12. Danno d'immagine

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Sentì un'esclamazione in francese che suonava tanto come un'imprecazione articolata, una mano di Mathis gli afferrò il polso e lo tirò indietro.

Un troll camminava a passo pesante per la vegetazione, trascinando la pesante clava che scavava un solco sul terreno.

«Questi sono fuori di testa!» esclamò Fabian, che indietreggiò per avvicinarsi a lui. La mano non lo lasciò, sino a che il troll, visti i ragazzi davanti a lui, non sollevò il bastone e lo fece collassare sul terreno nel punto in cui il momento prima c'erano stati loro due.

Fabian si ritrovò a terra, si era gettato da un lato per puro istinto di autoconservazione, i battiti impazziti e le ginocchia doloranti.

Rotolò su un fianco l'istante prima che la clava si abbattesse ancora nella sua direzione, il cuore in gola, cercando a tentoni con le mani la bacchetta che aveva in tasca, col terrore che si fosse spezzata.

Il troll caricò un altro colpo, lui lo fissò con gli occhi strabuzzati e increduli, paralizzato dalla paura.

D'un tratto ricordò di Mathis, chissà se era rimasto ferito, chissà se era riuscito a svignarsela, il pensiero gli diede forza nelle gambe e saltò in piedi. Doveva assicurarsi stesse bene, e doveva farlo subito. Si preparò a schivare l'ennesimo colpo, quando sentì un sibilo che non capì. La clava del troll si tramutò in un mazzolino di fiori che lo lasciò col pugno a mezz'aria, instupidito.

«Scappiamo, prima che capisca che le sue manate sono comunque più forti di noi» intimò Mathis. Fabian si affacciò dietro il corpo gigantesco e lo vide. Aveva le vesti sgualcite, era sporco di terra ma era vivo… e aveva anche appena salvato la situazione.

«Scappiamo» convenne, l’adrenalina che lo portò a correre più veloce che poteva nel fitto della foresta, seguito da un arrancante compagno.

La potenza del ruggito infuriato del troll portò gli alberi a piegarsi verso terra, e il suolo tremò ancora sotto i loro piedi mentre la bestia saltava dalla stizza per aver perso la sua arma.

Fabian corse col fiato mozzo e il petto dolorante, ma si fermò solo perché si accorse che Mathis aveva rallentato ed era piegato su un fianco, se lo teneva e continuava ad ansimare.

«Che hai? Sei ferito? Ti ha colpito?»

«No» gracchiò, la voce roca dallo sforzo. «Senza scopa non sono tanto veloce. Tu continua ad andare, se vuoi, anche se credo che l'abbiamo seminato.»

Fabian aggrottò la fronte. Separarsi da lui, nel bel mezzo della foresta? Ritrovarsi da solo? Lasciarlo da solo? Soprattutto, rinunciare volontariamente alla sua compagnia? Quell'invito non meritava nemmeno una risposta.

«Andiamo con calma, ma continuiamo a camminare. Non vorrei restare indietro.»

«Hai ragione, ce la faccio. Ce la faccio.»

Fabian era convinto che non avrebbe vinto. Lo sapeva, ne era assolutamente certo. Magari Jones li avrebbe sorpresi e avrebbe soffiato loro il premio, altrimenti lui e Mathis avrebbero trovato il boccino e il ragazzo francese l'avrebbe acchiappato prima di lui.

Tutti quei galeoni del montepremi gli avrebbero fatto comodo, molto. Avrebbe risolto tantissimi dei suoi problemi, uno su tutti come sopravvivere dopo il diploma da mago. La sua vita fuori da Durmstrang era una grande incognita, e non aveva ancora idea di come inserirsi in società senza niente con cui farlo.

Eppure, non riuscì a essere risentito dalla sua imminente sconfitta. Prese quella prova come una briciola di tempo da passare con il suo Mathis, era già un regalo che non meritava.

Fu per questo che, piano piano, acquistò di nuovo la sua fiducia. Fu per questo che si godette il momento, che si azzardò a passargli una mano intorno alle spalle, che quasi fece le fusa quando lo sentì scaricare il suo peso.

Figlio della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora