Novella V: Il Contadino Colto

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"Sai che è il karma?"
"Si mette tra i denti?"
"No! Non esser gaudente!"

E qui, Ubaldo fece segno altero, come per prendersi burla di Egidio.

"Da dove ti vengon 'ste parole? Te le suggerisce l'aratro?"
"E quindi, che è 'sto camma?" proseguì Ubaldo.

"Li conosci, gli indiani?"
"Mai visto uno!"

"Un indiano, ho incontrato" proseguì Egidio
" hanno una religione strana. Si vestono tutti colorati, sgargianti. Ero al porto, sul molo. Questo esce, e mi saluta. Fumava un sigaro particolare. Sembrava brillo. Mi racconta 'sto karma. Come sa la nostra lingua, io non lo so. Ebbene, mi racconta che il karma è un fenomeno mistico. È quello che ti ritorna, dalle tue azioni. Pensa che roba!"

"Non capisco!" obiettò Ubaldo "Che vai dicendo?"
"Ti faccio un esempio." rispose Egidio.

"Ricordi quei tre mascalzoni, che tiravano pietre e cocci ai piccioni? Beh, ne hanno uccisi uno ciascuno. Oltre a quello, facevano troppa baldoria nei bordelli. Così, Don Calò ha pensato bene di toglierseli di dosso. Capisci, ora? Tre furfanti hanno ammazzato tre piccioni, e sono stati a loro volta accoppati. Questo è il karma."

"Va bene; però non ficcarci dentro il nostro amato Don Calò!" gridò Ubaldo.
"Questo nostro amato Don Calò, è un furfante; uno di quei ladri, quei grandi ladri capaci di rubare bestiame e rivenderlo al nostro re!"

Seguì una raffica di insulti.
"Furfante!"
"Traditore!"
"Bandito!"
"Bigotto!"

Qui, Ubaldo, ovviamente, diede un coppino sulla nuca di Egidio. "Non infangare il nome del nostro benefattore, il nostro caro e amato Don Calò!" pronunciò esso nel compiere l'azione.

"Oh, caspita! Che mi è successo! Ho osato insultare Don Calò! Che Dio mi perdoni! Ho peccato!" urlò Egidio, e si ripigliò con un po' d'acqua in un trogolo lì vicino. Poi, i due contadini proseguirono la loro passeggiata.

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