-Solo gesti numerici (A)

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Pitagora un grande filosofo e matematico ci illustra come i numeri secondo lui fossero i pilastri dell'intero cosmo, che fossero loro a regolare le leggi del mondo.

Il tutto era comandato da una struttura matematica ordinata e regolare come se fosse una griglia prestabilita, non c'era destino casuale ma solo una certezza numerica.

Eppure nonostante vedessi ovunque operazioni razionali, in te non riuscivo a non cercare qualcosa che fosse fuori dall'ordinario.
Mi hai incasinato lo sai ?

Amelie 🌙

Per me tutto o era bianco o era nero, non c'era una via di mezzo. La razionalità era l'unica lingua che conoscevo, avevo nascosto i sentimenti e racchiusi con un sigillo. Avevo preso una decisione: spegnere completamente quella parte del cervello che controllava le emozioni. L'ippocampo è una struttura celebrale che contribuisce alla memoria breve e a lungo termine, inoltre controllando i ricordi, di conseguenza, controlli anche le sensazioni che ti si riversano addosso. Beh, io l'avevo messa in pausa, e sono diventata quella che controlla e comanda i fili del mio cervello, oramai non mi lasciavo condizionare dalla fragilità dell'interno, ma solo da ciò che mi dava forza o mi spronava. Riuscivo a studiare l'esterno per procedere tramite i cavi interni, sempre utilizzando un perfetto calcolo matematico. I numeri non erano altro che logica, le persone, le azioni, le emozioni stesse erano semplicemente formule chimiche, e quello che mi attirava di più era scoprire di cosa fossero fatte e come agiscano.

Ero sempre stata così, i miei genitori mi chiamavano "piccolo cubetto di ghiaccio", ma loro stessi pretendevano sempre il meglio, la perfezione. Ed è ciò che ricercavo io, odiavo le sbavature di colore, odiavo tutto ciò che usciva dai bordi che non era perfettamente logico. Ecco perché la matematica si conciliava con la mia mente, lì le cose non potevano variare, erano sempre le stesse grazie alle leggi della fisica.

«Roxanne, dobbiamo studiare un piano»affermo prima di chiudere la porta dietro di noi, Rox riporta lo sguardo serio su di me, i suoi occhi castani saettano sul mio viso.

«Si sì lo so, non ti preoccupare» irrigidisce leggermente la testa e le si muovono delicatamente i capelli afro, la chioma freme e i riccioli ondeggiano tenui su e giù. Arriva una folata di vento da una vetrata aperta del corridoio e si scaraventa sui nostri corpi, facendomi venire i brividi.

«Sul serio» ora sono io a guardarla con attenzione e dal mio tono le faccio intuire un rimprovero, lei fa una smorfia con le labbra carnose dipinte da un rosso acceso quasi accecante. Strizzo le palpebre per il troppo sonno, ieri ho fatto nottata perché la mente frullava come un uragano.

«Stai tranquilla, io mi avvicinerò a Isabel» mi porge la mano e gliela stringo in una presa ferrea, ci sorridiamo a vicenda e i denti vanno a contrasto con il rossetto e la pelle scura come il cioccolato.

«Niente colpi di testa, deve andare tutto liscio» sollevo il mento in un gesto severo e le ribadisco il concetto. Deve andare tutto bene.
Deve andare tutto bene. Mi ripeto quasi all'infinito, devo stare attenta ad ogni dettaglio e non farmi fregare, sennò poi chi li sente i miei genitori? Non devo deluderli come l'ultima volta...

«Inoltre, stai attenta, dicono che sia un po' psicopatica» riporto le dita delle mani sulle tempie e le rigiro come a farle capire quanto fosse pazza quella ragazza. Non ha una bella reputazione, però è il suo compito, come io ho il mio.

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