Prologo.

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Mi sentivo come se stessi per cadere da un precipizio. Hai presente il momento esatto della caduta? In cui non te l'aspetti, in cui ti ritrovi con il culo per terra senza un ragione precisa? Quasi come se ti avessero spinto improvvisamente, e non ti rendi conto di chi avessi dietro le spalle? Magari un amico fidato, un fratello. Il punto è.. come si fa in quel momento esatto a placare il dolore, a trovare la forza di reagire?
Quel pugno mi arrivò dritto allo stomaco e mi fece piegare in due all'istante, tossendo sommassamente. Non feci in tempo a riprendermi che me ne arrivò subito un altro dritto in pieno viso, all'altezza dello zigomo. Mi spinsero contro una rete alle mie spalle che divideva il confine con qualche abitazione, continuando a sferrarmi calci e pugni talmente forti che tutto intorno a me prese a diventare offuscato e le voci divennero ovattate, finché ad un tratto caddi a terra senza forze e in un attimo dopo vidi solo il buio.
Mi svegliai dopo non so quanto, steso a terra, per via di un cane di fronte al mio viso che abbaiava come un forsennato, richiedendo la mia attenzione. Iniziai a tossire e potevo sentire ogni parte del mio corpo dolorante darmi piccole scosse che mi facevano piegare su me stesso, a malapena riuscivo a voltarmi a pancia in su per potermi tirare su dall'asfalto.
« Sta zitto. » Biascicai al cane, che continuava ad abbaiarmi contro. Lo guardai bene, era un carlino di razza piccola, sembrava puro ma era un randagio. Forse era scappato dalla sua vecchia casa o era stato abbandonato.
« O-Okay mi sto alzando, adesso però smettila di rompere i coglioni e stai zitto. »
Sì avvicinò e ad un tratto me lo ritrovai a leccarmi la faccia come se fossi il suo amico più fedele.
« Sta buono. Mi stai sbavando, dai! » Mi scappò un gemito di dolore. Lo scansai piano - visto le poche forze che avevo - con un braccio e poi con una mano verso la rete mi aiutai con le poche forze che mi rimanevano per sollevarmi da terra, sistemandomi la giacca di pelle nera impolverata, mentre con l'altro braccio mi circondai lo stomaco dolorante. Un volta con i piedi impiantati per terra uscii da quel vicolo buio e umido e mi diressi verso casa. Quel cane mi stava seguendo quasi volesse proteggermi. Mi chiedevo cosa potesse passare per la testa ad un cane dopo aver visto un coglione steso a terra quasi ammazzato di botte. Per cosa poi? Per soldi. Ormai la mia vita girava solo intorno a quelli da qualche anno e ne ero perfettamente cosciente. Non che mi piacesse quella vita, ma forse l'adrenalina che mi metteva anche solo il scappare dagli sbirri mi faceva sentire vivo. Forse era l'unica cosa a farmi sentire tale.
Arrivai davanti la porta di casa, e mi voltai a guardare quel cane che si era fermato davanti il cancelletto della recinzione e si lamentò per attirare la mia attenzione. Mi guardava con attenzione spostando la testolina su un lato, chiedendomi con il solo sguardo di non lasciarlo lì al buio e al freddo. Sospirai e mi voltai ad aprire la porta di casa.
« Avanti, entra. Dovrai fare i conti con il vecchio, preparati. »
Gli aprii con la chiave la porta attendendo che varcasse la soglia prima di me, poi lo seguii richiudendo la porta alle mie spalle. Mi tolsi la giacca e sentii il tossire inconfondibile del mio coinquilino. Lo raggiunsi in sala e lo vidi come al solito sul divano, tra una mano la sua sigaretta e l'altra il bastone che non lasciava mai neanche per andare in bagno a pisciare.
« Ce l'hai fatta a tornà! Do' sei stato? Sempre a fa danni stai! »
Inutile dire che era lì ad aspettarmi chissà da quanto, come al suo solito. Con il suo volto sempre incazzato - perché da quello che diceva sempre io lo facevo arrabbiare - e il suo accento romano pungente. Ammetto che spesso se ne usciva con certe frasi assurde che mi faceva venire da ridere per ore intere, ma non volevo dargli questa soddisfazione facendogli capire che molto spesso se si impegnava risultava quasi simpatico. Mi avrebbe mandato a fanculo senza pensarci due volte, credendo che lo stessi prendendo in giro come mi solito, anche se lo facevo in modo molto sarcastico.
« Nonno, non rompere le palle per favore. Non ho voglia di ascoltare la tua predica. »
Non era il mio vero nonno, ma si era preso cura di me qualche anno fa, quando mi trovavo nei casini e non avevo più neanche una casa e uno spiccio per potermi comprare da mangiare. Si alzò di scatto e si sistemò i suoi occhiali grandi e tondi che teneva quasi sulla punta del suo naso a patata, avvicinandosi zoppicando come suo solito e sgranò gli occhi.
« Oddio, che cazzo t'hanno fatto? Che è successo? Li mortacci loro e de quanno capano sti fii de na mignotta! »
Alzava il tono di voce borbottando velocemente come se fosse successo chissà cosa. Era sempre così ogni volta, eppure spesso tornavo che a malapena riuscivo a reggermi in piedi. Forse era normale la sua preoccupazione, nonostante me ne diceva tante mi voleva molto bene, ero il nipote che non era mai riuscito ad avere. Sua moglie era morta quando aveva solo 35 anni, e da allora non ebbe più nessun'altra donna. Mi raccontava spesso di lei e dell'amore che nutriva nei suoi confronti e puntualmente si discuteva perché non la pensavamo allo stesso modo sull'argomento.
« Sto bene, davvero. E' solo un graffio. »
La sua espressione cambiò come al solito e iniziò ad agitarsi e ad agitare la mano nella quale ancora teneva la sigaretta che ormai era ora che spegnesse nell'apposito porta cenere, visto che stava ciccando ovunque sporcando il pavimento.
« Nick, hai rotto er cazzo de fa sta merda de vita, hai capito?! Devi mette a capoccia apposto sennò qua la fine che fai è de tre metri sotto terra o voi capì si o no?! »
Sospirai guardandolo come mi solito. Ci voleva tanta pazienza con uno come lui... Ma forse anche con uno come me. « Sì, lo so. »
« No! No, non lo sai. Ma 'nc'hai paura dico io?! Che te potevano ammazzà, squarcià 'ndue, appennete come 'mbue dentro qualche scantinato? Se ne sentono tante al telegiornale! »
Quanto era tragico certe volte. « Sì nonno, troverai la notizia al TG quando mi ritroveranno. Vado a letto che sono stanco, buonanotte. »
Mi avviai verso le scale per poter raggiungere la mia stanza, zoppicavo quasi come lui. Come diavolo ero ridotto? Inutile dire che mi seguiva con il suo passo leggiadro come un elefante, nonostante il zoppicare e il rumore del bastone in legno sul pavimento. Per non parlare del suo borbottare ad alta voce; era sordo e l'apparecchio a volte non si ricordava di regolarlo.
« No, non t'azzardà, viè qua razza de deficiente. Tu me voi fa morì de crepa core, dì a verità, eh?! » Ad un tratto si bloccò, sembrava quasi paralizzato. Vide il cane che saliva le scale e a metà si bloccò per aspettarmi.
« E quel coso da 'ndo cazzo è 'scito?! »
« Tranquillo nonno, è un cane ed è innocuo. Nessun problema, me ne occuperò io. »
Cercai di raggiungere la mia stanza più in fretta possibile per impedirgli di controbattere, e lo sentii solo urlare da sotto il mio nome con quella voce stridula che solo lui aveva il potere di farlo diventare così irritante. Il cane sgattaiolo dentro la mia stanza, e chiusi la porta una volta entrato. Aveva bisogno senz'altro di un bagno e un anti-pulci, ma ero talmente stremato che raggiunsi a malapena il letto e sprofondai in un sonno profondo.

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