Nicole

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Hai detto: "Impara a vivere da solo" (No, no, no)

Ma solo ci sapevo stare

La mia solitudine era un mondo magico

Che io ti volevo mostrare

Nonono – Pinguini tattici nucleari



È Maggio, il mese della fioritura, ma anche il mese in cui comincia a fare caldo, così mi ritrovo costretta a tirar fuori dal mio armadio in cantina tutte le t-shirt a maniche corte, gonnelline con stampi floreali e giubbini di jeans o cotone. In un attimo tra le mani porto un enorme carrellata di vestiti, che dovrò sistemare con calma nella mia cabina armadio di sopra, questa sera magari, visto che i miei sono già in macchina che mi aspettano. Lancio i vestiti sul letto e tiro fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni il mio smartphone, digitando velocemente sulla tastiera un messaggio a Emanuele, il mio ragazzo.

Sirena: Oggi ho un impegno, i miei praticamente mi hanno costretta ad andare con loro in un pranzo parrocchiale, sai quanto ci tengono, non posso rifiutare, ci vediamo domani.

Afferro il primo giubbotto in denim che trovo e lo appoggio sulle spalle. Poi in un nanosecondo scendo le scale per raggiungere i miei genitori.

"Pronta? Ti aspettiamo da almeno mezz'ora" Si volta mia madre dandomi un'occhiata veloce.

"Signorina Agnese, non sia irriverente, le ricordo che la contessa di Fiorbato si fa sempre attendere. E ogni attesa è un piacere" rispondo con un tono di voce burocratico.

"Mi scusi contessa, è sempre un piacere aspettarla"

Mio padre in tutta risposta mi guarda dallo specchietto retrovisore interno e mi sorride. Accelera e in meno di cinque minuti ci ritroviamo di fronte la grande figura architettonica della chiesa, il salone accanto era già pieno di gente.

Il cellulare vibra, controllo velocemente lo schermo, ma sarebbe stato meglio non farlo. Emanuele è asfissiante ultimamente, vuole stare quasi ogni giorno con me, mi soffoca con le sue paranoie, stiamo insieme da circa un anno e mezzo, ma non so per quale motivo siamo ancora una coppia, in quanto non c'è più nessun legame o sintonia fra noi.

Emanuele: Non possiamo vederci nemmeno stasera? Pensavo di mancarti, ma evidentemente sto passando in secondo piano...

Digito nuovamente la tastiera per rispondere al suo messaggio, sento il bisogno di respirare.

Sirena: Smettila con queste supposizioni, ti ricordo che ci siamo visti ieri e ho bisogno dei miei spazi, lo sai, ne abbiamo parlato. Stasera esco con Maria, adesso non posso più risponderti, siamo arrivati."

Era abbastanza evidente che non andavo più d'accordo con Emanuele, i miei sentimenti sono scesi da quando capì che non riusciva a prendere posizione in una discussione, non mi difendeva mai quando ne avevo bisogno, si faceva trattare dalla madre come un bambino, e infine non gli andava mai di uscire, era tutto decisamente troppo. Emanuele è carino, dolcissimo e gli voglio un gran bene, ma abbiamo sedici anni, sono gli anni in cui si fanno le migliori pazzie... Ma lui è bloccato nel suo loop quotidiano, e a me non va di aspettare che si sblocchi; perciò, quello che devo fare lo faccio anche senza di lui.

"Sirena, scendi o no?" Mi interrompe mio padre dai pensieri.

Apro lo sportello e mi precipito fuori dall'auto, dopo vari minuti cominciamo a prendere i piatti di plastica e a riempirli come volevamo. C'era di tutto e di più, dal timballo di riso ai sandwich club.

"Mamma credo che se dovessi ingerire ancora altro cibo potrei vomitare e non fermarmi più"

"Sirena non essere drammatica, stanno per arrivare i dolci, so che sono il tuo punto debole"- "ah, eccoli qui" indica mia madre il tavolo dove stavano appoggiando delicatamente biscotti alle mandorle, genovesi alla crema, torte al cioccolato e ciliegie, tutto aveva un aspetto delizioso e il tavolo sembrava infinito.

Dentro ad ogni erroreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora