Capitolo 3

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Dopo il burrascoso incontro con Lord Ramsay e Percival Devon, e dopo il fastidio che le era rimasto addosso per l'arroganza di Jasper, Elinor si incamminò verso uno dei due luoghi che avrebbe dovuto visitare più assiduamente, se fosse riuscita a ottenere quel posto al servizio di Silvermere: l'ala della servitù, e in particolare le cucine. Ciò che aveva visto nel maniero nelle poche ore che erano passate dal suo arrivo le aveva fatto sperare che i servi sarebbero stati una compagnia più piacevole dei nobili che vivevano tra quelle mura. Il primo incontro con la signora Bard la fece ricredere.

«Un'altra?» berciò il donnone appena vide Elinor entrare. Si ritrasse senza riuscire nemmeno ad aprire bocca: la signora Bard afferrò una scopa e tentò di colpirla.

«L'ho detto a quella Ivy! Gliel'ho detto che la prossima volta che la vedo passare di qui vado a riferire tutto alla sua padrona, quell'orrida Mrs Orchid, e poi ci penserà lei a fustigarla!» urlò la signora Bard, diventando paonazza. Rimasta senza fiato, agitò ancora la scopa a mezz'aria, costringendo Elinor a scartare di lato. 

«Signora Bard...» tentò, alzando le braccia in un gesto di resa. L'altra sbraitò qualcosa, sconvolta che lei osasse rivolgerle la parola, poi si premette una mano sul petto e crollò all'indietro su una sedia. Il suo respiro si fece affannoso, ed Elinor si guardò intorno, preoccupata, ma nelle cucine non c'era nessuno.

«C'è qualcuno?» chiamò, passando da una parte all'altra della stanza. Il cortile era abitato solo da galline che beccavano per terra. 

Oh, d'accordo.

«Signora Bard, non sono... non sono chi credete che sia», le disse Elinor in tono calmo, dopo essersi inginocchiata davanti a lei. La signora Bard aveva nominato una certa "Mrs Orchid", che era la stessa di cui aveva parlato Lord Ramsay: da come ne aveva accennato quest'ultimo, era chiaro che si trattasse della proprietaria di una casa di malaffare, probabilmente abitata da prostitute. Un bordello. Era la seconda volta che Elinor veniva scambiata per una donna perduta, e la cosa cominciava a esasperarla. 

La signora Bard si agitò sulla sedia come se la semplice vicinanza a Elinor potesse contagiarla con qualche peccato mortale.

«Respirate piano. Calmatevi, o vi esploderà il cuore», le disse, paziente. Alzò piano una mano e molto lentamente la portò sull'allacciatura del bustino di lei. La signora Bard sgranò gli occhi, le vene del viso pulsanti, ma sembrava ancora troppo priva di forze, e ancora tanto agitata da apparire viola, per fermarla. Elinor le sciolse il nodo che teneva allacciato il corpetto, poi ne allargò le estremità.

«Avete dell'aglio, signora Bard?» domandò Elinor nel suo tono più gentile. Si era rivolta così a Malva, verso la fine; prima di allora, non aveva creduto di avere un solo tocco di dolcezza in lei, e l'incontro con gli uomini di quella casa l'aveva fatta retrocedere al suo essere più vendicativo.

La signora Bard continuò a boccheggiare con la mano premuta sui seni generosi, ed Elinor si alzò in piedi. Quando la vide dirigersi verso il tavolaccio dove era disposto il coltello da macellaio, la signora Bard emise un singulto, ma Elinor si limitò a staccare una testa di aglio da quelle che pendevano dal soffitto. La liberò dalla buccia e tornò dalla signora Bard, il cui respiro si era appena calmato. Elinor le porse l'aglio intero.

«Affondate i denti in questo. Mangiatelo a piccoli spicchi. Dal rossore del vostro viso e dalle vostre vene ingrossate nel collo direi che soffrite di un cuore agitato.»

La signora Bard la guardò come se fosse il Diavolo in persona. Tuttavia, afferrò l'aglio e lo morse. Elinor si rialzò e la osservò con le mani sui fianchi. Poco per volta, il rosso violaceo del viso della signora tornò a virare verso un incarnato rosato. La signora Bard masticò ancora, fissandola con diffidenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 05, 2023 ⏰

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