Quarto anno, Capitolo tredici. Ricordi l'estate delle pioggie?

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Hey Reg,
Nulla di nuovo a Glasgow.
Piove molto, sono quasi sempre in casa. Mamma ha detto che ti ha visto l'altro giorno, era in visita a Grimmauld Place. Avessi saputo prima che sarebbe venuta lì, ti sarei passato a trovare.
Ho ricevuto un gufo da Bart l'altro giorno, gli dispiace di non poterti scrivere ma suo padre sembra essere in conflitto col tuo. Roba del Ministero, ma probabilmente già lo sai. Mi ha chiesto di dirti di non offenderti quindi se non risponde.
Fammi sapere qualcosa, per favore, mi annoio un sacco. Non vedo l'ora sia settembre. 
E.R.

Hey Reg, 
Ancora nulla di nuovo a Glasgow. 
Non ho ricevuto tue notizie da qualche tempo, quindi scusa se ti ho riscritto. Barty mi sta stressando molto per avere tue notizie. 
Sua mamma gli ha permesso di venire la scorsa settimana, abbiamo giocato un po' a Quidditch ma è veramente una schiappa. Non dirgli che te l'ho detto.
Per favore RISPONDII!!!!!!
E.R

Regulus Black! 
Rispondici! Siamo preoccupati. Non rispondere a questo indirizzo, manda a Evan.
B.
P.S Mi è caduta la pergamena in una pozzanghera. Scusa.

Pioveva anche a Londra.
Regulus aveva pensato che con così tanta pioggia si sarebbe potuto lavare anche lo sporco più ostinato.
E invece così non era stato.
O era semplicemente Regulus Black ad essere quello sporco? Lo sentiva su di lui, attorno a lui. Non importa quante volte avesse cercarlo di lavarselo via.
"Mamma, ti prego." 
Regulus piangeva, aggrappandosi alla gonna della madre. Lei lo spostò con un calcio. "Smettila di piangere. Farai come ti è stato detto, sii il mio bambino, quello bravo." 
"No." 
"Regulus."
"Non riesco!" Urlò, tenendosi la testa fra le mani. 
"Regulus." 
La mano di Walburga tremava leggermente, mentre pallida in volto alzava la bacchetta, "E' per il tuo bene, lo sai vero?" Sussurrò, chinandosi verso il figlio che singhiozzava ai suoi piedi,  "Imperio."

Lucius era arrivato quella mattina, accompagnato da Rodulphus, "Il Signore Oscuro lo vuole incontrare." aveva sussurrato alla madre, pensando che Regulus non riuscisse a sentirlo dall'altra parte del lungo corridoio.
"No." Gli era sfuggito rispondendo al posto della madre, per poi portandosi immediatamente una mano alla bocca. I quadri vicino a lui presero a sussurrare.
"Non puoi tirarti indietro adesso, dopo tutto quello che hai fatto!" Si intromise Rodulphus, arrancando verso di lui e scuotendolo dolorosamente per la spalla.
Ma la verità è che non poteva tirarsi indietro, e basta.
Era contento che Sirius se ne fosse andato, perché non avrebbe potuto sopportare il suo sguardo adesso.
Era corso quindi in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle, mentre il respiro si faceva sempre più veloce.
Si lasciò cadere a terra, in mezzo alle lettere dei suoi amici sparse per il pavimento: alcune non aveva nemmeno avuto il coraggio di aprirle il sigillo rosso fuoco posto di loro sembrava giudicarlo.
Regulus Black, doveva seguire gli ordini. Regulus Black era un bambino ubbidiente
Regulus Black era una brutta persona. 
Un singhiozzo gli scoppiò in gola mentre le lacrime iniziavano ad uscire, bagnandoli il volto e il colletto della camicia. Regulus Black voleva giocare Quidditch, assieme a Evan. Regulus, cazzo!, voleva baciare nuovamente Barty. Invece aveva dovuto spingerli via, rinchiuderli in una stanza lontano dalla sua mente e dalla sua vita, perché se ne fossero entrati in contatto si sarebbero fatti male.
Quello che gli aveva detto Barty quella notte lo aveva tormentato come un fantasma: Ti seguirò, Reg. Ho già deciso, la sua voce si mischiava a quella di Evan, quando anni prima gli aveva detto la stessa cosa.
E allora nei suoi sogni, il ragazzo che disarmava e che veniva ucciso aveva preso il suo volto. Poi mutava, in quello di Evan. Qualche altra volta, invece, era Knight che compariva al villaggio, bianco in volto e con le mani sporche di sangue.
Tutto ciò che amava ed era amato da Regulus, sembrava destinato ad una fine orribile.
Forse solo Sirius era riuscito a salvarsi, perché, per quanto faticasse ad ammetterlo, covava nel profondo del suo cuore il sentore che il fratello avesse smesso di amare Regulus molto tempo fa.
"Regulus, apri la porta." La voce della madre ruppe il silenzio, aldilà della porta. E Regulus, che era ubbidiente, si alzò ed aprì. "Seguimi di sotto." Gli ordinò, con la voce inflessibile. E Regulus, lo fece.

Inginocchiato di fronte alla vasca, con l'acqua limpida che roteava incantata sotto al suo sguardo, Regulus chiese pietà alla madre.
"E' per il tuo bene, lo sai vero?", rispose lei, puntando la bacchetta contro la testa del figlio. "Imperio."
Le mani di Regulus si mossero senza che fosse a volerlo, mentre la sua testa diventava più leggera. Non c'era lui, c'era solo il comando della madre.
Un respiro profondo, e poi giù la testa nell'acqua. 
Un secondo, due. Aprì la bocca, lasciando che l'acqua lo purificasse anche dentro. I polmoni iniziarono a bruciare, chiedendo aria.
Venti, ventuno. Ogni volta, quando iniziava a pensare: sto morendo, la madre spezzava l'incantesimo, per poi raccoglierlo tra le braccia e spiegarlo che era per renderlo forte, per renderlo ubbidiente, valoroso, resistente ed altre belle parole che per Regulus non avevano poi questo gran significato.
Grondante, Regulus tornava sé stesso, vomitando fuori l'acqua, ogni respiro più doloroso dell'ultimo.
La madre gli prese la testa, poggiandola sulle sue gambe: Regulus sentiva i capelli bagnati sgocciolare sul pavimento, tra le sue gonne. "Il mio bambino, il mio bambino," mormorò tenendolo stretto, le dita che giocavano con i suoi ricci. "Così bravo. Il mio unico bambino. Renderai tanto orgogliosa la tua mamma." Si chinò per dargli un bacio, sulla tempia.
Regulus chiuse gli occhi.
Ormai sapeva che però, pulito, non ci si sarebbe mai più sentito.
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Lord Voldemort sembrava dominare sull'intera stanza. E Regulus non seppe dire se era il suo potere o se semplicemente era colpa delle persone sedute a tavola con lui, che stavano con la testa bassa e non osavano guardarlo in faccia. L'unica era Bellatrix, che dietro alla sua maschera in argento lo guardava adorante, le mani giunte come in preghiera e ciò che poteva scorgere della bocca piegata in una smorfia che ricordava un sorriso.
Regulus sedeva nel posto più lontano, fissando un punto davanti a sé, cercando di non pensare a quello che sarebbe venuto dopo.
Kreacher, al suo fianco, mormorava parole di conforto, cercando di non farsi sentire dagli altri: "Padron Regulus, tanto forte e gentile, farà così felice i suoi genitori...", e Regulus ne era grato. Si girò verso la sua famiglia, e notando che nessuno stava prestando loro attenzione gli posò una mano sulla spalla, stringendo piano. Si sforzò di sorridergli, mentre l'elfo si piegava in un profondo inchino.
"Giovane Black, mi hanno detto che lei è interessato ad unirsi alla nostra causa." 
La voce risuonò nel salotto, facendo tremare il lampadario di cristallo.
Tutti smisero di respirare, tranne Bellatrix che si alzò di scatto, oscillando verso di lui, "Sì, lui vorrebb-" 
"Non l'ho chiesto a te, Bella." Replicò freddo il Signore Oscuro, zittendola con un cenno della mano. "Parla con noi, giovane Black." 
Regulus si alzò, la sedia stridette sul pavimento di marmo. "Sì, mio Signore." 
"Si avvicini." 
Un passo alla volta, passò accanto a Narcissa, poi a Rabastan, infine a sua madre e a suo padre, per ritrovarsi davanti a lui. 
"Quanti anni ha?" 
"Ne farò sedici a dicembre." 
Voldemort sorrise. "Così giovane, ancora un bambino." 
Fece scivolare la sua mano in quella di Regulus, portandolo vicino a sé. Era così freddo che lo fece rabbrividire. Poi lo guardò negli occhi, e pensò a lui e Sirius che litigavano in corridoio, a Knight, a Evan che gli guardava le cicatrici nello spogliatoio. A Barty, che si spostava dal telescopio e lo guardava e... No. Quello no. Quello era suo. È un legilimens, realizzò e Voldemort gli lasciò la mano.
"E intelligente." Aggiunse.
Regulus fece un passo in avanti, "Sono pronto." 
"Per cosa?" Gli chiese lui, senza smettere di sorridere. Regulus lo sapeva, stava solamente aspettando il momento giusto per vederlo cadere. 
Per vederlo piegarsi, come devono fare i suoi seguaci. Allora alzò il mento, come gli aveva insegnato suo padre, le spalle più dritte. Come quando la mamma costringeva lui e Sirius ad andare in giro con i libri sulla testa, per la postura.
"Per donarmi a Lei, mio Signore." 
"Ma lei è davvero pronto per questo?" Gli sfiora il volto con la mano, e ancora non c'è calore in quel tocco. È la mano di un cadavere.
"Sarebbe il più grande privilegio." Alphard era morto, già da tempo. E allora perché in quel momento sentiva così tanta nostalgia verso di lui? Verso la Francia. Il frutteto. Il mare.
"Sarà capace di dedicare a me il resto della sua vita? Alla causa?" 
"E' un privilegio per me poter servire il mio Signor-" 
"Non ho chiesto questo!" Lo interruppe, battendo un pugno sul tavolo. Regulus cercò di non trasalire. "Sarà in grado di donarmi il resto della sua vita?" 
Avrebbe voluto che le mani non gli tremassero così tanto. 
Sirius si arrampicava sempre sugli alberi più alti, Regulus invece non era capace. Sirius si tuffava dagli scogli, nuotando per ore verso il largo. Regulus stava a riva, con i piedi infilati sotto la sabbia bagnata. Cosa avrebbe fatto Sirius? 
Si sentiva sempre così solo.
No.
"Sì, mio Signore." 

"Padron Regulus?" 
"Kreacher! Mi hai spaventato! Dimmi." Regulus si tirò su dal letto, la testa che girava leggermente. 
La ferita sull'avambraccio bruciava terribilmente, e durante la notte aveva sanguinato, così che adesso un grumo di inchiostro e sangue gli teneva la manica del pigiama incollata alla pelle.
"C'è il signor Crouch Barty che l'aspetta, fuori. Kreacher non ha detto nulla alla padrona, si sbrighi." L'elfo allungò la mano verso Regulus, trascinandolo fuori dalle coperte.
Barty? A casa sua? Cosa ci faceva lì?
Corse giù dalle scale, evitando di mettersi le scarpe per non fare rumore. Passò davanti al salotto, dove le ceneri del camino fumavano ancora.
Dopo aver ricevuto il Marchio, Regulus si era ritirato in camera mentre la sua famiglia aveva continuato a discutere con il Signore Oscuro di politica e piani d'attacco, facendo le ore piccole. La bruciatura sull'arazzo sopra al nome di Sirius gli fece salire un nodo allo stomaco. Kreacher, che era rimasto sveglio a sistemare la tavola e la confusione che avevano lasciato doveva aver sentito Barty, che chiamava il suo nome dalla strada, ed era corso a chiamarlo prima che se ne accorgesse la madre.
E infatti eccolo là, vestito scuro e seduto sui gradini che portavano alla porta d'ingresso.
"Che ci fai qui?" Sussurrò Regulus, stringendosi le braccia attorno al corpo. Il pigiama leggero non era adatto al clima notturno Londinese.
"Non ci rispondevi. Allora ho aspettato che i miei si addormentassero e sono venuto a vedere come stavi. Nottetempo, forte eh?" La sua mano stuzzicò l'irritazione che aveva sul lato destro delle labbra, mentre spostava il peso da un piede all'altro, "Come stai?"
Rimasero in silenzio, guardandosi. Nessuno dei due aveva il coraggio di riempire lo spazio vuoto tra di loro, nessuno di loro alzò una mano per accarezzare l'altro.
"Sto bene."
Barty abbassò lo sguardo verso le sue braccia. "E' successo?" 
"Sì." 
Annuì grave, mentre una folata di vento fece rabbrividire ulteriormente Regulus.
"Non ci rispondevi."
"Lo so. Mi dispiace, è stato-" Le parole gli morirono in gola.
Barty fece un passo avanti, accorciando la distanza tra loro. "Fa male? Il braccio? Posso vederlo?" 
Con le mani che tremavano, Regulus iniziò ad arrotolarsi la manica sopra al gomito, stringendo i denti per il dolore. La ferità si riaprì, lasciando sgorgare un poco di sangue.
"Posso toccarlo? 
"Sì." 
Le dita di Barty si posarono delicate sul disegno, tracciandone i contorni, sporcandosi anche lui del sangue di Regulus. Sfiorò il serpente, risalendo su fino al teschio. 
"Bart?" La voce di Regulus uscì leggera, come un soffio. Se avesse parlato più chiaramente sarebbe scoppiato a piangere. Il sole iniziava a sorgere, dietro i palazzi di Londra.
Lui alzò lo sguardo, incontrando i suoi occhi. 
"Facciamo quella cosa. Quella della Torre." Suonava come supplica, ma a Regulus non importava.
Aveva bisogno di sentirsi di nuovo bene, almeno per qualche istante. 
Aveva bisogno di dimenticarsi del Marchio, di Grimmauld Place, della madre, dei Mangiamorte. Per un istante, solo per un istante, voleva tornare ad essere Reg.
Barty si avvicinò ancora, sfiorandogli le labbra.
Ma fu Regulus questa volta, a guidare il bacio, afferrandolo per le braccia e portandolo verso di lui con urgenza. 
"Stai piangendo." Gli disse Barty. Ad ogni parola si interrompeva per baciargli le labbra.
"Mi dispiace." Rispose Regulus, portandosi una mano al volto. Lo trovò bagnato, freddo. Non se ne era nemmeno accorto. 
"Non farlo." Sussurrò Barty. Gli prese il volto tra le mani, baciandogli una guancia, poi l'altra. Gli zigomi, poi le palpebre, per poi ripassare sulle labbra. 
A Regulus venne da ridere, e anche Barty si lasciò andare ad una risata. 
"Che cos'è questa cosa Bart?" Disse poi. Con le mani giocava con la giacca di lui, passandosi i bottoni tra le dita.
"Non lo so." 
"È sbagliato."
Ma è buona, come una torta al pan di spagna. E' dolce, e buona. E calda.
Pensò che Barty si offendesse, che si arrabbiasse con lui. Invece si aprì in un sorriso ancora più grande.
"Lo so," Rispose, strappandogli l'ennesimo bacio, "E' anche per questo che mi piace." 

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