PRIMO ATTO: Una luce in fondo al tunnel - Capitolo 1

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- Giorno 0 -

<<Viola! Tesoro!>> i passi della mamma sulle scale si sentivano pesanti dalla sua cameretta. Strinse la sua bambola preferita tra le braccia, seduta sul letto. La porta si spalancò. <<Dobbiamo andarcene. Adesso.>> disse severa la mamma, iniziando a rovistare tra gli armadi e i cassetti, svuotandoli e infilando tutto dentro ad una buffa valigia rosa. Viola la guardava incuriosita e spaventata allo stesso tempo. <<Lorenzo, prendi tua figlia!>> urlò la donna. Qualcosa di molto brutto stava accadendo, se lo sentiva. Il suo viso era rigato di lacrime quando il papà si precipitò nella stanza. <<Andiamo piccola, facciamo una vacanza.>> la prese in braccio e si girò così bruscamente da farle perdere la presa sulla sua bambola. <<Papà Poppy è caduta! Papà!>> iniziò a strillare agitandosi. Il papà sembrava non sentirla, scendeva deciso le scale. <<Mamma! Per favore!>> pianse più forte. Poppy era la sua migliore amica. Le aveva promesso che non l'avrebbe mai lasciata sola. Il papà le rivolse la parola dopo averla fatta salire di peso in auto. <<Non preoccuparti, andrà tutto bene.>> la consolò mentre le allacciava la cintura del sedile posteriore. Viola tirò su col naso, aspettando di vedere la mamma uscire dalla porta con Poppy in mano. Il papà era tornato all'interno della casa, e uscì poco dopo con dei bagagli che caricò sull'auto. Salì al posto di guida e mise in moto. <<Papà dov'è la mamma? E Poppy...>> sussurrò. <<Arrivano, ora arrivano.>> la sua mano tremava, stretta al volante. Viola guardò il cielo attraverso il finestrino, e il viso le si illuminò. <<Stella cadente! Guarda papà!>> indicò picchiettando sul vetro nella speranza di attirare la sua attenzione verso quella scia luminosa che attraversava il cielo limpido. Era affascinata. <<Non è una stella cadente.>> gli tremava anche la voce. <<Sì te lo giuro, guarda!>> Viola non capiva perché fosse così preoccupato. Lorenzo guardò nella direzione da lei indicata, poi le rivolse uno sguardo. Viola lo guardò sorridendo. <<Esprimi un desiderio piccola.>> sussurrò lui accennando a un sorriso. <<Visto? Avevo ragione!>> strinse gli occhi, desiderando che il papà e la mamma non litigassero più. Quando li riaprì, la mamma stava entrando nell'auto. Appena lo sportello si richiuse, sfrecciarono verso il cancello aperto della piccola proprietà. <<Mamma dammi Poppy.>> si allungò verso il sedile davanti, toccando le spalle alla mamma. Il silenzio regnava nel veicolo. <<Mamma?!>> In quel momento si rese conto che non sarebbero più tornati a casa. Sentiva di aver perso Poppy per sempre, e qualcosa nel suo piccolo cuore si spezzò.


- Giorno 515 -

Era da troppo tempo che non lo faceva. Aveva dimenticato quanto fosse bello. Prese la rincorsa. I piedi nudi calpestavano l'erba morbida che ricopriva l'intera collina. L'aria era piacevolmente tiepida. Quando la discesa iniziò ad essere troppo ripida, spiccò un salto e prese il volo. Volteggiò su sé stesso un paio di volte, prima di risalire verso l'alto, puntando alle stelle. Si fermò solo quando raggiunse il cielo, toccandolo con una mano. Rivolse lo sguardo verso il basso: da lì poteva vedere l'intero mondo che aveva creato, una dimensione in cui si rifugiava quando ne aveva bisogno. Una gigantesca isola, che galleggiava sopra a infinite nuvole bianche. Nel corso della sua infanzia, e poi nell'adolescenza, aveva aggiunto sempre più dettagli. La popolazione era per la maggior parte composta da creature fantastiche di cui leggeva nei libri, personaggi storici ed epici di cui era rimasto affascinato, e dai suoi animali terrestri preferiti. Tutti gli edifici riportavano in dimensioni ed eleganza lo stile di cui era innamorato nel periodo in cui li aveva creati. C'erano palazzi lucenti incredibilmente alti e sontuosi, piccole casette a forma di fungo, e persino una estesa regione di neve e ghiaccio, dove orsi polari e pinguini convivevano all'interno di giganteschi igloo dai mille colori. Ricordava di averla creata quando era molto piccolo, dopo aver visto la pubblicità di un gelato. Sulla vetta più alta troneggiava una scritta bianca a caratteri cubitali che riportava il suo nome: "MIKE". Spostò lo sguardo sulla zona più remota dell'isola, oltre il vulcano dove era solito fare surf sulla lava. Era un territorio che non aveva più esplorato, in bianco e nero, privo di vita e pieno di desolazione. Odiava quel periodo della sua vita, ma si era promesso di non cancellarlo dalla sua testa. Sospirò, poi sprofondò attraverso il cielo e aprì gli occhi.

Real Monsters: La Chiave della SopravvivenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora