Quinto anno, Capitolo quattordici. Scoprire le carte.

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"Non posso crederci, siete usciti senza di me!" 
Evan si sdraiò per lungo su uno dei divanetti, occupandolo per intero.
Davanti a lui, Barty e Regulus occupavano l'altro, il primo vicino alla porta e l'altro con la fronte poggiata al finestrino.
"Non siamo usciti senza di te, sono andato a controllare che fosse ancora vivo."
Regulus si alzò per tirare giù la tenda del finestrino: il sole che entrava nello scompartimento era fin troppo caldo per essere settembre, ed obbligato alle maniche lunghe stava iniziando a sudare.
"Potevi dirmelo, ci si andava insieme." 
Barty alzò gli occhi al cielo, sbuffando. "Ho già avuto la ramanzina da mio padre, non mettertici anche tu!" 
"Oh no! Non Bart Crouch senior! Non puoi paragonarmi a lui." Evan fece finta di esser stato colpito al cuore, gesticolando in modo teatrale.
"E smettila." Rispose Barty lanciandogli in testa la carta di un Sorbetto al limone, ma Regulus notò che stava ridendo.
Si era lasciato alle spalle Londra più pesante del solito: il dolore sordo al braccio era un ricordo costante di quello che era diventato. 
La madre non avrebbe voluto che tornasse a scuola quell'anno, ma era stato il padre a bocciare la sua idea, ordinandole il silenzio. "Non permetterò che venga tolta la cultura a nessuno dei miei figli." aveva tuonato, alzando la bacchetta contro il suo viso. Regulus aveva abbassato lo sguardo, mentre la madre iniziava a tremare per la rabbia. Il nome di Sirius, anche se tacito, svolazzò tra loro come uno spettro. La sua assenza nell'ultimo periodo sembrava quasi esser stata più forte della sua presenza, quando ancora i Black erano la sua famiglia.
"Al Signore Oscuro serv-" Aveva provato a ribattere, ma Orion la interruppe prima che potesse anche solo finire la frase, "Il Signore Oscuro aspetterà che il ragazzo abbia preso i suoi G.U.F.O." 
E la discussione era finita così. 
Al banchetto di benvenuto ci furono pochi nuovi studenti: un gruppetto spaurito di ragazzini che furono smistati dal Cappello Parlante in qualche minuto. 
Anche di studenti vecchi, non ce n'erano molti. Dei Serpeverde mancava solo Violet Greengrass, i cui genitori avevano deciso che il livello G.U.F.O era abbastanza e avrebbe intrapreso il resto delle lezioni via gufo, ma il tavolo dei Corvonero invece sembrava esser stato decimato.
Non ci furono canti di benvenuto o molti sorrisi, e il Preside li mandò a letto velocemente con un discorso sugli orrori della guerra.
Anche la Sala Comune era piuttosto silenziosa, e senza particolari schiamazzi se ne andarono tutti nel loro dormitorio con solo un saluto veloce per concludere la serata.
"È cambiato tutto, vero?" Chiese Evan. "Non sarà più come prima."
"Mh." Rispose Regulus, fissando il soffitto del baldacchino.
Il braccio bruciò dolorosamente.
Ma c'era qualcosa però che non era cambiata nel corso degli anni: Barty.
O meglio, era cambiato, ma era sempre lo stesso. Era cresciuto di svariati centimetri, aveva cambiato pettinatura –adesso i suoi capelli biondo cenere erano sparati in tutte le direzioni-, sulla parte esterna del suo polso destro svettava un nuovo tatuaggio che si era fatto da solo l'estate passata, con l'inchiostro del calamaio di scuola e un ago da cucito rubato alla madre.
"πῦρ, il fuoco sacro che si mangiò via la città di Troia!", spiegò, mostrandolo ai compagni. "Ne volete uno?" 
Regulus si tirò indietro: di inchiostro, ne aveva abbastanza. 
Evan si tolse la maglia, entusiasta, indicandosi il torace. "Fai una di queste robacce babbane anche a me! Te la lascio pure decidere." 
"Mentula, a caratteri cubitali, che ne dici?" 
"Sì, sì," annuì serio Evan, "quello che vuoi." 
Barty aveva alzato gli occhi al cielo, sorridendo all'amico, "Sei proprio un coglione Ev."
Alla fine optarono insieme per l'elmo di Achille, ma Barty si rivelò un tatuatore terribile e il disegno non somigliava affatto alla loro idea iniziale; non che a Evan importasse, ne era orgogliosissimo. Anche lui, come Barty, era cresciuto, ma non cambiato, pensò Regulus mentre lo guardava specchiarsi allo specchio del bagno, spettinarsi i lunghi capelli biondi e mettersi in posa per far risaltare il tatuaggio.
Gli era mancato così tanto ridere con qualcuno.
Sperò di essersi sbagliato, quell'estate. Sperò con tutto il cuore, di aver commesso un errore, che non era vero che tutto ciò che amava e che lo amava a sua volta fosse destinato a scomparire. 
E diamine, se proprio aveva ragione, che se ne andassero ora, in quel preciso momento. Che gli voltassero le spalle, che iniziassero ad odiarlo. 
Lasciatemi stare, ma continuate a vivere. Giocate a Quidditch, diventate professori, occupate una posizione noiosa, che odiate, ed assolutamente irrilevante al Ministero e continuate a vivere.
A Regulus sarebbe bastato.

Nemmeno i baci di Barty erano cambiati.
Sempre urgenti, aggressivi, rudi, da lasciarlo senza fiato. Il modo in cui lo afferrava per un braccio per trascinarlo dentro ad uno sgabuzzino, come affondava il naso tra il suo collo e la spalla, inspirando il suo odore.
"Cosa sei, un cane randagio?" Regulus lo allontanava, fingendosi scandalizzato.
"Un lupo." Rispondeva l'altro, mostrandogli la lingua e il dito medio, prima di chinarsi su di lui per mordergli la guancia.
"Sei imbarazzate." Sogghignava, abbandonandosi contro di lui.
Era diventato anche più temerario, per le loro avventure.
"Ci scoprirà qualcuno, prima o poi." Gli aveva detto Regulus, dopo che Barty lo aveva spinto contro il muro dell'aula di pozioni, finita la lezione.
"Allora lo ucciderò con le mie mani e non dovremmo più preoccuparcene." Barty tornò sulla sua bocca, rubandogli un bacio.
"E se qualcuno tornasse? Un omicidio perché un ragazzino ha scordato il libro di Pozioni ed è tornato indietro a prenderlo, un bel motivo per finire ad Azkaban." 
"Azkaban ne vale la pena." 
"Sei un pazzo."
"Lo so, per questo ti piaccio." 
Regulus scoppiò a ridere, prima di attirarlo verso di sé.

E come Regulus temeva, vennero davvero scoperti alla fine.
Era una notte particolarmente fredda. I primi fiocchi di neve stavano iniziando ad imbiancare il parco attorno ad Hogwarts, dalla capanna del guardiacaccia si levava un filo di fumo, segno che quella notte il camino era acceso. 
Con la scusa dei compiti di Astronomia da fare, si erano ritirati sulla Torre, entrambi infagottati nelle loro giacche. 
"Quello lassù sono io." Disse Regulus, indicando un puntino luminoso nella costellazione del Leone. 
"Lo so. È così per tutti? Vi chiamate come una stella?" 
"O una costellazione, come mio padre. Orione, lassù a destra." Rispose, infilando la mano nella tasca della giacca di Barty, cercando la sua. 
Le loro dita si intrecciarono immediatamente.
Anni prima, sotto lo stesso cielo, aveva avuto una conversazione simile con qualcun altro: era stata la prima volta che aveva sentito nominare il Signore Oscuro. Non avrebbe mai immaginato la piega che avrebbe preso la sua vita.
"Sempre meglio di avere lo stesso nome di qualcuno che ti odia." 
Qualche secondo di silenzio poi un bacio per cancellare l'angoscia.
E un altro. 
E un altro, ancora.
Regulus sentiva di avere la punta del naso congelata, ma non si lamentò quando Barty iniziò a sfilarsi la giaccia, facendo la stessa con la sua, per poi passare alla camicia della divisa.
Un bottone, poi un altro, con le mani arrossate e le nocche screpolate per il vento e le temperature dei giorni prima.
"Fa freddissimo." Si lamentò Regulus, quando Barty gli sfilò la camicia, sfiorandogli la pelle nuda con la punta delle dita.
"Ti riscaldo io, non fare la femminuccia." 
Come quella volta che Sirius se n'era andato, petto contro petto, Regulus sentiva il cuore di Barty battere veloce contro il suo, mentre lo attirava verso di sé in un goffo e infreddolito abbraccio. 
Fece passare le mani tra i suoi capelli, appesantiti dal gel, giù per la nuca, per poi arpionargli la schiena quando Barty si chinò a mordergli il collo. 
"Reggie?" 
Barty si spinse via da solo, allontanandosi così velocemente da Regulus come fosse stato trascinato via da una forza invisibile, appellando velocemente la propria giaccia, che usò per coprirsi.
Regulus sentì tutto il freddo di quella notte entrargli dentro le ossa, mentre davanti a lui suo fratello lo guardava corrucciato.
Il suo amico, Remus Lupin, cercava di trascinarlo via, tirandolo per la manica del maglione, senza ottenere alcun risultato, "Andiamo, Felpato, dovevamo chiedere la Mappa a Codaliscia, okay? Andiamo, è stata colpa nostra.", gli mormorava all'orecchio, parole che per Regulus non avevano alcun significato. 
Intanto Sirius continuava a fissare Regulus, il respiro pesante ed il volto esangue, senza degnare Barty di uno sguardo. 
"Cosa hai sul braccio?" Mormorò infine.
Anche Lupin si bloccò, notando solo in quel momento il Marchio sul corpo di Regulus. 
E lui non rispose, portandosi il braccio incriminato contro al petto. 
"Vattene, Black." Era Barty questa volta a parlare, puntando la bacchetta contro suo fratello.
"Felpato, andiamo." Insisté Lupin.
Il tempo sembrava essersi fermato, mentre i fratelli Black si scambiavano un'ultima occhiata. Sirius lo guardava come se non l'avesse mai visto prima, e Regulus cercava di non abbassare lo sguardo per primo. 
"Non lo ripeterò un'altra volta." Sputò fuori Barty, a denti stretti, tremando di rabbia.
Non aveva mai visto Sirius così... deluso.
Come se avesse perso ogni briciolo di speranza che ancora covava nei suoi confronti.
E in quel momento, Regulus seppe che non c'era più la possibilità di tornare indietro.
"Andiamo, Lunastorta." Prese per mano il suo amico, dando loro la schiena e andandosene dalla torre di Astronomia.
Barty si lasciò cadere a terra, abbandonando la testa tra le mani.
"Dirà a tutti di noi, Reg. È un casino." 
"No, non lo farà." Con mani tremanti, raccolse la camicia che era finita a terra, umida per il freddo. 
Se la infilò velocemente, senza fare caso a come le sue mani faticassero ad allacciare ogni singolo bottone. 
"Cosa ne sai? Ti odia. Pensi che non colga l'occasione per fare uno dei suoi dannati scherzi?" 
"Sei uno stronzo, Bart. Sei veramente uno stronzo."
Buttandosi velocemente sulle spalle la giacca, se ne andò anche lui, scendendo le scale due gradini alla volta. 
Non si accorse neanche della velocità con cui attraversò la scuola, per tornare nei sotterranei. Cosa ne sapeva, Barty? Cosa voleva saperne, di lui, di suo fratello, di tutto il resto? Ti odia. 
La semplicità con cui l'aveva detto. 
Era quello che sapevano tutti? Era così, che ad occhi esterni, si presentava il loro rapporto? 
Si chiuse la porta del dormitorio alle spalle, sbattendola. 
"Avete già finito i compiti?" Chiese Evan con voce impastata, probabilmente svegliato dalla confusione che aveva fatto Regulus.
"Torna a dormire." Rispose.
Evan non se lo fece ripetere due volte.

Quella mattina a colazione Barty si presentò al tavolo dei Serpeverde con due occhiaie profonde e il naso arrossato. 
"Devi parlargli." Disse a Regulus, prendendo posto accanto ad Evan. Si riempì il piatto di salsicce e uova, senza però osare guardarlo in faccia.
Mentre Evan chiedeva "A chi?" Regulus gli scoppiò a ridere in faccia, "Ah sì? Sennò? Fallo tu che se ci tieni tanto." 
Si alzò, lasciando il suo piatto ancora pieno di cibo e il compito di spiegare ad Evan cosa fosse successo a Barty.
Provò ad avvicinarsi a lui anche durante l'ora di Cura delle Creature Magiche, tenendo in braccio il suo Vermicolo, "Reg, per favore." 
"Bla bla bla. Dov'è finita tutta la tua arroganza? Non dicevi saresti finito ad Azkaban?" 
Barty se ne andò, ferito. Nemmeno Regulus seppe dire come mai era stato così cattivo con lui. 

Lo stesso successe a Divinazione, ma l'approcciò fu totalmente diverso.
"Regulus, mi stai facendo stancare." Barty lo afferrò per il braccio sinistro, premendo forte sul Marchio. 
Una scarica di dolore gli attraversò ogni nervo del corpo, facendo trasalire Regulus. "Piano." Disse, a denti stretti, tirando via il braccio dalla sua presa. Si girò verso il resto della classe, ma nessuno sembrava aver notato il loro teatrino: erano tutti occupati a sentire Sibilla dei Corvonero annunciare la morte della loro vecchia professoressa, che sarebbe avvenuta di lì a qualche anno, "Io prenderò il suo posto, ovviamente, non si preoccupi!" la sentì cinguettare, mentre la vecchia faceva il segno della croce. 
"Scusa." Portò le mani lontane da lui, posandosele sulle ginocchia. "Reg, mi dispiace. Non so che rapporto abbiate tu e Sirius, ma devi parlargli. Per me. Non può dirlo a nessuno, e neanche Lupin." 
Lo guardava triste, mordendosi il labbro per il nervosismo. "Se mio padre lo scopre, mi ammazza. Non scherzo, mi ammazza." 
Regulus sospirò, e tutta la rabbia si dissolse. Conosceva bene quella sensazione. 
"Va bene. Dopo pranzo." 
Barty gli sorrise, le spalle che sembravano perdere il peso che stavano trasportando. "Grazie Reg."
Aspettò un poco, prima di aggiungere. "Ti voglio bene. Davvero. Non so perché non te lo dico mai." 
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Incontrò Sirius vicino al Platano Picchiatore, assieme al resto dei Malandrini. 
Le scarpe gli affondavano nella neve, bagnandoli i calzini, sentiva freddo e non vedeva l'ora di andarsene in Sala Comune per studiare. 
"Era necessario portarti la scorta, Sirius?" 
"Quello che puoi dire a me, puoi dire anche a loro." 
Regulus alzò gli occhi al cielo," Tipico dei Grifondoro non farsi mai i cavoli loro, no?" 
"Volevi chiederci qualcosa?" Chiese gentile James, prima che Sirius potesse aprire bocca per ribattere. Aveva il naso e le guancie spellate per il freddo, gli occhiali appannati poggiati sulla testa.
C'era stato un periodo in cui il suo cuore si sarebbe fatto largo sprofondando tra le sue viscere, sotto lo sguardo degli occhi nocciola di James. 
Non quel giorno. Non più.
Lupin e Minus, al loro fianco, osservavano la scena. Il primo che si mordeva le unghie, agitato, l'altro con una scintilla di curiosità negli occhi che fece innervosire Regulus. 
"Non devi dirlo a nessuno." Sbuffò alla fine.
Sirius fece un passo avanti, verso di lui, "Sennò? Non puoi dirmi che quei dementi dei tuoi amici non lo sanno e poi non-" 
"No, non parlo del Marchio. Dillo a tutti quello, non mi importa. Non dovete dire nulla di Barty." 
Sirius strinse i pugni, mentre iniziava a colorarsi di rosso. "Non avrei detto nulla di quello che c'è tra te e Crouch."
"Meglio così." Fece per voltarsi, ma fu richiamato dalla voce di Sirius.
"Sei con lui quindi? È ufficiale?" Un altro passo avanti, verso di lui. "Non hai alcun rimorso, Reggie?" 
Li aveva avuti. Ma non c'era più motivo adesso per piangersi addosso.
"No." 
Se ne andò, lasciando i Malandrini sotto al Platano. 
Era una bella giornata d'inverno, il sole brillava e scioglieva il freddo annidato tra le ossa. La neve scrocchiava sotto le sue scarpe ed era così splendente da ferire gli occhi.

Tornò nella Sala Comune, Barty appena lo vide si alzò dalla poltroncina, andandogli incontro. "Beh? Tutto sistemato?", giocherellava nervoso con l'orlo del maglione, mentre gli rivolgeva uno sguardo preoccupato.
Regulus ebbe voglia di baciarlo, lì e subito. Di prendergli il volto tra le mani e schioccarli un bacio sulla fronte. E se fosse stato una ragazza, probabilmente lo avrebbe fatto.
"Sì." 
Lo superò limitandosi ad una pacca sulla spalla, lasciandosi poi cadere sulla poltrona che aveva precedentemente occupato, sedendosi di fronte ad Evan.
"A cosa giocate?" 
"Gobbiglie." 
"Passa, prendo il posto di Barty." 
"Non puoi rubare le Gobbiglie altrui in questo modo!" Si intromise Barty, sedendosi sul bracciolo, di fianco a lui.
"Ma se è letteralmente lo scopo principale del gioco." 
Evan tirò, e la biglia di Regulus spruzzò un po' di liquido puzzolente, sporcandoli tutti e tre. 
"Hai capito cosa intendevo!" Rispose Barty stizzito, spingendolo con una manata sul fianco.
Risero tutti e tre, continuando a giocare finché non venne ora di cena.
Hogwarts aveva deciso di essere dolce con lui, quel giorno.

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