2. Treno

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La mattina successiva alla sua fuga fu svegliato da un sinistro rumore di foglie secche calpestate, a pochi metri dalla panchina su cui era disteso. La sera prima quel piccolo parco gli era sembrato un buon posto per riposarsi e far passare la notte ma al risveglio, come svaniscono i sogni, spesso svaniscono anche le buone idee, che alla luce del giorno non sembrano più così tanto buone. E l'intuizione di dormire lì non faceva eccezione. Anche dopo aver stabilito che quel rumore veniva con ogni probabilità dalle zampette di qualche piccolo animale, come uno scoiattolo, un topo o un gatto randagio, Alex si mise comunque a sedere, i nervi tesi e lo sguardo attento a ciò che lo circondava. Non era ancora ufficialmente un ricercato, non dai militari almeno, però non escludeva che la sua famiglia si fosse messa sulle sue tracce al fine di trovarlo e farlo tornare sui suoi passi.

Sì, la cosa più schifosa, più del freddo, dei muscoli doloranti per aver dormito su due assi di legno inchiodate insieme, della fame, della sensazione di umido fin dentro le ossa, era il fatto che a cercarlo, per ora, potessero essere solo i suoi familiari, e non per il suo bene. A parte loro non aveva lasciato nessuno di così importante. Era sempre andato d'accordo con i compagni, ma senza mai legare particolarmente con nessuno, aveva avuto qualche flirt con delle ragazze, ma lui non si era mai innamorato e di sicuro nessuna si era innamorata di lui. Non aveva amici in senso stretto, né qualcuno di cui avrebbe sentito la mancanza nella sua nuova vita o qualcuno a cui sarebbe mancato. Ma quanto gli faceva male lasciare suo fratello e le sue sorelle, soprattutto Sara! Non riusciva a fare a meno di pensare che nel giro di un paio d'anni sarebbe toccato a lei scoprire cosa avesse in serbo il suo destino. E se fino a quel momento tutti in famiglia avevano dato per scontato che sarebbero stati sempre felici e soddisfatti, ciò che era successo a lui rimetteva tutto in discussione.

Però, pensò, forse per lei sarà più facile. Lei era nata dalla parte giusta. Inoltre, era raro che il marchio cambiasse dopo una certa età; eppure, era in quella eventualità che avevano sperato tutti fino all'ultimo, per lui. Quanto erano stati ingenui a dare per scontato che a nessuno di loro sarebbe mai capitata la sorte del marchio nero! Si erano adagiati sul "finora in questa famiglia non è mai successo", finché non era successo davvero. E lui li odiava. Era colpa loro se si trovava in mezzo a una strada, in fuga, con uno zaino pieno di roba (sbagliata, ne era sicuro, era sempre stato un disastro a fare i bagagli, anche per i viaggi più brevi), affamato e infreddolito. Decise che avrebbe fatto di tutto per tornare entro due anni, al compleanno di sua sorella, giusto per accertarsi che andasse tutto bene. Magari, nel frattempo avrebbe scoperto come condurre una vita dignitosa da rinnegati, l'avrebbe portata con sé, non sarebbe stata sola come lo era lui in quel momento, ci sarebbe stato suo fratello per lei, il suo eroe. Improvvisamente ciò che lo aspettava, il suo futuro incerto, lo spaventava di meno. Si stava convincendo di essere una specie di precursore delle fughe, in ricognizione in un mondo ostile, con la missione di trovare un modo per vivere al di fuori del controllo dei destini. Per lei, per Sara. Doveva solo aspettare due anni e sperare... sperare che cosa? Che la sua sorellina fosse infelice e disperata quanto lui? Si vergognò subito per i suoi stessi pensieri, immaginando di poterli cancellare, come se avesse sbagliato a esprimere un desiderio a un'entità superiore e volesse rimangiarsi la sua parola prima che potesse realizzarsi. Deve stare bene, si disse. Devono stare tutti bene, è anche per questo che vado via.

Si alzò lentamente dalla panchina, guardandosi intorno: non aveva la minima idea di che direzione prendere, non aveva nemmeno un posto da raggiungere. Vide una coppia di ragazze poco più piccole di lui passare nella via adiacente al parco, con i loro zaini di scuola e i sorrisi insopportabilmente spensierati. Qual era la loro più grande preoccupazione? Un compito in classe in mattinata? Una cotta non corrisposta per un compagno di classe? Iniziò a odiare anche loro, esattamente come aveva odiato la sua famiglia fino a poco prima. Sentiva che presto la sua insofferenza si sarebbe estesa a tutti, a chiunque ricevesse in sorte un destino felice, a differenza sua. Ma sapeva che sarebbe stato ingiusto: tutti gli altri non avevano deciso nulla, si erano solo limitati a sperare in bene, erano solo stati più fortunati di lui. Poteva davvero odiarli per quello? No. Però doveva prendersela con qualcuno o sarebbe impazzito. Allora avrebbe disprezzato lo Stato, i tribunali, tutto quell'assurdo sistema, tutto lo stupidissimo mondo!

Fuga dal DopomondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora