La Rivelazione di Alberto

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Mi ero preparato con entusiasmo per l'arrivo di mio padre, che non vedevo da tanto tempo. Avevo cucinato il suo piatto preferito, una lasagna al forno con besciamella e ragù, e avevo apparecchiato la tavola con cura.

Ma proprio quando stavo per uscire di casa per andarlo a prendere alla stazione, il mio cellulare squillò.

"Ciao Albi, sono tuo padre. Ho una brutta notizia da darti. Un mio vecchio amico, che conosco da quando ero bambino, ha avuto un grave incidente stradale e si trova in ospedale in condizioni critiche. Devo andare da lui, non posso lasciarlo solo in questo momento. Mi dispiace tantissimo, so che ti avevo promesso di passare del tempo insieme, ma spero che capirai. Ti voglio bene, ci sentiamo presto."

Ascoltai la sua voce tremante e mi sentii un nodo alla gola.

Decisi di rispondere con un breve messaggio.

"Papà, sono dispiaciuto per il tuo amico. Spero che si riprenda presto. Capisco la tua scelta, anche se mi sarebbe piaciuto vederti. Ti voglio bene anch'io, fammi sapere come va."

Poi guardai la lasagna che si stava raffreddando nel forno e mi venne un'idea.

Perché non invitare Clear a cena? Lei era la mia migliore amica, e sapevo che le sarebbe piaciuta la mia lasagna. Inoltre, mi avrebbe fatto compagnia e mi avrebbe distratto dalla tristezza. Le mandai un messaggio e le chiesi se voleva venire a casa mia.

"Ciao Clear, ho preparato una lasagna al forno e ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a mangiarla. Ti va di venire a cena da me? Ti aspetto."

Dopo pochi minuti ricevetti la sua risposta.

"Ciao Albi, sei un angelo! Adoro la tua lasagna! Ti farò sapere se ci potrò essere."

Sorrisi e mi sentii un po' meglio. Forse la serata non sarebbe stata così brutta, dopo tutto.

Aspettai una sua conferma, ma non arrivò mai.

Bussarono alla porta, il suono echeggiò attraverso il mio appartamento, facendomi sobbalzare sulla sedia.

Mi alzai di scatto e mi avvicinai all'ingresso.

"Salve signor Teixeira, è gentilmente invitato a scendere in strada, dove la aspetta una limousine, la aspetta il signor Ndiaye," disse il visitatore, con un accento straniero che non riuscivo a identificare.

Rimasi immobilizzato di fronte alla porta semiaperta, mentre cercavo di elaborare le informazioni.

"Ma chi cavolo è questo signor Ndiaye? E che cosa vuole da me? E perlopiù, che cazzo di lavoro fa per potersi permettere una limousine?" pensai con ansia, mentre il mio sguardo scrutava l'ospite misterioso.

Con un sorriso ironico e garbato, cercai di rispondere:

"Mi dispiace, ma non conosco colui che voi state nominando."

Il visitatore sembrava impaziente.

"Come faccio a fidarmi? E lei pensa che vestito così, io possa uscire di casa?"

"Lei è pazzo," risposi con un'aria scettica.

" Il signore lo sta aspettando, la prego di affrettarsi," disse freddamente, come se fosse un maggiordomo o un assistente personale.

Avrei voluto prenderlo a schiaffi con un paio di salsicce per cercare di ottenere delle risposte, ma la mia mente era in preda alla confusione.

Non sapevo che altro fare. La curiosità iniziò a bussare alla mia mente, spingendomi a pensare che forse sarebbe stato meglio scendere e vedere chi mi stesse aspettando.

"Va bene, aspetti solo 5 minuti mentre mi cambio al volo," dissi rapidamente, scappando in camera mia e lasciando la porta aperta.

Mi sforzai di indossare qualcosa di più presentabile, optando per un jeans aderente e una maglietta che evidenziava la mia muscolatura. Non era affatto il mio abbigliamento solito, ma ero di fretta e presi le prime cose che capitarmi a tiro.

"Andiamo..." dissi al maggiordomo, ansioso di mettere fine a questa strana situazione.

Arrivammo all'uscio del portone, e una notte fredda ci avvolse. L'unica cosa che avevo addosso era una leggera giacca con la zip.

Iniziai a tremare, una miscela di freddo e paura mi attraversava il corpo, rendendomi confuso e indeciso.

Il maggiordomo si affrettò ad aprire la portiera di quella limousine anonima. Stava per aprirla, e poi l'aveva effettivamente aperta.

"Prego, entri pure, si accomodi," disse con un tono ancora più freddo e distante.

Entrai nella calda e accogliente limousine, solo per scoprire che il passeggero era il dottore che mi aveva operato in ospedale, il volto noto che avevo visto durante uno dei momenti più vulnerabili della mia vita.

Il mio cuore batteva all'impazzata, ero pietrificato. Cosa stava succedendo? Cosa voleva il dottore da me? E perché tutto questo mistero?

Un uomo possente e vigoroso mi si presentò davanti agli occhi mentre ero seduto nella limousine a tetto basso. Notai le sue lunghe gambe scivolare giù dal sedile, il suo sguardo fisso su di me. La tensione nell'aria era palpabile, e io ero al centro di qualcosa che non riuscivo ancora a comprendere.

Pensieri lascivi iniziarono a percorrere la mia mente in un turbine di confusione. Da etero convinto e apparentemente certificato, mi stavo sentendo in conflitto. La mia identità sessuale sembrava sfaldarsi davanti ai miei occhi in un momento che non avrei mai previsto.

"Ciao Alberto, ti ricordi di me?" iniziò a parlare il dottore, mentre il suo tono aveva un che di seducente e misterioso.............

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