Per tutto il tragitto verso il convento nessuno proferì parola, né Yelena, né le sue sorelle, né Melke Hetyr.
La ragazza dagli occhi di cerbiatto sapeva di essersi cacciata nei guai, di non aver usato la sua razionalità e di aver ceduto al sentimentalismo.
Ora come ora, l'unica cosa che sperava di evitare, oltre all'essere aggredita da qualche bronzeo sconosciuto, era la ramanzina che sapeva Donna Hetyr le avrebbe fatto appena entrate in convento.
La sacerdotessa sapeva dare strigliate quanto essere dolce e amorevole; le sacerdotesse costituivano un modello genitoriale per le ragazze più giovani, e lei in particolare riusciva a ricoprire sia il ruolo del genitore cattivo che di quello buono.
Yelena riconosceva le sue colpe: non avrebbe mai dovuto seguire quella sconosciuta; se non fosse stato per le sue sorelle, probabilmente sarebbe stata rapita e di lei non si sarebbe saputo più nulla.
Meznekar, con le sue alte e forti mura a circondare la città, infondeva sicurezza e tranquillità nei cittadini che temevano i pericoli esterni. Però non erano state calcolate le problematiche interne: la città, così vasta da essere stata divisa in quattro zone, vantava protezione solo nelle zone nord ed est.
La prima area in particolare, dove era situato il palazzo reale, era soggetta ad una frequente sorveglianza da parte della guardia cittadina.
Spesso gli insurrezionalisti attaccavano la fortezza che circondava il palazzo per cercare di scovare il re ed obbligarlo ad abdicare, o peggio, ucciderlo.
Dalla morte di suo padre, Melker II aveva iniziato ad imporsi pesantemente sui meznekiani, alzando le tasse ed aumentando le fustigazioni per scongiurare le proteste della grande e media borghesia.
La piccola borghesia e coloro che vivevano in condizioni di povertà vivevano spesso nell'illegalità, e l'unico modo per evitare il patibolo era favorire i voleri del re; parte del guadagno della maggior parte dei bordelli veniva usato per accrescere i fondi reali. In poco tempo dalla morte del suo predecessore, il nuovo regnante aveva causato un caos finanziario di non poco conto.
Il convento era situato nella zona est della città, l'area dove stazionavano la maggior parte dei mercati della città, che poi salivano e continuavano per le strade della zona nord.
Era il secondo tratto più sicuro della città, non contando i piccoli furti sporadici nelle case della media borghesia. Subito dopo lo seguiva la parte ovest di Meznekar, in cui era situato l'ospitale, dove le ragazze del convento facevano visita ogni giorno, per benedire i malati e assisterli talvolta.
Le giovani apprendiste fin da piccole erano educate all'arte della guarigione, per questo, quando arrivavano all'ospitale fornivano aiuto ai medici.
Le ragazze venivano formate su pressoché tutte le materie possibili, per fornirgli un po' di quell'esperienza che, se arrivate alla maggiore età avessero deciso di andarsene per la loro strada, le avrebbe aiutate a sopravvivere nel mondo esterno. Infatti, alcune ragazze che avevano deciso di non prendere i voti erano andate a lavorare al ospitale, come infermiere.
Ma la zona ovest della città non era bella più che altro perché lì si trovavano i quartieri poveri, le prime case di Meznekar erano state costruite lì e erano assai vecchie, rovinate. Per fortuna, però, era la parte più piccola della città. I sobborghi temuti dalla gente erano quelli situati a sud e sud-ovest, dove la criminalità si ergeva su tutto. Le poche guardie che la sorvegliavano erano corrotte.
Bische, bordelli... ogni genere di locale, anche girare per quelle strade era altamente sconsigliato. Molti dicevano che camminare per la neveja nars fosse come varcare ufficialmente le porte del Male e stringere la mano al Dalney. Chi osasse soltanto camminare per la strada traviata e i suoi vicoli adiacenti era considerato un adepto del signore del Male. Era anche molto ironico il fatto che lì fossero erette le porte della città: tutti i visitatori che entravano dovevano passare prima per i quartieri corrotti. Molti cittadini consideravano questo caso come un volere del destino, una prova: infinite tentazioni spingevano gli stranieri e i nuovi cittadini a non addentrarsi più in là della zona sud. Chi varcava le porte della città e arrivava nella sua zona "pura", era una persona che seguiva le vie del Bene, onesta e giusta, che non si lasciava fuorviare dalle promesse ingannevoli del Male.
Altri, meno fantasiosi, avevano diverse opinioni: c'è chi pensa che il primo re di Meznekar, quando dette il via per la costruzione delle mura, avesse avuto l'idea di mettere le porte dove si ergevano i quartieri più poveri, cosicché, in caso di una guerra, gli invasori si sarebbero impegnati a saccheggiare prima la parte della città che non aveva nessun tipo di valore; e visto che la zona sud era ampia, l'esercito avrebbe avuto tempo di organizzarsi per contrattaccare.
C'erano altri poi che credevano la zona sud fosse stata prosperosa e ricca nei primi tempi, ma che fosse caduta gradualmente nel degrado.
Molte fonti storiche però erano in contrasto con la seconda supposizione, Yelena l'aveva imparato dai libri che conteneva la biblioteca della città. Tutte le giovani apprendiste dovevano conoscere la storia di Meznekar nei secoli. La biblioteca del convento era la seconda in capienza, dopo quella nel palazzo reale, e conteneva ogni genere di libro. Yelena amava rifugiarcisi nelle sue ore libere, anche se in quel momento avrebbe preferito essere il più lontano possibile dal convento. Ogni passo in più verso casa la preoccupava, perché sapeva che avrebbe dovuto sorbirsi le parole di rimprovero della sacerdotessa.
E quando arrivarono al portone principale, furono le prime a varcarlo, lei e le sue sorelle, seguite da Donna Hetyr.
Non appena furono entrate, iniziarono tutte e quattro a camminare per il corridoio a passo spedito, nella speranza di sfuggire alla strigliata incombente.
"Dove andate così di fretta?", una voce in lontana le raggiunse e a quel punto non poterono fare altro che fermarsi e girarsi verso colei che le aveva chiamate.
"Yelena, andiamo", le ordinò la sacerdotessa, porgendole il braccio, come se le due dovessero andare a fare una passeggiata tranquilla.
Yelena allora guardò le sue amiche per un momento: loro non proferivano parola, ma la guardavano con sguardo preoccupato.
Così la ragazza dagli occhi di cerbiatto porse il braccio alla sua tutrice e, dopo che quest'ultima ebbe congedato le altre quattro apprendiste, le due si incamminarono verso il giardino.
All'inizio nessuna delle due aprì bocca.
Yelena continuò ad osservare Donna Hetyr di sottecchi, ma lei guardava altrove indifferente, con l'altra mano poggiata su quella che Yelena aveva al suo braccio.
Aveva le mani così delicate, le dita esili, ma agili come gli arti di un ragno che tesse una ragnatela.
"Sai bene che hai commesso un errore di non poco conto?", domandò finalmente la donna, con voce calma ma severa.
"Lo so", rispose la sua allieva.
"No, non lo sai", rispose subito Melke Hetyr, fermandosi e lasciando il braccio di Yelena, per guardarla in faccia, "Se lo avessi veramente compreso non saresti andata dietro a quella sconosciuta in primo luogo. Non hai messo in pericolo solo la tua vita, ma anche quella delle tue sorelle, e di quest'Ordine! Tu hai fatto un giuramento Miseri radna! Servire ciò in cui credi, qualcosa di superiore a me, a te, persino al re!".
"Non ho avuto scelta!", esclamò Yelena, senza nemmeno pensare alle parole che le uscivano dalla bocca, parole amare.
"Oh, e invece l'hai avuta eccome una scelta...", rispose Donna Hetyr, disgustata dalla risposta della giovane, "Due anni fa hai compiuto quella scelta, e non mi è mai sembrato che avessi rimorsi".
"Non è stata una MIA scelta!", disse Yelena mettendosi una mano sul petto, "questo è tutto quello che ho, ma non perché l'ho scelto io. E' l'unica cosa che mi rimane".
"Ma ti senti?", chiese la sacerdotessa sbottonandosi il tri, "i tuoi discorsi non hanno senso! La tua famiglia è questa!".
"La mia famiglia è morta!", rispose immediatamente la ragazza.
Ora, più che mai, sentiva la mancanza di persone che non aveva mai avuto l'opportunità di conoscere.
"Non hai avuto il tempo di capire chi era la tua famiglia, radna. Sei una donna adulta e devi accettarlo. Rimuginare su una vita che non hai mai avuto non guarirà il vuoto che senti dentro", le disse Hetyr, con un tono più calmo, "il destino ha scelto una strada diversa per te, e in questa vita la tua famiglia è questa...".
A quel punto Yelena la interruppe, stanca delle solite superstizioni: "Destino, smettetela di riempirmi la testa con queste fesserie su destino. La via del Bene non può portare a tutto questo. Non mi dire che mia madre è morta per qualche disegno divino".
"Non ti riconosco più, stai delirando Miseri radna! Dov'è finita la tua fede? Ti stai smarrendo sulla via del Bene?", a quel punto Donna Hetyr fece una pausa per riflettere, poi riprese la parola, "So dei sogni che fai la notte...".
"Non sono i sogni...", Yelena non sprecò un secondo per rispondere, ma mentre buttava fuori quelle parole la sua voce era flebile. Cercava di difendere il suo sconosciuto ma si sentiva insicura nel farlo.
"Oh, smettila, non dormi bene! Fai incubi su incubi! Chiunque tu veda in quel sogno, non devi dargli ascolto! Ti sta guidando sulla cattiva strada e tu glielo permetti!".
"Perché io mi fido di lui!", un'altra risposta fulminea, che però si pentì subito di aver cacciato fuori.
"Cosa?", la fronte di Melke Hetyr si corrugò, nei suoi occhi baluginava la confusione.
"Quando vedo la sua mano, io percepisco qualcosa di familiare, è come se lo conoscessi da sempre".
"E' la sua influenza, non devi lasciarti persuadere. Il Male ha corrotto molte giovani così. Devi respingerlo!".
Yelena guardò il pavimento, sommersa improvvisamente dalla vergogna, non riusciva più a guardare la sacerdotessa in faccia: "Mi dispiace".
"Mes krezna", disse Donna Hetyr con voce sommessa, accarezzandole il braccio con la mano.
"Non sono in me, hai ragione. Io... non volevo dire veramente quelle cose".
"Oh, bambina mia, lo so".
Tutto quello che aveva appena detto: Donna Hetyr era come una madre, aveva delle amiche che erano praticamente dome sorelle. Yelena aveva tutto, ne era ben cosciente. Se le sue sorelle l'avessero sentita, non le avrebbero mai più rivolto la parola, e lei non le avrebbe biasimate, si faceva ribrezzo da sola al solo pensare che avesse avuto il coraggio di sputare su ciò che amava.
"Forse il male sta davvero prendendo possesso di me...", disse alla fine.
"Tu sei forte, puoi combatterlo", le disse la sacerdotessa all'orecchio, dopo averla stretta in un abbraccio.
Quando si staccarono Donna Hetyr la guardò attentamente in volto, per poi far cadere gli occhi sul ciondolo di Yelena, ancora in bella vista.
"Quel ciondolo, d'ora in poi, lo devi mettere sotto la veste se vuoi portarlo in giro".
"Tu conosci Kalal", disse Yelena ripensando al discorso fra la sacerdotessa e il giovane straniero.
"Che intendi?".
"Gli hai detto che assomiglia a suo padre", rispose Yelena, ripescando l'unica parte del discorso dei due che era riuscita a percepire. Non tenne nemmeno in conto che avrebbe potuto ricevere un'altra strigliata per aver origliato.
"Questa città ha molti segreti mes krezna, e tu non sei ancora pronta per conoscerli", le rispose Donna Hetyr.
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Aching Souls
FantasiIl Bene e il Male sono sempre esistiti, ma questa volta camminano tra di noi. È la natura dell'uomo, essere sospeso sul filo di questo equilibrio che potrebbe spezzarsi da un momento all'altro. Nel mentre una ragazza mette in dubbio ciò è e ciò che...