𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟏

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Mi sono sempre chiesta se la mia vita fosse davvero destinata a essere così: tranquilla, con una situazione finanziaria ottima, un lavoro stabile e una relazione che sembra perfetta dall'esterno. Ma è davvero quello che voglio? È questo l'amore che merito? Mi domando spesso come sarebbe se ci fosse qualcosa di diverso, di più intenso, di più... reale.

Presi le chiavi dalla borsa e aprii la porta di casa. L'aria fresca della sera si infranse contro il mio viso, e non potei fare a meno di sospirare.

«Tesoro, sono tornata!» annunciai, lasciando la borsa sul tavolo del salotto con un gesto svogliato. Il silenzio mi accolse, ma non durò a lungo. Il rumore familiare delle urla dei commentatori sportivi in TV rimbombava al piano di sopra. "Esattamente come prima," pensai, mentre salivo le scale.

Quando entrai in camera, la scena non mi sorprese affatto. Luke era sdraiato sul letto, con una gamba penzoloni oltre il bordo, l'altra appoggiata al comodino. Un braccio steso sulla testata e l'altro che reggeva il telefono come se fosse un'estensione naturale del suo corpo.
Intorno a lui, c'erano pacchetti vuoti di merendine sparsi sul pavimento, tanto che la camera sembrava un campo di battaglia post-apocalittico.

Guardava lo schermo che proiettava l'ennesima partita di calcio, con le immagini dei giocatori che si muovevano rapidi sotto il suo sguardo ipnotizzato.
Provai un'ondata di irritazione, un mix di frustrazione e rabbia. La stanza, che avevo pulito con cura quel mattino, era ora un disastro totale. Respirai profondamente, cercando di mantenere la calma.

«Luke,» iniziai, trattenendo l'ira, «se vogliamo far funzionare questa relazione, dobbiamo cambiare qualcosa. Ho come l'impressione che tu venga qui solo per la tranquillità e la dispensa piena, senza fare nulla tutto il giorno!»

Silenzio. Per un attimo pensai che forse avrebbe detto qualcosa, ma l'unico suono che uscì dalla sua bocca fu un «Uhuh» distratto, mentre continuava a fissare lo schermo.
«Mi stai ascoltando?» chiesi, alzando leggermente la voce. L'assenza di una reazione mi fece scattare.

Senza staccare gli occhi dal telefono, rise per qualcosa successo nel gioco, come se il mondo reale fosse un fastidioso sottofondo. «Non ci credo! Hahaha, troppo forte...» borbottò.

Mi sentii esplodere dentro. «Stai scherzando? Mi sono scervellata per salvare questa relazione, mentre tu non fai altro che guardare partite di calcio! Sono la tua ragazza, Luke! Merito almeno un po' della tua attenzione!»

Nessuna risposta. Ero ormai al limite della sopportazione. Afferrando il suo telefono con forza, glielo strappai dalle mani. Solo allora alzò lo sguardo, confuso e irritato.

«Ridammi il telefono!» sbottò. «Erano all'86° minuto! Stai davvero facendo questa scenata adesso?»

Il suo egoismo mi colpì come uno schiaffo in pieno volto. Il cuore mi martellava nel petto, mentre lo fissavo incredula. In un attimo di puro disprezzo, gli lanciai il telefono sul letto e girai i tacchi.

Andai in bagno, sperando che lavarmi la faccia mi aiutasse a calmarmi, ma mentre mi guardavo nello specchio, qualcosa cambiò. Non potevo continuare così. Non potevo più accontentarmi di così poco.

Guardai l'orologio sul telefono: era tardissimo. Mamma mi avrebbe ucciso se fossi arrivata in ritardo al pranzo che aveva organizzato. Di colpo, sentii il peso di tutto: la relazione fallita, il disastro della mia giornata, e la prospettiva di dover nascondere il mio dolore davanti a mia madre.

In fretta con l testa per aria, mi vestii con un semplice abito nero a righe bianche, infilai un paio di tacchi e gettai i trucchi in borsa, pronta a sistemarmi in macchina.

Prima di uscire, corsi giù dalle scale e trovai mia madre in piedi, elegante come sempre, con il sorriso di chi non ha idea di quello che sta succedendo dentro di te.

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