-9. Inaspettato -

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24 febbraio
“Mi dispiace ma io veramente non ne so nulla.” Continuava a ripetere Albert impaziente di poter uscire da quella stanza. Era inutile che chiedessero a lui cosa fosse accaduto ad Evan, non ne aveva la più pallida idea. Ciò che gli premeva di più in quel momento era andare da Ivy e Ethel per controllare come stessero. Quell’interrogatorio era tempo perso, tempo che avrebbe potuto impiegare aiutando le due ragazze, le quali avevano realmente bisogno di lui. La prima aveva avuto la sfortuna di trovare quel povero corpo sgozzato, mentre la seconda era rimasta così turbata dalla notizia da farlo preoccupare seriamente. Certo Ethel era strana e depressa da mesi, ma quel fatto l’aveva spezzata definitivamente. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, e per lui lasciarla sola era pericoloso. Non si sarebbe mai perdonato se le fosse accaduto qualcosa, se avesse deciso di fare ciò che aveva fatto Carly, non intendeva perdere anche lei in quel modo, non poteva accadergli di nuovo.
“Sei sicuro Albert? Qualsiasi informazione potrebbe essere importante.” Lo sapeva fin troppo bene, ma realmente non aveva niente da aggiungere alle dichiarazioni fatte il giorno dopo la sparizione di Evan. No, per quanto ne sapesse lui il suo vicino non aveva nemici, aveva litigato con Francois, ma probabilmente era una sciocchezza. Non aveva notato nulla di strano l’ultima volta che lo aveva visto la notte di capodanno, e no, non sapeva perché ci fossero cinquanta mila dollari in una scatola da scarpe sotto il suo letto.
Con il tempo aveva scoperto, come tutti gli altri, della sua storia con Rebecca, del suo coinvolgimento nella rapina alla banca di Heston e del bambino che aspettava da Clarissa, ma non avrebbe potuto dire nulla di rilevante o di nuovo a riguardo.
“Mi dispiace, mi piacerebbe poter essere utile.” C’era in realtà qualcosa che avrebbe potuto aggiungere. Anche se lei non lo avrebbe mai ammesso, pensava che Ethel sapesse cosa fosse successo ad Evan, come e per mano di chi fosse finito in quel magazzino, ma non se la sentiva di coinvolgerla senza prima parlargliene. L’avrebbe convinta a confidarsi con lui o con la polizia, ma non avrebbe mai detto nulla senza il suo permesso.
Finalmente fu libero di andare e raggiungere Ivy in sala d’aspetto. Gli agenti avevano già interrogato la ragazza, ma lei non voleva tornare a casa, non prima di aver visto Andrey quantomeno. Accanto a lei si trovava Francois, evidentemente infastidito dalla cosa. Per la prima volta in vita sua Albert si trovò d’accordo con il francese. Perché Ivy continuava a farsi del male avendo a che fare con quel criminale? Non l’aveva già delusa abbastanza?
“Come stai?” Le afferrò una mano, era gelida. Era una domanda stupida da fare a qualcuno che aveva ritrovato un cadavere solo dodici ore prima, ma in quel momento non gli venne in mente nient’altro. Lei alzò le spalle tenendo lo sguardo fisso sulla porta da cui presto sarebbe uscito il maggiore indiziato. “Non credi sia meglio andare a casa ora?” Ivy si scrollò la sua mano di dosso. “Io devo sapere.” Mormorò.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata che valse più di mille parole, ed entrambi decisero di restare in silenzio. La mente di Albert cercò di concentrarsi su altro. Era stanco di pensare a quella tragedia, di riempirsi la testa di ipotesi e sospetti. Si era reso contro presto di non sapere nulla, né su Evan né sugli altri componenti del loro gruppo. Tutti nascondevano qualcosa e ogni certezza che il ragazzo aveva si era spezzata in pochi mesi.
Quando era arrivato ad Heston aveva conosciuto delle persone che in realtà non esistevano. Rebecca non era serena e dolce come pensava e aveva tradito senza troppe cerimonie la fiducia della sua migliore amica, Clarissa al contrario si era rivelata più sensibile e fragile di quanto non desse a vedere, nascosta dai suoi vestiti firmati e dalla sua finta sicurezza. Lydia, all’apparenza frivola ed ingenua, si comportava come la più spietata delle spie, Ethel nascondeva segreti apparentemente orribili e la stessa Ivy lo aveva lasciato attonito.
Come era passata dall’odiare Francois a lasciargli il suo rossetto sulle labbra nella biblioteca? E lui, che l’aveva disprezzata e maltrattata per anni, come era riuscito a cambiare idea su di lei così in fretta? Doveva per forza essersi perso qualcosa. Forse era troppo stupido o troppo distratto per rendersi conto di ciò che gli accadeva attorno, o troppo ingenuo per notare la malvagità nelle persone che lo circondavano.
11 ottobre
Ivy si sedette accanto ad Albert al loro solito tavolo. Fortunatamente il tempo era ancora abbastanza clemente da permettere loro di pranzare all’aperto. Vedendola agitata Albert le chiese cosa fosse accaduto. Come al solito Francois l’aveva importunata durante l’ora di francese e la Hollard, invece di difenderla, l’aveva cacciata dalla classe “solo” perché lei aveva risposto alle avances del ragazzo con una sberla. “Non starai iniziando a piacergli?” Ipotizzò Albert ironico. “Impossibile, ci sta provando solo per vincere una stupida scommessa fatta con Liam. Quello i sentimenti non li ha.” Rispose azzannando il suo panino con rabbia.
“No, non c’è.” Rispose prima che Albert lo chiedesse. Abbassò lo sguardo deluso. Era da giorni che Ethel non si faceva vedere, né a scuola né al bar. Aveva provato più volte a contattarla, ma lei non rispondeva mai, e stava iniziando a preoccuparsi. Mentre ragionava notò, in fondo al cortile, Francois e Rebecca intenti a litigare. Il francese afferrò la ragazza dalla pelle color caramello per un polso, cercando di far proseguire la loro discussione, ma lei riuscì a divincolarsi e corse da loro. 
Si sedette al loro stesso tavolo. Era strano vederla accanto ad Ivy, ma fortunatamente stavano iniziando a fare amicizia, basando il loro rapporto unicamente sull’odio comune verso Francois. “Di che parlate?” I due esitarono un attimo, prima che arrivasse lì stavano appunto parlando di lei e di ciò che le era appena accaduto, e non sembrava carino continuare quella conversazione in sua presenza. “Mi lamentavo di Francois, come sempre.” Rispose Ivy sorridendo. Rebecca si unì iniziando a raccontare vari aneddoti per screditarlo ma poi, cambiò improvvisamente argomento, come colta da un’epifania.
“Ad Halloween avete da fare?” Entrambi risposero negativamente e Rebecca li invitò ad una festa a casa sua a cui sarebbero andate tutte le persone più popolari della scuola. “Potete anche portare degli amici se volete.” Aggiunse cercando di camuffare il suo ghigno, ma Albert lo notò comunque. I due accettarono, anche se Ivy era un po’ spaventata dalla cosa. Non sapeva come comportarsi alle feste e aveva paura che Francois e il suo gruppo di idioti potessero farle qualche scherzo e umiliarla di fronte a tutti.
L’ora di pranzo era quasi terminata e tutti i ragazzi si stavano preparando per uscire dalla mensa e andare alle lezioni pomeridiane, ma Francois aveva deciso di tormentare Ivy e Rebecca ancora un po’. Sembrava non stancarsi mai di quei giochi fastidiosi ed infantili. Si avvicinò al loro tavolo. “Credi di tenermi lontano sedendoti insieme a questi sfigati?” Chiese con il suo solito tono strafottente. Rebecca non gli rispose e restò al suo posto, facendo segno ad Albert di tacere. Forse sperava che ignorandolo se ne andasse.
“Comunque Ivy non ti preoccupare, so che sei dispiaciuta per ciò che mi hai fatto oggi, quindi ti do la possibilità di rimediare.” Esordì appoggiandole le mani sulle spalle, impedendole di alzarsi come avrebbe voluto. Lei non reagì e continuò a sistemare le cose sul vassoio facendo finta che lui non esistesse. “Questa sera, vieni da me e pareggiamo i conti.” Continuò viscido e strisciante, per poi elencarle in modo esplicito tutti i modi in cui avrebbe potuto farsi perdonare.
“Francois, rassegnati, non riuscirai mai a convincerla a venire a letto con te.” Inaspettatamente Albert si alzò e iniziò a rispondere al ragazzo. Non poteva sopportare che lui le parlasse in quel modo e che cercasse di convincerla a farlo soltanto per vincere una stupida scommessa. Da quando era venuto a conoscenza della storia familiare della sua amica si era sentito quasi in dovere di proteggerla, come avrebbe dovuto fare un fratello maggiore o addirittura un padre.
“Cosa vuoi, sei geloso?” Francois si avvicinò a lui cercando di intimorirlo. “E’ inutile che ci provi Albert, non la darà mai ad uno come te.” Sorrise, sperando di averlo in qualche modo ferito. Evidentemente non riusciva a vedere nulla di bello in Ivy oltre al suo aspetto fisico.
“Ho comunque più possibilità di te. Chiunque le avrebbe. Non verrebbe con te nemmeno se fossi l’ultimo ragazzo sulla terra.” Rispose Albert sicuro, sapeva bene che, sebbene la disprezzasse, Francois era fisicamente attratto da Ivy, come la maggior parte dei ragazzi della scuola. Lui, evidentemente risentito, si avvicinò a lui e con un movimento rapidissimo, gli pose una mano dietro la schiena e con l’altra sferrò un pugno dritto al suo stomaco, lasciandolo poi cadere a terra in preda al dolore.
“Ma tu sei deficiente!” Urlò Rebecca che aveva osservato la scena incredula. “Io non mi lascio insultare da gente simile.” Stava per tirargli un calcio, dicendogli di alzarsi e di non essere ridicolo, ma Ivy si mise in mezzo, per cercare di difendere il suo amico. Quando Francois se la trovò davanti, le sorrise torbido, ma lei prontamente lo colpì in viso con il dorso della mano, facendolo sanguinare a causa dei suoi numerosi anelli. Il ragazzo si toccò il labbro e vedendo le sue dita sporche di sangue, afferrò la ragazza per i polsi. Attorno a loro si era formata una piccola folla di curiosi con il telefono in mano, pronti a riprendere ciò che stava per accadere senza considerare, nemmeno per un secondo, l’idea di intervenire.
Francois, dopo un attimo di riflessione, sollevò Ivy e la scaraventò a terra con foga. “Non azzardarti mai più microbo.” Le diede un calcio sulla schiena, ma la giovane si rialzò e sotto gli occhi increduli di Albert iniziò a colpire Francois. Dopo qualche attimo di tafferuglio Evan li raggiunse e si mise in mezzo, separandoli.
Venti minuti dopo, i due erano in presidenza, mentre Albert aspettava fuori da scuola con il resto del gruppo che commentava con sdegno l’episodio.
“Ultimamente Francois non è più lo stesso.” Rebecca non si faceva scappare un’occasione per parlare male di qualcuno, in particolare di lui. “Pensa che oggi ha minacciato anche me.” Helia spalancò gli occhi sorpreso, chiedendole come mai non gli avesse detto nulla. “Non volevo farti preoccupare amore.” Gli diede un bacio sulla guancia e proseguì la sua storia senza perdere altro tempo. “Mi ha afferrata per la maglia e mi ha detto che se non la smetto di trattare bene Ivy, ti dirà che io e Evan abbiamo una relazione.”
Clarissa rimase a bocca aperta. Albert le chiese perché avrebbe dovuto fare una cosa simile. “Ha detto che non posso frequentare voi e lei contemporaneamente e lo stesso vale per Evan, quindi, con questa scusa, voleva dividere il gruppo.” Albert notò uno scambio di occhiate tra lei ed Evan, ma non ci fece eccessivamente caso. Era troppo preoccupato per Ivy per accorgersi di ciò che stava accadendo sotto al suo naso.
La sua amica non era mai stata facile da controllare e a scuola tutti i professori la giudicavano una testa calda, tanto che passava la maggior parte del suo tempo fuori dalla classe o a litigare con i docenti. I suoi voti di condotta erano pessimi e quell’episodio non sarebbe certo andato a suo vantaggio. Quando i due uscirono Francois corse via senza nemmeno salutare i suoi vecchi amici, con un’espressione che faceva intuire chiaramente quale fosse stato l’esito di quel colloquio. “Allora?” Rebecca si allontanò dal suo ragazzo per poter ascoltare meglio ciò che Ivy aveva da dire.
“Allora…” Iniziò lei alzando gli occhi grigi al cielo “… la preside ha detto che è inaccettabile il modo infantile in cui io e Francois ci comportiamo, che dovremmo imparare a sanare i nostri dissapori in modo civile e a trascorrere del tempo assieme senza doverci per forza insultare o mettere le mani addosso…” “Quindi?” Chiese Albert pur sapendo che la risposta non gli sarebbe piaciuta affatto. “Quindi io e Francois, due volte a settimana, dovremmo passare due ore in biblioteca per fare l’inventario e ordinare i libri che sono stati abbandonati in magazzino per anni interi. La bibliotecaria controllerà il nostro comportamento e se dovessimo litigare verremmo entrambi sospesi o espulsi a seconda della gravità delle nostre azioni.”

24 febbraio
Albert sospirò, sapeva che quella stupida punizione non avrebbe portato a nulla di buono, ma non immaginava certo che Ivy e Francois finissero per pomiciare e trovare un cadavere. Sì, quello era davvero un finale strano, un finale inaspettato.

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