4. Poison

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Ninfa... una marea di brividi mi scorrono lungo la spina dorsale. Quegli occhi, quella voce profonda e queste cinque insignificanti lettere pronunciate dalle sue labbra sensuali mi fanno attorcigliare lo stomaco. Rimango così, per un minuto a fissarlo sospesa su un filo, quasi ghiacciata dalla sua presenza, una sola frase e ha mandato a quel paese l'ultima briciola di cervello rimastami.
"Bene Signor Carter, se non ti dispiace ora ma ne vado" affermo con finta sicurezza cercando di risvegliarmi rompendo l'atmosfera incantata che ci circonda.
Giro i tacchi per tornarmene da dove sono venuta ma appena metto un piede fuori dalla stanza ritorno alla cruda realtà.  Non conosco praticamente nessuno, di Liberty neanche una traccia, e per la prima volta nella mia vita la voglia di mangiare è completamente scomparsa.
Questo ambiente mi soffoca, gli echi delle risate rimbombano nella sala, il tintinnio dei bicchieri, le rumorose chiacchere e l'orchestra non fanno che aumentare il mio desiderio di uscire da qui anche se solo per pochi minuti. Mi serve aria, di respirare.
Persone su persone, mi schiacciano con le loro chiacchere inutili, l'aria è sempre meno. Non riesco a respirare
Non riesco a vedere l'uscita, so che c'è ma è lontana, muoversi è impossibile. Chi sono questi? Cosa vogliono da me?
Le gambe sembrano muoversi senza il mio consenso mentre che delle lacrime traditrici scorrono invisibili sul viso ingessato da una maschera che non mi appartiene.
D'un tratto, risento una brezza fresca fluire placidamente nei polmoni placcandone la fame.
Per la prima volta, dall'inizio della serata osservo veramente ciò che mi circonda, e ne rimango meravigliata.
Piccole luci risplendono nelle tenebre della notte, sono migliaia, come barche in mezzo all'oceano.  Grandi e piccole, gialle o bianche, vi è la varietà di scelta. In mezzo a quest'immensità mi sento come un filo d'erba, piccolo ed insignificante, che non porta il peso di una esistenza sulle spalle. Per almeno un attimo, mi sento finalmente svuotata da tutto, dalle sofferenze, dalle lacrime.
Di solito lo stupore dovrebbe commuovere, eppure non ho lacrime ma solo un sorriso per questo spettacolo.
Manhattan la sera è semplicemente magica, miliardi di scintille rilucessero dietro le finestre dei più famosi grattacieli, un piccolo e fragile universo creato dall'uomo per celebrarsi.
Chiudo gli occhi persa nei pensieri quando sento un leggero peso sulle spalle e un tiepido calore avvolgermi le braccia. Di scatto apro gli occhi, un uomo è semi seduto sul cornicione accanto a me.
Per via della poca luce non lo riesco ad identificare, scorgo solo dei lineamenti cesellati e una folta chioma.
Non so come ci sia arrivata qui, e neanche il perché, soprattutto chi sia quest'uomo misterioso.
Devo tornarmene alla festa al più presto, Liberty potrebbe aver bisogno di me o...
"Ti credevo una persona socievole Ninfa".
Quella voce la riconoscerei tra decine. Strizzando forte gli occhi mi appaiono, avvolti dal buio, le fattezze di Aaron Carter. I capelli spettinati ricadono sugli occhi eteronomi, mentre il mio sguardo è catturato ancora una volta dalla camicia sempre più slacciata all'altezza dello sterno.
Non ci credo anche qui.
Perché ogni volta che ci incontriamo lui appare avvolto in un alone di ombre? È un vampiro che non si può esporre alla luce come Edward Cullen?
"Avevo bisogno solo di un po' d'aria, e tu perché sei qui?" rispondo cercando di mantenere un minimo di cortesia
"Volevo fumarmi una sigaretta, vuoi?" porge gentilmente il pacchetto di Marlboro mentre ne posiziona una tra le labbra, passando il mozzicone più volte lentamente sul labbro inferiore.
"No grazie, non fumo"
Il silenzio cala tra noi, e non ne sono mai stata grata così tanto in vita mia. Non mi va di andarmene, la città è bellissima e mi sento bene qui; non c'è baccano, nessuno mi giudica e l'unico sguardo che è posato su di me è quello di Aaron.
Anche se difficilmente, cerco di ignorare non tanto lui quanto le sensazioni che quello sguardo mi suscita, è come se la mia pelle prendesse fuoco.
"Qual è il vero motivo per cui sei qui?" domanda all'improvviso facendomi sobbalzare
"Come scusa?"
"Mi hai sentito. Non credo che tu sia qui solo per prendere aria, altrimenti te ne saresti andata esattamente nel momento in cui ho acceso la sigaretta perché il fumo ti avrebbe infastidita. Quindi ti ripeto, perché sei qui?" Wow, sono sbalordita.
La sua voce sembra fredda, quasi come se parlasse a un blocco di marmo e non a una persona, mentre che inspira con eleganza il fumo della sigaretta.
Questa domanda mi ha davvero sorpresa, ma ciò che mi ha lasciata di più sconvolta come sia riuscito a smascherarmi in pochi secondi, mettendomi a nudo.
Davvero è così facile intuire i miei pensieri?
"Non apprezzo in particolar modo questo ambiente, e sembra neanche tu. Eri appostato in un'alcova fino a pochi minuti fa e ora eccoti qui, a parlare con la stessa identica sconosciuta di nuovo. Penso che tu stia davvero per diventare un mio ammiratore, ma mi dispiace io accetto solo uomini dai quaranta in su" cerco di metterlo alle strette.
"Sembra che tu abbia una alta considerazione di te stessa Ninfa, perché vedi, esistono anche gli dèi?" mi provoca.
"E tu chi saresti, Apollo?" che egocentrico
"Esattamente Dafne", non riesco a non ridere, è così buffo, serio nello sguardo, spavaldo nel portamento. Anche la sua bocca si piega lentamente in un sorriso.
"A dir la verità mi ricordi di più Efesto oppure Cerbero" rispondo prendendolo in giro, anche se non lo conosco questa conversazione così leggera mi piace e la sua presenza in un certo senso mi calma. Per la prima volta dopo tanto, respiro.
"Cerbero non è così brutto, è solo un cane un po' bavoso e poi cosa farebbero gli altri dèi senza Efesto?" rido come mai prima d'ora trascinando lui con me. Il suo sorriso, leggero e armonioso; pare quasi stonato su quel viso perennemente imbronciato.
"Come ti sei appassionato alle moto?" trovo il coraggio di domandargli.
Lentamente inclina il capo verso destra e si china verso di me, scosse elettriche viaggiano lungo il mio corpo mentre che mi fissa negli occhi.
Non abbasso lo sguardo, colgo la sfida.
"Da piccolo facevo delle gare in moto" l'atmosfera giocosa si volatilizza in un battito di ciglia " Ho iniziato a tre anni e smesso a undici; la passione mi ha accompagnato fino ad adesso" rivela in un sussurro rauco, come se fosse un segreto scandaloso.
" Tu ninfa?"
"Ho vissuto in una famiglia che è sempre stata amante delle moto e cosi ho preso questa passione da loro" rispondo stregata da lui. Aaron "Apollo" sorride alla mia affermazione, come se lo avesse già previsto e questa non fosse altro che la conferma a una tesi già verificata da tempo.
"Hai mai visto una vera moto?" domanda con fare sbarazzino, e un sorriso carico di guai.
Ma dove pensa che io abbia vissuto per vent'anni in un'isola deserta?
"Ovvio spaccone, per chi mi hai presa?"
"Ma ne hai mai guidata una?" ritenta avvicinandosi.
"No"
"Ti andrebbe di farlo?"
Una spanna mi divide da quel diavolo tentatore, il suo profumo mi stordisce.
Questa dannata offerta, non riesco a resistere, non posso resistere alla curiosità di provare per la prima volta una moto.
Sto veramente iniziando a perdere il senno, non posso nemmeno prendere in considerazione la proposta per almeno due buoni motivi, uno non lo conosco e due non vorrei recare danno alla eventuale moto.
Sempre che stiamo parlando di moto e non di rapimenti
"Senti, mi spiace ma preferirei di no"
"Non ti fidi eh, brava ragazza." sussurra ritornando a osservare il panorama dal suo posto " Di dove sei?"  quel tanto che basta per sentire il freddo lambirmi le membra.
"Firenze, tu? Il tuo accento non mi sembra di queste parti"
" I miei sono inglesi" risponde burbero serrando forte la mascella squadrata, i capelli biondi gli ricadono sugli occhi ormai persi ad ammirare lo spazio intorno a noi.
Il silenzio cala e il freddo aumenta, non oso chiedergli nulla, da come ha risposto non credo che voglia continuare la conversazione; per questo mi allontano dal cornicione del palazzo avviandomi verso l'ascensore.
"Aspetta" tuona Aaron alle mie spalle "aspetta solo un secondo"
"Perché?" chiedo mentre si riavvicina a me, sovrastandomi col suo metro e novanta.
Il dolce profumo della sua colonia mi inebria, non credo di star ancora ascoltando, anzi non lo sto sicuramente facendo
"Perché non abbiamo finito di parlare" risponde con un tono arrogante, tipico di una persona che non ammette repliche. Se decido di andarmene ne ho il diritto e soprattutto non tollero che qualcuno usi quel tono con me.
"Come scusa?" alzo il viso per guardarlo meglio negli occhi.
"Hai sentito bene ninfetta"
Rimaniamo a fissarci intensamente, una gara di sguardi per vedere chi cederà per primo alla tentazione di parlare. La sua sicurezza mi mette soggezione, sembra che nulla possa scalfirlo. Le mani in tasca, la postura rilassata, è completamente padrone di sé e della situazione.
"Di cosa volevi parlare?" crollo ormai imbarazzata da quel silenzio assordante.
"Cosa ci fai qui Ninfetta, questo non è un luogo per te?" chiede non muovendosi di un centimetro dalla sua precedente posizione.
"Stai cercando di offendermi?" sbotto infastidita dal suo atteggiamento
"Ci sto riuscendo?" risponde con aria di sfida,
Ignoro la provocazione non ha senso neanche rispondergli, dal mio viso traspare tutto il fastidio che sono in grado di provare.
"No. Sono qui con una mia amica, mi ha chiesto lei di accompagnarla. Dal tuo atteggiamento da stronzo arrogante penso che tu sia o uno sugar baby o ricco da far schifo"
"Che linguaggio cara, dovresti moderarti. Anche se la tua prima supposizione mi intriga, mi dispiace deluderti ma non ho nessuna sugar mama, ritenta e sarai più fortunata" mi provoca ulteriormente, sta volta però non lo ignoro.
"oh scusa sua maestà, ora mi inchino a lei e alla sua immensa potenza" mi inchino per enfatizzare il concetto.
La sua unica reazione è una risata fragorosa provocata dal mio goffo tentativo di metterlo con le spalle al muro
"Lavoro in una compagnia finanziaria: quindi si, ho un buono stipendio, ma non mi considererei un riccone come dici tu"
Stringo le labbra per l'irritazione, questa situazione è tremendamente fastidiosa ma allo stesso tempo incredibilmente attraente.
"Beh come comportamento sei uguale agli altri"
"Ovvero" inarca un sopracciglio.
"Arrogante, Apollo"
"Non è prematuro giudicare prima del tempo".
Ha ragione, ma non lo ammetterò mai; potesse resuscitare la regina Elisabetta II non gonfierò ulteriormente il suo ego.
"Allora cosa ne pensi della gara?" cerco di cambiare argomento per portare un attimo di pace tra noi.
Impossibile sbagliare quando si parla di motori, Aaron non sembra ma è veramente preparato in materia, commenta ogni singolo istante della competizione appena vista con passione e dettagli.
Ci perdiamo minuti, forse ore, nel discutere tanto che, quando guardo l'orologio, mi rendo conto che è tardissimo, probabilmente Liberty mi starà cercando d tempo.
Anche se un po' mi dispiace andarmene, finalmente mi sono sentita a mio agio con qualcuno al di fuori delle conoscenze.
"Si è fatto tardi"  affermo rammaricata ad Aaron "Forse è meglio che vada"
"Se vuoi ti porto a casa" si propone gentilmente.
"Non c'è problema chiamo Liberty, grazie comunque" declino l'offerta gentilmente mentre che compongo il numero della mia amica. Uno, due, tre squilli ma niente, non risponde, il che è strano dato che è telefono dipendente.
Dopo due minuti che attendo la sua risposta al telefono riattacco, dovrò per forza prendere i mezzi; grandioso!
Fa freddo, sono vestita tutta firmata, lontana da casa e devo per forza prendere la metropolitana perché scemo più scemo hanno deciso di andarsene senza dire nulla.
"Accidenti!" borbotto tra me e me.
"La tua amica non risponde?" domanda Apollo curioso.
"No, dovrò prendere il treno. Grazie per la serata, davvero" sto per andarmene quando lo vedo seguirmi.
"C'è qualcosa che non va?" chiedo voltandomi di scatto verso di lui.
"Ti porto a casa io, non voglio averti sulla coscienza ninfetta" risponde con aria non curante oltrepassandomi.
"Muoviti o ti lascio qui".
Non avevo realizzato di essere rimasta completamente ferma con una espressione allocca stampata in viso, ma chi mi può biasimare.
Da una parte sono irritata dalla sua arroganza, dall'altra non posso rifiutare il suo invito nemmeno volendo.
"Va bene arrivo, dammi tempo però. Questi tacchi mi stanno uccidendo" piagnucolo mentre lui ridacchia per la mia andatura scomposta, una luce sembra accendersi nei suoi occhi,  forse è solo un'impressione.
Una volta salutati i padroni di casa ci dirigiamo verso il parcheggio ormai quasi privo totalmente di veicoli, fatta eccezione per una Maserati e una Ducati rosso fiammante.
La moto è bellissima, atletica, curata nel design e pulizia delle forme, semplicemente perfetta
"Ti presento la mia bambina, non è meravigliosa?" esordisce accarezzando delicatamente la carena della moto.
" Oh Santissima Matriosca di Mosca, quella è veramente una Ducati Panigale V4-R? È bellissima!"
non riesco più a contenermi, sprizzo gioia da tutti i pori, non ho mai avuto l'occasione di ammirare questo capolavoro dell'ingegneria da vicino, scrutarne i dettagli. Ma vera magia inizia quando Aaron accende il motore, quel rombo mi attraversa il corpo da cima a fondo ed è quel punto che non riesco più a contenere l'emozione.
"Vero?" dice con un sorriso malizioso "Ti piacerebbe guidarla?"
"Io? Non credo che sia il caso..." assolutamente no, non voglio distruggerla, sono un pericolo costante al volante.
"Dai ti aiuto io" propone gentilmente lui porgendomi la mano
"Se vogliamo tornare a casa integri è meglio che guidi tu"
"Paura, Potter?" sogghigna.
"No" arrossisco "solo che è tardi ed è meglio tornare".
Gli do il mio indirizzo mentre ci sistemiamo in sella alla moto
"Bene, mettiti il casco Dafne" comanda con un tono che non ammette repliche.
"E tu?"
"Non ti preoccupare, ho esperienza" ma ancora non partiamo
"Ninfa, dovresti attaccarti a me e non alla carena se vuoi rimanere in sella"
Cosa? Sta scherzando? Ma non esiste, non mi va di abbracciarlo, neanche per un passaggio gratis
"No". Affondo ancora di più le unghie nella sella della moto.
"Ah sì?" dice con fare provocatorio.
Giusto un secondo dopo la moto parte e non risco a tenermi, il mio petto si stampa contro la sua schiena e gli stingo forte i fianchi.
Una profonda e rauca risata gli scuote il petto.
Non mi sono mai sentita così viva in tutta la vita come ora, mentre che sfrecciamo a velocità folli tra le strade ormai deserte di Manhattan
A metà strada la sua mano si poggia sulla mia, delicatamente, e con un po' di forza la stacca dal suo busto, la avvolge nella sua grande e calda, per poi appoggiala sull'acceleratore della moto.
Poi con un colpo secco apre il gas. La sensazione più bella mai provata nella mia vita! L'adrenalina che scorre, il vento tra i capelli e i nostri corpi vicini pur essendo sconosciuti.
Due parole: Emozione Pura.
Troppo presto arriviamo al mio palazzo, vorrei stare ancora un po' con lui, semplicemente per parlare o girare a vuoto ancora un po'.
"Grazie per il passaggio" lo saluto, ma lui mi afferra la mano prima che me ne possa andare.
"Grazie a te Dafne" la sua voce baritonale è indifferente.
Mi guarda negli occhi, e i suoi brillano veramente come due gemme. Pian piano si china verso di me, il suo profumo mi inebria e il suo respiro mi solletica la guancia.  "Buona notte Ninfetta" mi sussurra all'orecchio, poi mi lascia un morbido bacio sulla guancia, è questione di attimi; eppure, quel punto inizia a solleticarmi, un calore si accende nel petto ma lui si allontana.
"Sò perché eri sul tetto"
Si volta e senza ulteriori indugi se ne va in sella al proprio destriero.
Continuo a guardarlo allontanarsi, fino a quando non è completamente scomparso dall'orizzonte.



Spazio dell'autrice
Cari lettori, come vi sembra il nostro Aaron?
Misterioso ma anche tenero?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto
Un bacio,
Hydna🦢


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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 24, 2023 ⏰

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