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Il suono dell'auto che percorreva la strada ad un certa velocità lo rilassava ogni volta, soprattutto quando quelli che doveva fare erano dei lunghi viaggi. Per molte persone quel suono poteva risultare fastidioso, ma l'auto nuova del padre emetteva dei suoni bassi e piacevoli che al ragazzo non dispiacevano affatto. Ormai era abituato ai continui spostamenti della sua famiglia e – anche se per motivi a lui spiacevoli – era obbligato a lasciare il luogo in cui viveva per trasferirsi da un'altra parte. Per lui non era di certo facile, ma quando qualcosa andava male nella sua vecchia scuola, voleva andare via e scappare, non solo da lì, ma anche dalla città.
Il ragazzo dai capelli castani appoggiò il gomito allo sportello, il viso sul palmo della mano e iniziò a fissare fuori dal finestrino immerso – come al solito – nei suoi pensieri. Guardò la strada sfrecciare velocemente davanti a se, riuscendo a malapena a mettere a fuoco gli alberi che vi erano lungo di essa. Il cielo era di un azzurro intenso, ricoperto solo da qualche nuvola bianca sparsa qua e là. La giornata era particolarmente bella e soleggiata, e i raggi del sole illuminavano la sua carnagione candida, regalandogli una piacevole sensazione di calore. Era una di quelle giornate che a lui piaceva particolarmente. Non amava le stagioni fredde, dove il sole smetteva di illuminare le strade già alle cinque del pomeriggio e dove il buio prendeva il sopravvento, riuscendo in qualche modo a farlo sentire a disagio. Erano quelli i momenti in cui il terrore prendeva il sopravvento in lui, lasciando che il suo corpo tremasse ad ogni rumore e dove le sue più grandi paure venissero a galla riportandolo nell'oscurità. Era un vero e proprio incubo per il ragazzo vivere costantemente nella paura e sperava che un giorno quella paura sparisse per sempre dalla sua vita e che potesse finalmente tornare ad essere il ragazzo allegro e spensierato che era una volta.

Jeon Jungkook aveva sedici anni, era nato e cresciuto a Busan insieme alla sua famiglia: composta solo da lui e i suoi genitori. Non aveva fratelli, né sorelle, ma fin da piccolo ne aveva sempre desiderato uno. Ricordava ancora quando da piccolo portava sempre qualcosa da mangiare a sua madre, perché – a detta sua – doveva far in modo che la sua pancia crescesse e il fratellino nascesse. Se pensava ancora a quei momenti, dove la sua unica preoccupazione fosse un ginocchio sbucciato, provava un forte senso di nostalgia. Se Jungkook poteva scegliere di tornare indietro a quando era solo un bambino, l'avrebbe fatto senza pensarci due volte. Ma il periodo in cui desiderava un fratello, era già finito da un pezzo. Fu proprio quando le cose nella sua vita andarono a rotoli che il pensiero di una famiglia allargata fu messo da parte. Adesso non gli dispiaceva essere figlio unico, non voleva che suo fratello venisse alla luce in un modo pieno di persone inaffidabili, un mondo dove le persone riuscivano in qualche modo a ferirti. Forse per lui era troppo da sopportare, forse qualcun altro al suo posto avrebbe reagito diversamente, ma per Jungkook l'ultimo anno fu un vero e proprio incubo e mai al mondo avrebbe augurato ad altre persone di vivere quello che aveva vissuto lui.

Si trovava ancora una volta in macchina con i suoi genitori, per trasferirsi per la seconda volta – nel giro di pochi mesi – in una nuova città. Questa volta la sua destinazione era Seoul, quindi nuova città, nuova casa e nuova scuola. Jungkook odiava i cambiamenti, soprattutto quando riguardavano l'ambito scolastico. Per lui non era facile fare amicizia, non si fidava delle persone e ambientarsi gli risultava veramente difficile. Alcune volte desiderava poter studiare a casa, non avere a che fare con la gente e col mondo esterno, ma ovviamente i suoi genitori non erano d'accordo. Volevano che il proprio figlio riuscisse finalmente ad aprirsi e trovare degli amici che tenessero veramente a lui.

Erano in macchina da soli dieci minuti e i suoi genitori stavano già discutendo e, mentre suo padre teneva gli occhi sulla strada, sua madre muoveva freneticamente le mani, parlando così velocemente che per il giovane ragazzo fu difficile stargli dietro. Non che a lui importasse qualcosa a dir la verità. Non gli piaceva sentire i suoi discutere, soprattutto quando il loro argomento principale fosse proprio lui. Portò una mano all'interno della tasca della sua enorme felpa nera, prese le AirPods e le mise alle orecchie, facendo partire la sua playlist preferita e portando il volume al massimo affinché non sentisse più nulla. Da sempre la musica era la sua ancora di salvezza, il suo luogo sicuro, l'unica cosa che riusciva ad isolarlo dal resto del mondo facendogli dimenticare ogni cosa. Senza di essa probabilmente sarebbe crollato già da un pezzo.
Continuò ad osservare i suoi genitori discutere e non riusciva davvero a comprendere come suo padre potesse sopportare le continue lamentele di sua madre. Sospirò e ritornò a guardare la strada davanti a se e si lasciò trasportare dalla musica fin quando i suoi occhi non si chiusero per la troppa stanchezza e si addormentò.

Don't touch me ~ TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora