-16. Un bacio -

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1 marzo
Ivy uscì velocemente da quella casa in cui veniva costantemente accolta. Si sentiva in colpa per quella sua fuga improvvisa, ma aveva resistito fin troppo a quella tentazione. Voleva parlargli, doveva parlargli. Sapeva che Francois l’avrebbe rimproverata per questa decisione, sapeva che stava solo andando a procurarsi altro dolore, ma per qualche assurda ragione provava appagamento ogni qual volta sentisse il suo cuore spezzarsi e sanguinare, come se la sua vita fosse noiosa senza sofferenza.
Entrò in centrale e dopo aver parlato con un agente, si fece condurre fino alle piccole celle dove venivano tenuti i criminali in attesa di giudizio. Erano quasi tutte vuote, eccetto due. In una, un uomo giaceva supino sulla branda senza dare segni di vita evidenti, eccetto qualche sporadico grugnito. In quella a fianco Emil dormiva a pancia all'aria mentre Andrey, si trovava seduto a terra e canticchiava una cantilena in russo.
Quando la vide si precipitò nella sua direzione, aggrappandosi alle sbarre come una scimmia che si appende alla gabbia sperando di ricevere del cibo dai visitatori. "Che ci fai qui? Pensavo non volessi vedermi mai più." Le sorrise e la sua voce era carica di speranza, ma la ragazza spezzò immediatamente il suo entusiasmo. Non era lì per una visita di cortesia. "E avevi ragione." Rispose inespressiva. "Sono venuta solo per chiederti una cosa." Lui si allontanò, togliendo le mani dalla barriera metallica che li separava. Ivy soffriva nel vederlo chiuso lì dentro e ancora di più nel trattarlo in quel modo. Ma non aveva scelta, doveva abbandonare quell’assurdo sogno da sciocca ragazzina: Andrey non era la persona adatta a lei, le avrebbe soltanto creato problemi.
“Non sono stato io.” Rispose prima che lei domandasse nulla. “Lo so, non sono qui per questo, voglio solo sapere perché a capodanno ai tentato di drogarmi.” Per quanto non potesse essere certa al cento per cento della sua innocenza il suo cuore non avrebbe mai accettato di ritenerlo colpevole. Probabilmente, nemmeno se lo avesse visto commettere quel delitto con i suoi stessi occhi ci avrebbe creduto.
"Perdonami." Guardò verso Emil per assicurarsi che stesse dormendo.  Andrey non aveva mai chiesto scusa in vita sua. Camminò verso di lui, nonostante tutto, esercitava su di lei una sorta di magnetismo. Non sapeva se fosse la voce profonda e cavernosa, gli occhi freddi e pieni di rabbia o il suo viso che sembrava scolpito nel marmo, ma qualcosa in lui la attraeva terribilmente. E a completare il quadro, il piercing sul sopracciglio e i tatuaggi che risalivano lungo il suo collo tentando di fuggire dalla maglia verde che portava, gli davano quell'aria da cattivo ragazzo a cui lei non era mai riuscita a resistere. Si avvicinò abbastanza da permettergli di afferrarle le mani. Non si ritrasse a quel contatto. Era consapevole che cedere a quell'attrazione sarebbe stato stupido e controproducente, ma non riusciva a ragionare lucidamente.
"Ma non lo so..." Sospirò guardando quel viso stupendo che aveva di fronte, quel corpo candido e morbido, che aveva stretto per così poco tempo. "Non so cosa mi passasse per la testa, volevo solo farti sciogliere, volevo fa uscire la parte più selvaggia di te." Ivy chiuse gli occhi scuotendo la testa e ritrasse una mano, lasciando l'altra ben stretta in quella di Andrey.
"La cosa più triste..." Iniziò con voce tremante. Stava per dire qualcosa di cui si sarebbe certamente pentita, ma era stanca di tenere sempre per sé i propri sentimenti e voleva che anche lui provasse lo stesso dolore, lo stresso vuoto che in quel momento attanagliava lei. Riprese a parlare tenendo lo sguardo sui suoi occhi glaciali, dopo quel giorno non li avrebbe scrutati mai più e voleva imprimerli nella sua mente. "...la cosa più triste, è che quella pasticca non serviva a nulla. Quella sera io ero lì per te, aspettavo solo che tu mi portassi lontana dagli occhi di tutti." Vide una lacrima scendere timidamente dalla palpebra socchiusa di Andrey.
“Vorrei chiederti un favore.” Mormorò il ragazzo avvicinando ancora di più il volto alla sua prigione di metallo. “Un bacio.” Ivy scosse la testa e, sfiorandogli il viso con le dita sottili e delicate, lo allontanò da lei. Sarebbe stato troppo doloroso, per entrambi, considerando ciò che stava per chiedergli.
"Andrey, promettimi una cosa." Il ragazzo, ancora deluso, annuì prontamente. Per lei avrebbe potuto fare di tutto eccetto forse, ciò che stava per chiedergli. "Quando uscirai di prigione, non venire a cercarmi." Lui restò in silenzio, indietreggiando. Con quelle parole lo aveva ucciso, lo sapeva, ma almeno aveva messo un punto a quella storia mai realmente iniziata. Ivy era determinata ad iniziare una vita nuova, a lasciarsi alle spalle tutto il disagio e il caos che si era sempre portata dietro. Se Andrey fosse mai tornato da lei, anche dopo anni, non avrebbe fatto altro che rovinare tutto.
Quando uscì, in fondo alla strada, vide Francois. Probabilmente era stato Albert a dirgli dove fosse andata. Si avvicinò a lui, già pronta a litigarci. Il ragazzo odiava Andrey più di ogni altra persona al mondo e non sopportava il fatto che lei ci parlasse ancora, ma quando lo raggiunse, lui non fece altro che abbracciarla, accarezzandole i morbidi capelli corvini.
Ivy sorrise, annegando nel suo profumo, e chiedendosi come avesse fatto ad arrivare a quel punto. Lei e Francois si erano sempre odiati, o forse no? Era possibile che quel disprezzo reciproco nascondesse un’attrazione? Ripercorse in fretta l’evoluzione di quel loro improbabile rapporto. Dagli anni delle elementari, in cui i due non facevano altro che farsi dispetti e cattiverie, fino alla piccola rissa di inizio ottobre, la festa di Halloween, durante la quale lui l’aveva sorretta e aiutata a stare in piedi nonostante la sbronza. Poi le giornate in punizione, in cui continuavano ad avvicinarsi e respingersi come due magneti impazziti, la notte di Capodanno, quando aveva deciso di vestirsi di rosso solo perché lui le aveva chiesto di evitare il suo solito abito nero. Il modo in cui l’aveva difesa dalle cattive intenzioni di Andrey, a cui lei aveva risposto con un rimprovero ingiustificato. Fino a quel giorno in biblioteca, lo stesso in cui aveva fatto quella terribile scoperta.
23 febbraio
Ivy canticchiava le sue consuete canzoni malinconiche mentre Francois la ascoltava in silenzio continuando a lavorare. Non c'era più molto da fare, in poco più di cinque mesi erano riusciti a rimettere tutti i libri al loro posto e ora dovevano soltanto completare l'inventario.
Terminarono in fretta, dopo appena quaranta minuti dal loro arrivo. "E adesso cosa facciamo?" Francois si avvicinò a lei interrompendo il suo dolce canto. "Non possiamo andare via prima?" Il ragazzo scosse la testa. Ivy non era sicura che fosse vero, credeva che stesse solo cercando un modo per passare altro tempo con lei. Le era sembrato dispiaciuto quando la preside li aveva convocati per dire loro che la punizione sarebbe terminata quel giorno.
Non commentò né palesò le sue insinuazioni e prese un libro dalla copertina scarlatta, che sembrava essere piuttosto pesante e lo pose su una delle tavole al centro della sala. Su di esso a caratteri cubitali e dorati, vi era scritto: "Shakespeare – Tutte le opere"
"Tu fai teatro giusto? Mi hanno detto che sei bravo, ma io non ti ho mai visto recitare." Francois guardò il volume e ne sfiorò la pelle rossa che lo ricopriva. "Vuoi che reciti qualcosa di Shakespeare?" Ivy annuì entusiasta, era il suo drammaturgo preferito e aveva letto quasi tutte le sue opere, alcune anche più di una volta. "Hai qualche preferenza?" Chiese iniziando a sfogliarlo con attenzione. Ivy scosse la testa, voleva solo riempire il tempo in qualche modo e vedere con i suoi occhi se Francois fosse davvero così bravo come affermava orgogliosamente.
Il ragazzo aprì il libro e indicò un titolo. Si trattava del "Riccardo III" la storia di un uomo brutto e solo che non avendo altra soddisfazione nella sua vita, cerca in ogni modo di ottenere la corona, tradendo amici e uccidendo i suoi stessi fratelli, pur di raggiungere il suo scopo. Ivy l’aveva letta ma non ricordava molto. Francois trovò il suo passo preferito, un dialogo tra il protagonista, allora ancora duca di Gloucester, e Anna, giovane vedova del principe Edoardo.
Sorrise e indicò la pagina ad Ivy "Lo farò se..." Fece una piccola pausa per creare tensione. "Non reciterò con te Francois." Lo precedette, per non lasciargli la soddisfazione di chiederglielo. Ma il ragazzo non era disposto ad accettare quella risposta e continuò ad insistere. "Perché non dovresti?" Chiese rivolgendole uno sguardo enigmatico. "Hai paura di fare brutta figura davanti a questo immenso pubblico?" Con un ampio gesto del braccio, indicò il mare di libri e polvere che li circondava. Ivy abbassò lo sguardo arrossendo e lui si mise dietro di lei, afferrandole le spalle e poggiandole il mento sulla sua testa. "Ti vergogni a recitare davanti a me Ivy? Ma se ti ho vista collassare sul pavimento sporco di vomito a casa di Rebecca? Non puoi affossare ancora di più l'immagine che ho di te." La ragazza scoppiò a ridere. "Tu sì che sai come far sentire a proprio agio una persona." Rispose spingendolo via e fingendosi offesa, anche se sorrideva troppo per risultare credibile.
"Va bene, se lo fai, sta sera ti offro la cena.” Le fece l'occhiolino “Perché dovrei venire a cena con te?" Chiese sedendosi difronte al libro aperto. "Quando mi vedrai nei panni di Riccardo, ti affascinerò così tanto che non sarai più in grado di dirmi di no." Prese posto accanto a lei. "Come se ti avessi fatto un incantesimo." Ivy lo guardò scocciata, certa che l'abilita recitativa di Francois si sarebbe rivelata tutto fumo e niente arrosto. "Vedremo".
Dopo essersi alzato in piedi, iniziò a leggere le prime battute ed Ivy interpretava le sue in modo impacciato e insicuro, senza riuscire a dare un'intonazione convincente. "Devi essere più arrabbiata Ivy, ho appena ucciso tuo marito!" La riprese Francois come faceva con le attrici del suo club. "Pensa a qualcosa che ti faccia infuriare." Ivy aveva soltanto l'imbarazzo della scelta, ma era così divertita e serena in quel momento che nessun ricordo realmente irritante le venne in mente.
"Egli è in cielo, dove tu mai non andrai." Affermò Ivy seguendo il copione ed alzando imperiosamente la testa, cercando di darsi un contegno mentre un angolo della sua bocca si increspava, trattenendo una risata. "Che lui mi ringrazi d'averlo aiutato a mandarlo lassù..." Rispose Francois decisamente più serio e coinvolto "...poiché egli era più adatto a quel luogo che alla terra."
"E tu non sei adatto ad altro luogo che l'Inferno." Quella volta Ivy era riuscita a sembrare quasi convincente e gli lanciò un'occhiata ironica. Francois la ignorò e continuò a leggere, stava arrivando il punto che più lo esaltava di quella scena. "Sì, un altro ve n'è, se voi volete udirmi nominarlo." Ivy rispose con la sua battuta che indicava come alternativa all'inferno le segrete di qualche palazzo. La sua voce si era fatta più tagliente e sprezzante, decisamente più adatta al ruolo che ricopriva, mentre Francois, scuoteva la testa e con tono suadente, quasi sussurrando, rispose. "La vostra camera da letto." Le toccò il viso, come immaginava Riccardo avesse fatto con la bella Anna. Ivy rispose a quel gesto in modo altrettanto appropriato, afferrandogli la mano e spingendola lontana da sé.
"Mal riposo tocchi alla camera dove tu giaci!" "Così accadrà, signora, finché io non giaccia con voi." Provò ad avvicinarsi a lei nuovamente, questa volta tentando di afferrarla per i fianchi snelli e sinuosi, ma lei si voltò allontanandosi e trattenendo a stento le risate, mentre rifiutava ancora le attenzioni del duca di Gloucester.
"Lo so bene." Riprese Francois facendola girare verso di lui. Diede uno sguardo alle pagine giallastre del libro, prima di continuare. "Ma, gentil madonna Anna, per abbandonare quest'arguta tenzone dei nostri ingegni, e discendere a un metodo più piano, non è il causatore delle immature morti di questi Plantageneti, Enrico ed Edoardo, tanto biasimevole quanto l'esecutore?"
Ivy era sempre più colpita dalle capacità di Francois, il quale riusciva totalmente ad estraniarsi da ciò che lo circondava, riuscendo a darle realmente la sensazione di trovarsi di fronte a Riccardo III d'Inghilterra che cercava di ammaliare una giovane e bellissima vedova, nonostante indossasse la giacca della squadra di baseball. Tentò di emularlo, impegnandosi al massimo per rendere accettabile l'interpretazione della battuta successiva. "Tu fosti la causa e il dannatissimo effetto." Esclamò sicura.
"La vostra bellezza è stata la causa di tale effetto." Si accostò a lei e continuò a recitare senza leggere nemmeno una parola, ma guardandola dritta negli occhi. "La vostra beltà, che mi travagliava nel sonno perché intraprendessi di uccidere il mondo intero per poter vivere un'ora sola sul vostro dolce seno."
La ragazza rimase impietrita, lo sguardo fisso sugli occhi dell'attore, le gambe tremanti e la mente incapace di pensare ad altro se non alle parole che Francois aveva appena detto, in modo così profondo e personale che sembravano rivolte a lei e non ad Anna. Non si ricordò nemmeno di dover ribattere con una qualche battuta e, seppur la scena non fosse nemmeno a metà, rimase immobile e zitta con il solo respiro, lento e tormentato, a testimoniare che il tempo stesse passando.
Francois non riuscì più a trattenersi e tuffò una mano nei suoi splendidi capelli, avvicinò la sua bocca al viso della ragazza, dandole un tenero bacio, che, dopo un breve sguardo si trasformò in una profusione ben più appassionata. Si stringevano, come se volessero incorporarsi l'uno all'altro senza potersi lasciare mai più, senza dover essere costretti a guardarsi da lontano mascherando i loro sentimenti, senza dover fingere di non pensarsi nei momenti di solitudine.
"Hai tutto il mio rossetto..." mormorò la ragazza con la voce che le vibrava dall'emozione, indicando divertita il volto del ragazzo. Francois si passò una mano sulle labbra, sporcando anch'essa nero opaco. "Mi sta bene?" "Sei bellissimo..."
Per lei quelle sensazioni erano una scoperta, una rivelazione. Fino a quel momento, il sospetto di potergli interessare rappresentava una sorta di soddisfazione, quasi una rivincita. O almeno questo era quello che continuava a ripetersi, ingannando sé stessa. Quando l'aveva baciata, una sorta di scossa le aveva attraversato tutte le membra, stordendola e facendola sentire diversa dal solito. In quel momento non era la solita Ivy arrabbiata con il mondo, scura, malinconica e acida. Quella crisalide di odio si era lacerata e ne era uscita una farfalla ricca di brio e di luce.
Improvvisamente tutto le sembrava possibile. Sarebbero potuti uscire insieme, andare al ballo, uscire con il gruppo. Lei sarebbe andata a vedere le sue partite e avrebbe cantato per lui. Avrebbero passato le serate a casa, lei avrebbe indossato le sue felpe e lui le avrebbe fatto il solletico facendola ridere e restare senza fiato.  Forse tutti questi pensieri erano prematuri, in fondo si erano soltanto dati un bacio, non era niente di importante. Eppure a giudicare dallo sguardo del ragazzo, Ivy sapeva dentro di sé che lui stava immaginando esattamente le stesse situazioni, progettando la stessa tranquillissima vita.
"Quindi, sta sera cosa vuoi mangiare?" Francois non si era mai rivolto a lei in modo così gentile, le sembrava quasi di trovarsi davanti ad un'altra persona. E in qualche modo era realmente così. "Non ti ho ancora detto di sì." Francois sorrise e mettendole le mani sui fianchi rispose. "Pensavo che questo valesse come risposta." Il suo tono era trionfante.
"Volevo fare una prova, prima di accettare." Ribatté Ivy con voce suadente, mentre sfiorava delicatamente quel volto che aveva tanto detestato. "E che ne pensi, ne vale la pena?" La ragazza si morse il labbro, stupita tanto quanto lui dall'atteggiamento che stava avendo. "Non sono ancora sicura...vorrei testarti un'ultima volta prima di prendere una decisione." lo afferrò per il colletto della camicia e lo tirò verso di sé, mentre si abbandonava all'indietro, fino a trovarsi stesa con lui su quel vecchio tavolo di legno.
"Tu lo avresti mai immaginato?" Mormorò dopo qualche minuto. Francois scosse la testa ridendo. Guardò il grande orologio a pendolo sulla parete in fondo alla stanza, era arrivato il momento di andare, la loro punizione era finita, ma qualcosa gli diceva che non avrebbero smesso di vedersi. "Allora, mangiamo alla caffetteria o andiamo direttamente da te?" Chiese Ivy saltando giù dal tavolo e dirigendosi verso l'attaccapanni per prendere la sua giacca.
Francois, la segui con un sorriso che andava dall'uno all'altro orecchio. Diede un'occhiata alla biblioteca, prima di uscire e notò che avevano dimenticato una delle casse fuori dal magazzino.
Un po' scocciato si avviò verso di essa per metterla al suo posto "Ti aiuto." Propose Ivy avvicinandosi. Prese le chiavi dalla piccola cassettiera arancione e spalancò la porta in modo che il ragazzo potesse entrare, con il suo ingombrante carico. Mentre Francois era distratto, estrasse il suo telefono dalla tasca e come aveva promesso inviò un messaggio ad Albert.
"Ci siamo baciati, e ora esco con lui. Sta sera ti chiamo e ti racconto meglio." Stavano per andarsene quando qualcosa attirò la sua attenzione. Un odore nauseabondo, che proveniva da una delle casse ricolme di libri. Sebbene il cuore le battesse forte per la paura decise di allontanarsi da Francois per dare un’occhiata…

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