Putrefazione

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"Silvia! Silvia Cristo santo vieni subito qua!"

Le urla roche rimbombavano tra le pareti del trilocale fino a perdersi e morire lentamente ingoiate dal buio della casa.

"Se mi costringi a venire di là giuro che questa volta ti uccido! Vieni immediatamente qui!"

Una voce forte e bassa interrotta da violenti accessi di tosse continuava a rompere il silenzio dell'edificio trasandato.

I vicini non tolleravano il signor Mendez da molto prima che fosse indetta la quarantena, ma se non altro almeno fino ad allora aveva passato il giorno a lavorare in officina per tornare a sbraitare ubriaco in casa solo la sera e lasciar loro diverse ore di sollievo,così avevano imparato ad ignorare il problema fino a diventarvi preoccupantemente indifferenti.

La notte però era un continuo susseguirsi di porte sbattute, rabbiose imprecazioni, chiari rumori di questo o quel piatto scaraventati contro le mura e televisori dal volume estremamente alto per coprire le disperate richieste di aiuto delle donne intrappolate con lui.

Come se servisse davvero a qualcosa, come se chi abitava negli appartamenti circostanti non avesse potuto sentire l'inquietante ululare prodotto dai pianti delle due donne intrappolate tra quelle pareti sporche di muffa.

"Va bene! L'hai voluto tu!"-una sedia strisciò rumorosamente sul pavimento e i pesanti passi dell'uomo fecero vibrare le piastrelle di ceramica muovendosi in direzione della camera. L'enorme essere pieno di vino quanto di violenza afferrò la maniglia della porta e fece per aprire, ma qualcosa glielo impedì.

"Ma che cazzo?! Silvia! Apri questa cazzo di porta!"- grugnì l'uomo.

Aspettò pochi secondi, ma dalla stanza non arrivò nessun suono se non quello ritmato delle note di Crazy Train di Ozzy Osbourne.

"LA SFONDO QUESTA CAZZO DI PORTA HAI CAPITO? MI STAI FACENDO INCAZZARE!APRI O GIURO SU DIO CHE LA BUTTO GIU' E POI NON AVRO' PROBLEMI A BUTTARE GIU' ANCHE TE!"- il disgustoso omaccione rise tra sé e sé pregustando la scena di quando, finalmente, sarebbe riuscito ad entrare nella piccola camera della figlia e calmare, una volta ancora, il nervoso e la rabbia che inspiegabilmente gli vivevano dentro da anni ormai.

Quei mostri con cui fin da ragazzino aveva cercato di convivere in una battaglia inizialmente incomprensibile e disperata che lo portò a provare di tutto per metterli a tacere, fino a cercare di zittirli un sorso di liquore dopo l'altro.

E ci era riuscito, almeno per un po'.

Ma pochi anni dopo il bicchiere di whisky conciliante il sonno era diventato, in uno spietato crescendo, un demone nero all'aroma di legno che accompagnava l'uomo dalle luci dell'alba fino all'inevitabile collasso esanime sul divano.

Fu solo quando Cristopher si ritrovò senza un lavoro e l'impossibilità di permettersi un tetto sopra la testa che cercò di guarire chiedendo aiuto.

Proprio in quegli anni in comunità conobbe Paula, l'angelo dai capelli castani scappato di casa a 16 anni per seguire Manuel, il ragazzo di cui si era innamorata ma che, ahimé, i genitori non volevano farle vedere.

Sarà forse che Manuel non aveva una reputazione tra le migliori: a 18 anni poteva già vantare un curriculum penale costellato di denunce e fermi per piccoli furti, risse e possesso di stupefacenti.

Chissà perché la madre di Paula decise di chiuderla in casa intimandole di dover definitivamente chiudere i rapporti con quel ragazzo la sera in cui dovettero andare a recuperarla fuori da una discoteca con le pupille dilatate e la coscienza lontana, ma sappiamo che pochi giorni dopo, quando il padre rientrò dal lavoro, non trovò a casa la figlia e da allora non ne seppero più nulla.

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