3- Verità (scomode)?

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SYBIL

Rimasta sola, avevo deciso di preparare due tisane.

Nel frattempo, pensai alla conversazione con Dustin e sospirai sonoramente. Non gli avevo mentito: volevo sul serio diventare più indipendente e riuscire a vivere senza temere di trovare Eric alle spalle, ma era più facile a parole che con i fatti.

In fondo non era ancora arrivata una sentenza vera e propria e il mio ex ragazzo – quello che una volta avevo definito, scioccamente, come "perfetto" – ora aveva solo un foglio dove gli ordinava di restare lontano da me, niente di più. Solo un misero pezzo di carta. Nulla che potesse concedermi certezze o sicurezza. Al dir il vero, ero terrorizzata che potesse tornare, nonostante non avesse più cercato di contattarmi da quando Wallace mi aveva portato a denunciarlo.

Non avevo detto a nessuno che Eric mi aveva scritto un messaggio il giorno dopo che mi aveva frastornato di pugni e lasciata priva di sensi davanti casa.

"Scusa amore, ma spero che ora tu possa capire cosa ho provato quando sei sparita."

Ecco, cosa recitava il messaggio. Insulse e vomitevoli parole. Come se la colpa fosse stata tutta mia.

Amore, quante volte mi aveva chiamata in quel modo? Al solo pensiero, mi venne il voltastomaco.

Non parlavo mai di lui con nessuno. Un po' perché volevo solo andare avanti, un po' perché mi vergognavo: mi sentivo una sciocca per averlo amato, per essere stata tanto cieca da non vedere il mostro che era in realtà e per avergli permesso di toccarmi, ferirmi e farmi sentire vulnerabile.

Avrei voluto essere più forte e non dovermi guardare con ansia alle spalle quando camminavo per strada, sebbene avessi detto il contrario a Dustin per non farlo preoccupare.

Soprattutto, dopo sei mesi avrei voluto raccontare la mia storia senza tremare. Guardai le dita e chiusi a pugno la mano per nascondere a me stessa, per l'ennesima volta, quanto fossi debole.

Avrei tanto voluto essere come Rowena, arrabbiata con il mondo fintanto da poter urlare a tutti cosa provavo davvero, ma ero... solo io. E io ero debole.

Forse Dustin aveva ragione, una delle due doveva aprirsi all'altra e iniziare ad avere un legame di qualche tipo dato che dovevamo convivere.

Sbuffai e mi stropicciai gli occhi.

Dustin sarebbe rimasto deluso da me se non mi fossi aperta con Rowena. Non potevo andare a casa sua e mentirgli.

Presi tra le mani le due tazze e presi coraggio.

Mentre mi avvicinavo alla sua stanza, pregai non mi strozzasse esasperata dalla mia presenza. La porta era semichiusa. Bussai con il gomito, dato che le mani erano impegnate.

Sentii i suoi passettini avvicinarsi e poco dopo, apparve la sua figura snella, il viso corrucciato divenne confuso mentre fissava la seconda tazza.

«È per me?» la indicò con le sue dita sottili.

Annuii porgendogliela «volevo solo chiederti scusa.»

Prese tra le dita la tisana e ne guardò il contenuto «L'hai avvelenata?»

Sgranai gli occhi «Cosa? No! Perché avrei dovuto?»

«Scherzavo, rilassati» ne bevve un sorso senza smettere di fissarmi.

«Dustin non avrebbe dovuto parlarti così, ma hai reagito nel modo sbagliato... lui vuole solo essere gentile.»

«Conosco i tipi come lui, ne ho conosciuti molti. Generalmente erano docenti, psicologi, o quelli degli assistenti sociali. Tutte brave persone che passano la vita a trovare soluzioni ai problemi degli altri, solo per sentirsi meglio a fine giornata e avere la scusa perfetta per non pensare ai loro, di problemi.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 18, 2023 ⏰

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