𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟑

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run girl run,
the sun will be guiding you

Atterrai a terra con la schiena, e l'adrenalina mi impedì di avvertire il dolore.

Ce l'ho fatta! Sono fuori e sono viva!

Mi pulii in fretta dalla polvere e dalla terra e corsi il più rapidamente possibile.
Dopo un'estenuante corsa di qualche minuto, mi trovai in una stazione di servizio.
Mi precipitai dentro l'autogrill e mi sistemai al tavolino più nascosto.
Mi osservai intorno e notai che sul tavolo era scritta la password per il wi-fi gratuito.

Un'idea mi si illuminò subito in mente.
Tirai fuori il telefono dalle tasche e lo accesi, collegandomi al wi-fi e aspettando che le notifiche iniziassero a riempire lo schermo.

Speravo di trovare chiamate e messaggi di Luke e di mia madre, mi sentivo terribile per quanto li avessi preoccupati.

Ma, con mio stupore, non ricevetti alcuna notifica.

Che strano. Provai a riavviare il telefono.

Ancora nulla.

Aprii l'applicazione delle chiamate e dei messaggi, ma le ultime interazioni erano di ieri mattina.

Non riesco a credere che nessuno si sia preoccupato di dove potessi essere finita.

Pensai sconvolta.

Potevo essere in pericolo o peggio e nessuno si è preoccupato.

Fissai il vuoto, delusa.

Provo a chiamare mia madre. Premetti il pulsante verde sul suo nome e tentai più e più volte, ma la chiamata andava sempre alla segreteria.

Non posso crederci. Non posso credere che nessuno si sia veramente preoccupato o abbia notato la mia assenza. Quanto tempo ci vorrà per accorgersene, settimane? mesi?

Disperata, lasciai cadere il telefono sul tavolino e sospirai tristemente.

Poco dopo, una cameriera, si avvicinò al mio tavolo per chiedermi se ero pronta a ordinare.

Pensando che tutta quella corsa mi aveva fatto venire fame, stavo per risponderle quando una voce roca e familiare si sovrappose
alla mia.

«Grazie, ma in realtà dovremmo andare.»
Mi girai lentamente e vidi Ethan davanti a me. Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, ma sentii il suo sguardo ardere sulla mia pelle.

«Andiamo.» Mi afferrò per la mano e mi tirò in piedi. Cercai di mantenere la calma, consapevole che una reazione esagerata avrebbe potuto solo peggiorare le cose.
Cedei.
Mi portò fuori dall'autogrill e, una volta in strada, percepii la sua tensione. Era in allerta per qualcosa.

«Dobbiamo andarcene subito» disse, nervoso.
Mi strinse la mano ancora più forte, facendomi male.

«Ethan, lasciami! Mi stai facendo male!» mi lamentai.
Si girò a guardarmi, infastidito.
«Che problemi hai?» sbottò.

«Mi stai facendo male!» ribadii.
Mi lasciò e cominciai a massaggiarmi il segno lasciato dalla sua presa per lenire il dolore.

«lo... non volevo, scusami. Possiamo andarcene subito?» chiese, serioso, con la mascella contratta. Era chiaramente ansioso per qualcosa.

«Vuoi dirmi da chi stiamo scappando, ti prego?» chiesi, esausta.

«Kimberly, ora vieni con me e resta al sicuro a casa mia. Giuro che ti porterò a casa anche se dovrò portarti in braccio e farti urlare. Ma per favore, smettila di complicare le cose.
Rendiamo tutto più semplice per entrambi» mi intimò, irritato.

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