I THE PAST

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Nei giorni di pioggia, nei giorni di sole, nei giorni nuvolosi e non, noi del Campus Mayora dovevamo fare solo due cose: obbedire e rispettare le regole. Queste, erano le condizioni e se non le rispettavi...beh, peggio per te.
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Tutti quelli del campus Mayora, compresa io, a schieramento, mascherati sotto i vari giorni, sempre uguali,  dovevamo dar da mangiare agli animali che si allevavano e coltivare i campi, nella parte esterna, sotto il controllo vigile di George.
Per sfamarli dovevamo andare dietro all'edificio, oltrepassandolo: era una struttura enorme, con mura altissime e finestre bloccate da sbarre, per impedirci di scappare, escluso però, l'ultimo piano che la direttrice riteneva irraggiungibile. Non calcolando però una cosa. Non ero così santarellina come si illudeva dall'aspetto e quindi, l'unica a possederne la chiave, ero io.
Mi rifugiavo lí nelle notti più tenebrose, cercando di avere un po' di autonomia che, stando qui avevo perso quasi del tutto. Sottostavo alle regole per non finire dallo strizza cervelli(così lo chiamavamo) e per non passare la notte a camminare nel bosco se non avessi rispettato le regole da lui imposte.
Una vera e propria tortura.

Il mio corpo oltrepassò il cancello del Mayora circa 5 anni fa.
Mia madre mi costrinse a venire qui, perché per lei ero troppo "normale" nella cittadina in cui lo spaccio era la sola cosa che si praticava. Così mi mandò qui, in questa prigione.
Poteva scegliere un posto meno fosco e oscuro.
Ma non sarebbe stato da lei.

Così, mi ritrovo a dovermi nascondere su in soffitta, l'unico posto in cui si sente "l'odore" di casa, anche se, in tutti questi anni non ho mai avuto l'opportunità di sentirlo.

Al campus c'erano molte, ma molte scappatoie e vie di fuga:
1) nel retro dove si trovavano gli attrezzi per il giardinaggio:per attivarlo bisognava spingere una maniglia che apriva una porticina strettissima, dove l'unico problema era la respirazione, perché non passava tanta aria, soprattutto di notte a causa dell'umidità.
Infatti lo usavo saltuariamente, perché non era dei più comodi.

2) Sotto al Campus: Avete presente dove si trovano i tubi che si collegano ad ogni stanza della casa? Ecco, immaginateveli al disotto del Campus e che si intrecciano per poi arrivare nelle stanze dei componenti che vi si trovavano al suo interno.
Quello era un posto dove adoravo andarci, soprattutto per fare qualche scherzetto e manomettere dei tubi di scarico o dell'acqua e far allagare la propria "abitazione" o anche farla puzzare fino allo svenimento.
Che stupenda soddisfazione, e poi nessuno sapeva che era stata proprio la sottoscritta ad architettate il tutto. Poteva essere chiunque.

3) Sul tetto: Non era pericoloso dopo tutto;
Prima opzione:Si saliva per mezzo di  una piccola scaletta di legno dietro la grande struttura.
Seconda opzione(la mia preferita): Si saliva e scendeva per un grosso tubo esterno.
Entrambe però erano difficili perché bastava un attimo e  quelli della sorveglianza ti scoprivano.
Erano pagati per girovagavano fuori all'edificio e controllare che tutti si trovassero nelle proprie stanze e che nessuno vagasse per il bosco, tentando di scappare.

Una volta per mea culpa, ho rischiato di farmi beccare, (in realtà più di una, ma questa è un'altra storia):stavo passeggiando nei dintorni e ho sentito del vociare. Mi sono così rifugiata sul tetto e per colpa di un piede messo male mi sono quasi fatta sentire, così mi sono aggrappata a una grande e grossa mattonella, che componeva il tetto, e piano piano, con i piedi a penzoloni, sono riuscita a risalire.
Dopo questa sono entrata nel condotto dell'aria, rotto, che si collega alla sala principale: Era una zona molto vasta e sfarzosa, cosa che non si nota dall'esterno, ma la padrona, la signora, ora signorina Fed, l'ha addobbata a suo piacimento dopo la "morte" del suo presunto marito, il signorino Haid Fed. Peccato che non ha assolutamente gusto in fatto di arredi e quindi è diventato tutto molto macabro.
Senza far troppo rumore sono scesa poi appoggiandomi sulle punta delle dita dei piedi e camminando a piccoli passi sono ritornata nella mia camera e mi sono chiusa dentro, a chiave.

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