vomitare a terra scossa dalle convulsioni di un corpo stanco.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: May 05, 2020 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

DìstopiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora