Anticipazioni

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La puzza di merda in quello squallido vicolo era insopportabile.

L'uomo arricciò il naso fino a sentire onde di rughe addensarsi nel triangolo di pelle tra gli occhi e la fronte, serrò le labbra per ridurre allo stretto indispensabile l'azione dei propri sensi e accelerò il passo, già frettoloso, trasformandolo in una marcia.

Nonostante il sole fosse tramontato da circa un'ora, la calura estiva permeava ancora i muri ed enfatizzava gli olezzi, invitando i miserabili che abitavano i bassifondi ad aprire le finestre e condividere le loro voci gracchianti e lamentose.

C'erano solo due cose che l'uomo disprezzava più di Londra: la prima fluttuava placida nei cieli sopra la città, invisibile agli occhi del mondo di sotto ma non ai suoi, che di tanto in tanto si levavano come per darle fuoco con la sola forza di volontà. La seconda, invece, era esattamente il motivo per cui si trovava lì.

Il suo errare spazientito e furioso lo condusse a una locanda dall'insegna sbilenca, che pareva pronta a calare come una ghigliottina sulla testa di un malcapitato alla prima folata di vento. L'uomo spalancò la porta e la puzza di merda fu sostituita da un letale mix di alcool, muffa, tabacco e persino urina. A ripensarci, fuori non si stava così male.

Gli occhi di decine di uomini gli furono addosso come se a entrare fosse stato il re. Egli fece scorrere lo sguardo insofferente su ciascuno di quegli scarti della società e avanzi di galera, fino a individuare colui che lo stava aspettando.

Si inserì nella folla di sciagurati con naturalezza e ben presto nessuno fu più interessato al nuovo arrivato, se non il soggetto con cui si ritrovò a dividere il tavolo. Era sozzo, con la folta barba incrostata e gli angoli della bocca sporchi di residui di qualcosa, forse una zuppa scadente. Al posto dell'occhio sinistro sfoggiava una benda nera, circondata dalle piaghe di un'ustione curata male.

Pareva di ritorno dall'inferno, e in un certo senso lo era.

«Sei Yates?» si informò, ricavandone un brusco cenno d'assenso. «Quindi mi sai dire cos'è successo ad Alcor East?»

Yates emise una risata dall'odore rivoltante. «Che domanda del cazzo.» disse, indicandosi la parte di volto rovinata.

L'uomo fece schioccare la lingua contro il palato: finalmente. Si sporse verso il centro del tavolo, accorciando le distanze con ciò che rimaneva di uno spazzino dell'Overworld ormai ridotto a fare affari con un pathos.

«Voglio tutte le informazioni che puoi darmi su Victoir Evans, il cacciatore della Black Court.»

***

Le dita della fear sidhe lambirono la superficie dell'acqua, ma, come accadeva ogni volta che cercava di superare quella soglia, fu come toccare una parete di vetro.

Con un sospiro ritirò la mano e la strinse al morbido petto, tornando ad accarezzare con gli occhi dorati il panorama sotto di sé. Da quel luogo, il punto più alto del Sidh, la vista sulla città sommersa era semplicemente incantevole: le colonie in festa si crogiolavano nella spensieratezza di una vita immortale, grate agli antenati per aver rinchiuso la loro razza in una gabbia dorata fuori dal mondo.

A lei però una vita immortale in una gabbia dorata non bastava.

Lei non desiderava essere prigioniera del mare fino alla fine dei tempi.

Un sorriso malinconico le addolcì il viso giovanissimo: presto il futuro che era stato predetto sarebbe giunto come l'alta marea, lento ma inarrestabile. Presto sarebbe arrivato.

«Colui che compirà il mio destino.» sussurrò, levando lo sguardo dal bagliore freddo del Sidh verso la luce per lei irraggiungibile. «Ti aspetto.»

Fin.


Grazie per aver letto ADIAPHORA, primo episodio dell'Antologia dell'Overworld! È stata un'avventura lunga ed emozionante, che non potrei essere più felice di aver intrapreso. Spero che questa storia vi abbia lasciato qualcosa e che continuerete a seguire Victoir nel suo viaggio.

Prossimamente nell'Antologia dell'Overworld:

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