Prologo

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Due anni prima.

La guardava.

La guardava e cercava di ricordarsi come fossero le sue carezze. La sua pelle assopita aveva ormai dimenticato quelle dolcissime sensazioni.

Amore, protezione, casa.

Quanto era morbido il suo corpo? Quanto era caldo e rassicurante? Non lo ricordava. Ne aveva rimosso la consistenza, e ciò che riusciva ad infondergli nelle lunghe notti in cui si amavano.

Passione, bramosia, delicatezza.

La delicatezza delle sue mani, il sapore delle sue labbra, la dolcezza dei suoi occhi che gli sorridevano sottintendendo un Ti amo che da troppo tempo non udiva. Ora era tutto effimero, inconsistente.

Un rapporto freddo, di puro odio forse, che in pochissimo tempo aveva preso il posto di ciò che con fatica avevano ricostruito. Insieme.

Perché?

Si è stufata di me, non mi ama più, mi tradisce.

Perché non riusciva a trovare una risposta plausibile ai suoi quesiti?

Aveva paura di ciò che erano diventati. Aveva paura di non poter più imboccare la via della felicità, com'erano invece riusciti a fare in passato. Aveva paura di non avere nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi o poterla abbracciare.

Dio, quanto gli mancavano i suoi abbracci.

Avrebbe pagato oro per riavere la sua Hell, con le sue timide carezze, i caldi baci quando tornava da una lunga ed estenuante giornata in sala di incisione, la sua continua ricerca di coccole davanti ad un bel film. Gli mancava stringerla fra le braccia e sentirla fremere mentre facevano l'amore, beandosi del suo profumo. Ma soprattutto, gli mancava dirle che l'amava più di se stesso.

E le ennesime lacrime minacciarono di sgorgare copiose dai suoi occhi. Una sofferenza che ormai non poteva più sostenere; una sofferenza che lo stava dilaniando, ma che al tempo stesso lo scuoteva brutalmente, risvegliando in lui un sentimento di puro odio.

Perché è così. Amore e odio si completano a vicenda.

-Mi faresti un favore se non te ne stessi tutto il giorno a scrivere stronzate su quel diario.- sputò.

Le parole, ormai, gli uscivano dalla bocca incontrollate. Percorreva il salotto con falsa tranquillità, senza distogliere lo sguardo da lei, troppo interessata a ciò che quel maledetto diario conteneva.

Rimpiazzato da un pezzo di carta. Rimpiazzato da una penna. Da un cuscino, una macchina, una piscina, un divano, suo fratello. Aveva perso il conto di quante cose avessero preso il suo posto, nella loro vita.

-Non rompermi i coglioni.-

Quante volte gli aveva risposto a quella maniera? Si sentiva sempre più piccolo ed indifeso, mentre l'odio che provava per lei cresceva a dismisura.

-Sei tu, qui dentro, l'unica rottura di coglioni.- pronunciò con immensa freddezza. Da mesi, non faceva altro che mentirle e farle credere che fosse un peso, che non soffrisse per lei. Ma non riusciva a fare altro.

-Vattene, allora.- fu la secca risposta che gli diede, come sempre senza guardarlo negli occhi. Forse, non si erano nemmeno più scambiati un semplice sguardo.

E furono lamine taglienti quelle parole. Lamine che perforarono, una dopo l'altra, il suo cuore già stanco e pieno di ferite non ancora rimarginate.

-Vattene tu, piuttosto.- sussurrò ferito.

Tremò.

Tremò perché aveva tremendamente timore dell'abbandono. Aveva paura che lo prendesse in parola.

Love Like This -Tom Kaulitz-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora