Piangi; piangi e le tue lacrime irrigano un campo di miraggi in cui tu ed io siamo ancora noi.
Per quanto ancora puoi andare avanti così? Non- Tra quanto ti spezzerai...? Non lo so. Perché sai che succederà vero? Puoi nasconderlo quanto vuoi, fingere che non sia altro che un sussurro di pazzia ma non passerà il dolore.
La pallida luce lunare che filtrava dalle finestre correva lungo le lunghe membra del ragazzo, riscoprendole nude e chiare, placide sul letto sfatto. Il telefono vibrava bollente sul ventre, emanando una luce troppo accesa che gli occhi già sensibili di Satoru non potevano proprio sopportare. Che ore erano? Il display del dispositivo segnava le 4:18. Satoru si passò una mano tra i capelli annodati. Era stato un'altra ora a non fare assolutamente niente in un delirante stato di dormiveglia. Mi fa male tutto. Mi sento male. Devo vomitare. Quanto ancora puoi resistere... senza spezzarti?
La pigrizia ebbe la meglio e lo costrinse sul materasso comodo, troppo comodo, ogni giorno un pochino di più. 5:12. "Da domani cambio letto" si appuntó mentalmente "Anzi, lo vendo proprio". Gettò lo sguardo lungo la camera in penombra. "E già che ci sono metto pure in ordine la stanza, o alla peggio chiamo qualcuno che lo faccia al posto mio". Buttò la testa indietro, stanco, stanco di tutto, anche di ciò che non lo stanca veramente . "Da domani".
Ormai sono già le 6:02, ma stare lì sul letto comodo ancora per qualche secondo non fa male a nessuno, tanto la sveglia deve ancora suonare.Alla fine ha rimesso di stomaco per davvero. Poi si è lasciato cadere contro la superficie scivolosa della doccia e non si è rialzato fin quando il telefono non ha vibrato di nuovo. Yaga aveva lasciato un messaggio. A dire il vero lo aveva lasciato giorni fa ma Satoru non si era preso la briga di aprirlo. A quanto pare erano necessari i vecchi documenti di Yuji, quelli risalenti al tempo della sua ammissione al Jujutsu Tech.
Il ragazzo prese un lungo respiro; era stato un suo vecchio compagno del liceo- non uno qualunque, ma una persona che meritava di essere ricordata- ad insegnarglielo: prendi aria dal naso e poi la ributti fuori con la bocca. <<Fallo un paio di volte molto lentamente e vedrai che la rabbia passa. L'ho provato anche io, funziona>> aveva detto. E così lo fece lui: molto lentamente, prendendosi il tempo per regolarizzare il respiro. 3 anni, erano passati 3 anni da quando si era trasferito. E ora gli toccava tornare in quella casa, perché era ovvio che era lì che avrebbe dovuto cercare, volente o nolente.
Scrutò la sua immagine riflessa nello specchio: le occhiaie risaltavano sulla pelle diafana e gli occhi arrossati si portavano appresso le cicatrici di un pianto taciuto- che fine aveva fatto l'allegro e spensierato Satoru Gojo? Ma soprattutto, era mai esistito? I capelli nevosi non erano candidi come una volta ma andava bene così. Alla fine non era così male, forse il volto era un po' scavato, un po' troppo, ma non era del tutto impresentabile, affatto. Lo sguardo altrove, vagò con le mani fino a trovare accendino e sigaretta, era un gesto così consueto che non sarebbe stato necessario l'ausilio della vista, era automatico. Tutto era così automatico, ultimamente.
La fiamma crepitò sulla cenere del tabacco, donando un poco di colore al suo viso pallido. Di nuovo: inspirò ed espirò e il fumo gli incendiò il respiro. Piccole nubi informi inghiottirono l'aria, sfumando man mano che si avvicinavano al soffitto.
<<Da domani la smetto con questa merda>>Ripercorreva quelle vie un tempo così felici come un fantasma, l'ombra di se stesso, un vago sentore di vita. Il cielo pianse per lui e il suo fiato bianco inghiottì ogni angolo di strada, ogni arbusto, ogni tetto, ogni cuore. Eccola, doveva essere...la prima neve. I fiocchi candidi si posarono sul suo viso, solleticandolo. Solo allora se ne accorse il ragazzo. Strano, era proprio strano: non era così che se la ricordava la prima neve. Dov'era quella gioia innocente che si era riversata in giro? In corpo non ne sentiva neanche un po'. Un alito di calore guizzò dalle sue labbra. Fa freddo, fa molto freddo. Si strinse nella sciarpa e aumentò il passo. Il vento continuò a soffiare e le case si fecero sempre più piccole, sotto la neve.
La chiave scivolò nella serratura, la maniglia girò e ne uscì un suono acuto e metallico. Come la porta cigolò e si aprì, un odore di vecchio lo investì come un onda. Gojo si paralizzò sull'uscio e per un attimo ebbe l'istinto di girare i tacchi e tornare da dove era venuto. Inspirò ed espirò, il respiro si regolarizzò. La gola bruciava ancora, lo sguardo instabile, goffo. Era tutto rimasto uguale, esattamente identico a come lo aveva lasciato; dopotutto, come avrebbe potuto cambiare quando lui per primo si sentiva lo stesso di 3 anni prima?
Passò una mano sullo stipite della porta: il legno era soffocato da una spessa patina di polvere. Ecco il problema: il mondo non li aveva aspettati e correva davanti a loro, inclemente, incontrastabile, irraggiungibile.
Vagò con gli occhi plumbei alla ricerca di qualcosa che lo rimandasse a quei documenti e i piedi lo portarono nel corridoio maestro dal quale si snodavano le varie camere. Accanto al muro, lì dove finiva la strada, si ergeva una mensola. Pile di libri sedevano pigramente sugli scaffali, affiancate da fogli stracciati, vasi vuoti, un piccolo scrigno sul quale si adagiava un fiore appassito: una margherita blu. Il ragazzo si avvicinò e raccolse il baule- "Devo averli lasciati qui" si era detto. Le dita flessuose ed esperte aprirono la serratura provata dal tempo. Oh. Gojo cadde a terra e così fece il baule e tutto il suo contenuto. Le fotografie si sparpagliarono come un letto di spine. Oh. Due ragazzi ridevano, si abbracciavano e ridevano. Satoru e...<<Su-guru>>. Il ragazzo si prese la testa tra le mani. Apparivano così spensierati, così felici. Cos'era successo?
Si stagliavano sul tramonto, sentendosi come Dei all'alba del mondo. Il respiro gli morì in gola. Tutto ondeggiava, c'era solo la margherita, la margherita e le fotografie e la polvere. I ricordi infuocarono l'aria e a Satoru parve di soffocare. Perché, perché deve fare così male?
I loro sorrisi accendevano la fioritura dei ciliegi di una luce così abbagliante da fare scomparire tutto il resto e c'erano Satoru e il suo sentimento genuino, tra le braccia di Suguru.
Gojo accarezzò delicatamente la carta come per paura che potesse infrangersi, appassire come la margherita blu.
I ricordi felici, di come tutto era iniziato, si susseguivano veloci, immortali nei suoi occhi infiniti, e non poterono che attirare irrimediabilmente quelli di come tutto era finito.
STAI LEGGENDO
VIA COL VENTO, Satosugu
FanfictionSono passati 3 lunghi anni quando Satoru ritrova le vecchie fotografie sue e di Suguru. I ricordi lo inghiottiscono e parlano di come tutto è iniziato e di come, irrimediabilmente, tutto è finito (finito per davvero?)