Capitolo 4

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Vieni a me anche ora e liberami dai tormentosi affanni,

e tutto ciò che il mio animo brama che per me si avveri,

avveralo tu, e tu stessa sii la mia alleata.

Saffo, Poesie


Ai piedi avevo due zavorre. Due macigni che mi trasportavano giù sempre più in profondità e io inerme non facevo altro che farmi trasportare nel blu profondo. Non mi agitavo, mi lasciavo trasportare senza opporre resistenza, tutt'intorno i raggi solari fluttuavano leggeri nell'acqua come le anime nel fiume Stige, più i sassi mi spingevano in profondità e più la mia mente si scaricava da ogni incertezza fino a che il blu si trasformava in un nero agonizzante.

Mi svegliai di soprassalto boccheggiando e trangugiando aria il più velocemente possibile. Rivoli di sudore scorrevano lungo il mio collo percorrendo la schiena. La mia mente vagava persa ancora in quel mare che aveva risucchiato la mia vita.

"Non posso continuare così" ansimai in affanno.

Mi sdraiai e fissai il soffitto, l'aria fuori era calma e tutto sembrava scorrere normalmente infischiandosene del mio stato d'animo.

Ma quella notte qualcosa si ruppe, scoppiai in un pianto interrotto. Piansi per la mia codardia, per la mia incapacità di pensare come chiunque altro, per come stava andando la mia vita, per chi non capiva il mio essere. Sapevo di aver toccato il fondo, ero arrivata negli abissi più profondi della mia consapevolezza, arrancavo nel buio cercando una via d'uscita. Quella notte m'imposi un unico obiettivo. Risalire il più in fretta possibile per non perdere la mia essenza tra quegli oscuri fondali. Dovevo trovare la forza per darmi una grande spinta, quella decisiva, che avrebbe cambiato del tutto la mia vita.

Era da tempo che pensavo ad una possibilità per aggirare il problema. Sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato e dovevo agire. Quella notte sgattaiolai fuori dal palazzo, la luna piena guidava i miei passi verso il bosco, di notte gli effluvi degli alberi sembravano ancora più intensi, odori agrumati solleticavano il mio olfatto, di tanto in tanto percepivo il movimento degli animali tra la vegetazione ma non ero spaventata, non lo ero mai stata. Arrivai al laghetto in un cui una piccola cascata scorreva tranquilla e indisturbata. Feci un respiro profondo e la chiamai.

"Artemide, o mia dea io ti invoco" dissi a voce alta.

Non accadde nulla.

Riprovai.

Con voce più ferma e alta dissi

"Oh, dea guidami nell'oscurità, fammi trovare la strada delle cacciatrici. Desidero camminare al tuo fianco nella natura selvaggia" e poi aggiunsi "Per l'eternità".

D'un tratto la fauna si ammutolì. Regnava un silenzio sovraumano. Dal fondo del bosco intravidi una luce argentea diventare un vortice dal quale si materializzò la creatura più aggraziata ed imperturbabile che avessi mai visto. Era alta almeno quanto le colonne del tempio di Naxos, tutt'attorno a lei permeava un alone argenteo, dandole sembianze straordinariamente eteree. Indossava la tunica da caccia e imbracava un glorioso arco argentato. Il suo sguardo tagliente mi trafisse. Inclinò appena la testa e tuonò.

"Per quale motivo mi hai invocata?" la sua voce melodiosa e autoritaria mi colpì i timpani.

"Mi chiamo Lyris mia dea, ti ho invocata per avere la possibilità di diventare una tua cacciatrice" dissi inginocchiandomi.

Spalancò appena gli occhi, mi scrutava con attenzione come un'orsa quando fiuta le prede per captare la paura.

"So chi sei, ma per quale motivo vorresti diventare una cacciatrice?" il tono della sua voce sembrò accondiscendente. Come faceva a sapere chi fossi? Poi la mia mente si concentrò sulla sua domanda e optai per la verità "Perché non voglio diventare la moglie di nessuno, e l'unico modo per poter ovviare a ciò è diventare una tua seguace" non mi muovevo, sapevo che con uno schiocco di dita avrebbe potuto incenerirmi.

Due lune, un'anima.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora