5 dicembre
Era appena finita l'ennesima noiosissima, giornata di scuola e Francois avrebbe dovuto perdere altre due ore della sua vita in una biblioteca polverosa e disordinata, insieme a una delle creature che più lo infastidiva. Ivy era in ritardo e lui fu costretto ad aspettarla. Si sedette su una delle scrivanie mangiate dai tarli, circondato dall'odore insopportabile del legno invecchiato male e della polvere di almeno vent'anni prima.
Accese il cellulare. Aveva circa dieci messaggi di diverse ragazze che flirtavano con lui, le quali cadevano letteralmente ai suoi piedi. Rimise il telefono sul tavolo, con lo schermo rivolto verso il basso. Non aveva voglia di rispondere, non gli interessava di nessuna di loro, lo annoiavano terribilmente. Sembravano pendere dalle sue labbra solo per via del suo bel faccino e dei suoi soldi.
Ogni tanto si divertiva con loro, come aveva fatto con Lydia, ma le riteneva vuote, prive di senso e superflue. Con loro non aveva alcun piacere a parlare, né a restare in silenzio. Non erano come Clarissa, lei era sempre stata diversa: era sensibile e non si faceva troppi problemi a contraddirlo o a litigare con lui. Aveva un carattere forte, un'anima dolce ed una personalità indipendente e impossibile da influenzare. Potevano chiacchierare per ore, anche del nulla più assoluto e lui non si sarebbe mai stancato di ascoltare la sua voce, di guardare i suoi grandi occhi da cerbiatta e il suo sorriso amabile. Da più giovane aveva creduto di essere innamorato di lei, ma con il tempo aveva capito. Erano come fratelli.
"Sei in ritardo." Esordì con voce aspra sentendo Ivy camminare verso di lui. Avrebbe potuto riconoscere i passi di quella ragazza d'ovunque. Indossava sempre delle scarpe altissime, con tacchi più o meno fini che ticchettavano in modo insopportabile sul pavimento. Quando attraversava i corridoi di marmo, chiunque poteva udirla dall'interno della propria classe.
Ivy gli rivolse un’occhiata omicida, senza rispondergli. Il suo profumo lo avvolse e lui si morse l’interno della guancia. Odiava l’effetto che quella ragazza aveva su di lui, quando era vicino a lei non capiva più nulla. Lo infastidiva e lo intrigava allo stesso tempo. Era sempre stato così, ma dopo la festa di Halloween, a cui lei si era presentata vestita da angelo, la situazione era peggiorata. Le era stato addosso tutta la sera, sorreggendola mentre barcollava e cercando di proteggerla dal freddo, e più lei si allontanava più lui la voleva.
Ivy continuava a tenere la bocca serrata e Francois cercava ancora di provocarla. Lei non rispondeva in alcun modo. Continuava a spolverare vecchi libri e a dividerli a seconda dell'argomento, in un'infinità di gruppi e sottogruppi. Francois invece, toglieva i vecchi tomi dagli scaffali, gettandoli senza troppa cura dentro una cesta che si trovava ai suoi piedi. Molti di essi cadevano a terra e ad ogni tonfo, Ivy lo guardava con disappunto.
Lo stava facendo di proposito, per attirare la sua attenzione, ma non stava avendo molto successo. Cercava lo scontro, nemmeno lui sapeva il perché, forse pensava che un litigio fosse un contatto migliore rispetto al nulla. Mentre fuori dalle grandi vetrate si vedeva il sole tramontare, le portò la cesta senza preoccuparsi di raccogliere i libri che aveva fatto finire sul pavimento. "Ecco a te, puoi ringraziarmi dopo se vuoi." "E quelli?" La ragazza per la prima volta dall'inizio di quel pomeriggio, fece sentire la sua voce. "Li puoi raccogliere da sola, io devo riempire un'altra cesta." Francois le sorrise, fingendosi entusiasta del suo noiosissimo lavoro e si allontanò.
Ivy rimase al suo posto, non aveva alcuna intenzione di alzarsi, riprese silenziosamente il suo lavoro mentre il ragazzo la guardava, attendendo speranzoso che si muovesse dalla sua postazione. "Tu non fai mai quello che ti dicono gli altri vero?" Mormorò dopo un po', andando lui stesso a prendere i libri dal pavimento. Li lanciò insieme a quelli che Ivy stava controllando e si sedette sul tavolo davanti a lei, impedendole di proseguire.
"Deve essere dura per i tuoi genitori. Con il carattere che hai io ti avrei già abbandonata anni fa." Rise, sperando così di provocare una qualsiasi reazione. E ci riuscì, ma non era quella sperata. Ivy impallidì e spalancò gli occhi grigi, i quali si riempirono velocemente di lacrime. “Te lo ha detto Evan?” mormorò con un fil di voce.
Francois si morse la lingua. Non avrebbe mai dovuto dire una cosa del genere, non conosceva nulla di Ivy, del suo passato e della sua famiglia. Poteva essere anche orfana, per quanto ne sapeva lui. "No no, io... io volevo solo fare una battuta, non so nulla, devi credermi." Sussurrò alzandosi e cercando in qualche modo di rimediare al suo errore. Ma quella frase non fece altro che aumentare l'ira di Ivy, che voltandosi lanciò un libro che teneva tra le mani, sfiorando la testa del ragazzo.
"Sì certo! Tu scherzi sempre, senza capire che certe cose non andrebbero mai dette!" Francois tentò di avvicinarsi per calmarla, ma lei urlò ordinandogli di starle alla larga. "Mio padre se n'è andato anni fa, mi ha abbandonata come hai detto tu...Hai indovinato Francois! Congratulazioni...Ora tu e i tuoi amici avete un motivo in più per ridere di me!" Senza aggiungere altro, o attendere una risposta dal ragazzo, Ivy uscì dalla stanza nonostante mancassero ancora venti minuti prima della fine della punizione. Francois avrebbe voluto seguirla e chiederle scusa, ma sapeva che avrebbe solo peggiorato la situazione.
Mentre ragionava su quanto fosse stato stupido e indelicato, ricevette un messaggio. Era Clarissa che gli chiedeva di correre a casa sua appena avesse finito le ore in biblioteca. Diceva che doveva parlargli di una cosa importante e che aveva bisogno di lui.
La bibliotecaria entrò allo scoccare dell'ora. Doveva essere stata fuori tutto il pomeriggio e non si era nemmeno accorta che Ivy se ne fosse andata prima. "E la signorina?" Chiese con la sua voce acida, da vecchia zitella. Francois alzò le spalle. "Se n'è andata dieci minuti fa, non stava molto bene." Si alzò dal suo posto prese lo zaino e uscì, senza nemmeno salutare la donna.
Era riuscito ad ucciderla con quelle sue stupide parole. Il loro rapporto non era mai stato brillante e aveva passato gli ultimi dieci anni della sua vita a dirle cattiverie continuamente, ma sapeva che tutti gli altri insulti l'avevano sempre scalfita superficialmente. Spesso sembrava essere una sorta di gioco. Lui le lanciava un commento acido e lei rispondeva a tono. Se le diceva di truccarsi di meno, lei il giorno dopo esagerava ancora di più e se le consigliava di cercare di integrarsi lei provava ad apparire ancora più strana. Ma quella volta era andato oltre e sapeva che non aveva possibilità di essere perdonato. Scherzare su una cosa del genere, senza sapere nulla sulla vita di una persona, poteva ferire più di un coltello in pieno petto.
Pensava che avrebbe provato piacere a distruggerla, si era sempre impegnato molto per farlo, ma vederla reagire in quel modo lo aveva inspiegabilmente destabilizzato. Si sentiva in colpa, viscido e orribile e si rese improvvisamente conto di esserlo sempre stato.
Camminava spedito verso casa di Clarissa, terribilmente preoccupato per lei. Ultimamente l'aveva vista turbata e pensierosa. La mattina entrava sempre in ritardo a lezione, appariva distratta e nervosa. Sembrava non essere in lei. Cerva di evitare il suo fidanzato e tendeva a passare la maggior parte del suo tempo da sola, a rimuginare. Francois temeva che avesse scoperto ciò che era successo tra Evan e Rebecca o che ne avesse il sospetto, e che lo avesse chiamato per chiedergli se lui ne sapesse qualcosa. Sarebbe stato ben contento di rivelarle la verità, di smascherare quei due traditori, ma non voleva far soffrire Clarissa, non avrebbe sopportato la vista di quello splendido viso sciolto dalle lacrime.
Alla porta trovò una ragazza piangente e pallida, totalmente diversa da come appariva solitamente. Senza dargli alcuna spiegazione del perché si trovasse in quello stato, gli chiese di entrare in fretta, poiché non mancava molto tempo prima che tornasse suo padre e la cosa che doveva dirgli era estremamente confidenziale. Solo lui avrebbe potuto saperlo, nessun altro.
“Aspetto un bambino.” A Francois mancò la terra sotto ai piedi. La situazione, già delicata, si stava complicando sempre di più. In quel momento sì che sarebbe stato un problema se Clarissa avesse scoperto i tradimenti di Evan. Avrebbe dovuto proteggerla in ogni modo e far sì che quello stupido ragazzo tornasse sulla retta via. “Lui lo sa?” Chiese pensieroso. Clarissa scosse la testa, facendo tremare la sua splendida chioma bionda. “Tu cerca di stare tranquilla.” Sussurrò asciugandole la guancia. “Io sarò sempre al tuo fianco.” La abbracciò e rimasero così per un po’. In quel silenzio i due sentivano l’affetto che provavano l’uno per l’altra, e finalmente la giovane smise di singhiozzare.
Quando uscì da quella casa, Francois si trovò davanti quello che aveva sempre considerato il suo migliore amico. Ormai non lo riconosceva più. Era cambiato così in fretta da fargli quasi paura. “Che ci facevi da lei?” Domandò Evan sconvolto. “Pensi di essere nella posizione di esserne geloso?” Rispose il francese di rimando.
“Lasciala in pace.” Aggiunse. “Ha già abbastanza problemi, non le servi anche tu.” Provò ad andarsene ma Evan lo seguì. “Te lo ha detto vero? Prima a te che a me…” Francois annuì. “Magari se la smettessi di fare il coglione potrebbe tornare tutto come prima.”
Non aspetto che il suo “amico” rispondesse, ma si allontanò da quella situazione appiccicosa. Aveva bisogno di tornare a casa, la testa gli stava esplodendo. Aveva già troppo a cui pensare per preoccuparsi anche di Evan e delle sue scappatelle.
25 febbraio
Si svegliò in camera di Ivy, ancora incredulo. Non pensava che si sarebbe mai trovato in una situazione simile, con la ragazza che aveva sempre maltrattato, rannicchiata tra le sue braccia. Quella notte non erano andati oltre ai baci, lui infatti non era rimasto a dormire lì per quello, ma solo per non lasciarla sola. Per Ivy era diventato difficile chiudere gli occhi senza rivedere l’immagine di quel corpo martoriato, dormire le era diventato quasi impossibile. E lui era contento di sapere che, in sua compagnia, quei pensieri l’abbandonavano, anche se per poco.
Si sentiva ancora in colpa per tutto il dolore che le aveva provocato e sperava, in quel modo, di potersi redimere, di poter meritare il suo affetto e magari, in futuro, il suo amore. “Buongiorno.” La salutò quando vide che cominciava a stropicciarsi il volto con le mani piccole e graziose. La ragazza ricambiò il saluto confusa. Probabilmente si era scordata della sua presenza. “Hai dormito bene?”
Ivy si sedette sul letto e sospirò. “Troppi pensieri.” Constatò ancora assonnata. “Ma almeno ci sei tu.”

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SECRETS
Teen FictionIl ritrovamento del corpo senza vita di Evan Murphy getta nel panico la tranquilla cittadina di Heston. Un assassino si nasconde tra loro, potrebbe essere chiunque. In questo clima di sospetto, lentamente si scopre che tutti hanno qualcosa da nasc...