Essere bisessuale è un dono e una disgrazia allo stesso tempo.
Averlo scoperto all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, per me era stato rovinoso.
Mi piaceva Simone Balestra.
Forse il termine piacere non era la definizione corretta.
Io ero completamente pazzo, folle, perso, smanioso per Simone Balestra.
Combattevo una consueta battaglia contro il desiderio di essere accanto a lui, in ogni momento di ogni giorno, di ascoltare la sua voce mentre mi parlava delle regole del rugby di cui non capivo niente o della lezione di matematica o che altro, in una lingua a me incomprensibile.
Ed era stato tremendo averlo realizzato troppo tardi, quando lui ormai mi aveva superato, era andato avanti, era felice.
Non si dovrebbe sperare che la felicità altrui cessi, di solito, ma io anelavo quel momento: volevo che il suo gaudio avesse fine, che fosse abbastanza rotto e misero da correre da me, da tornare tra le mie braccia perché da me le persone venivano soltanto quando erano a pezzi, io servivo solo allora.
Quando stavano bene, quando erano lieti, io ero inutile.
Io ero Manuel Ferro, uno distrutto che creava soltanto distruzione e che ne attirava altra.
Tra simili ci si riconosce.
Però Simone, in quel periodo, non era a pezzi o miserabile: sorrideva sempre, aveva cambiato modo di vestire indossando camicie a scacchi e magliette a tinta unita, portava dei pantaloni in tessuto beige o tinta panna, aveva anche un gilet da boscaiolo terribile e glielo volevo dire, quando facesse schifo quel gilet, ma mi trattenevo sempre.
Simone stava bene e stava con una persona.
Stava con una persona che non ero io, che era uguale a me, sotto certi aspetti, ma non ero io.
Era ciò che più mi feriva, nel profondo, perché significava che ero facile da sostituire, da rimpiazzare, da dimenticare.
Era un cruccio di cui non riuscivo a disfarmi.
Allora facevo l'unica cosa che ero abile di fare: distruggermi.
Cercavo qualcosa che, al contempo, potesse disintegrare il mio corpo, la mia mente, i miei pensieri, ridurli al niente.
Mi gettavo su fiumi d'alcol, su pasticche che sapevo quali effetti collaterali avessero, un mix di cose che non avrei dovuto ingerire e che buttavo nel mio stomaco, sperando collassasse su se stesso.
Distruggersi era la scappatoia migliore per non vedere Simone felice con qualcuno che non ero io.
Quella sera in particolare era tutto peggio del solito.
Ero frastornato, avevo la nausea, e perdipiù avevo appena visto Simone sbaciucchiarsi con quello che, a conti fatti, era il suo ragazzo.
Si chiamava Mimmo (ripeto, un nome tremendo!), aveva i capelli biondi e gli occhi chiari e tutti sembravano amarli insieme.
A me facevano soltanto venir voglia di rimettere più volte e, vagliando ciò che avevo buttato giù nelle ore precedenti, non era nemmeno tanto un'ipotesi da scartare.
C'era una festa alla quale era stata invitata mezza scuola. Mi ero trascinato lì per chissà quale ragione, sapendo benissimo che mi sarei fatto del male.
Perniciosa era stata la mia decisione di recarmi in quel luogo per assistere ad uno spettacolo per il quale avevo pagato un biglietto troppo salato, quel sale con il quale continuavo a cospargere le mie ferite, le lacerazioni sulla mia pelle che non guarivano e si aggravavano di giorno in giorno.

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sakura
FanfictieSimone stava bene e stava con una persona. Stava con una persona che non ero io, che era uguale a me, sotto certi aspetti, ma non ero io. Era ciò che più mi feriva, nel profondo, perché significava che ero facile da sostituire, da rimpiazzare, da di...