Il mare di cocco

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Il sapore metallico del sangue gli fece ricordare i tempi passati; il liquido purpureo scorreva implacabile sulla sua lingua e poi nella gola, e non si curò dei sottili rigagnoli rossi che gli macchiarono la maglietta. Era quello il Rituale, il Consiglio non era molto progressista su quello, pensò.
Il gusto gli piaceva, ma quando arrivò al fondo della sacca aveva la nausea. Si asciugò la bocca con il dorso della mano e aspettò che succedesse.
Prima di vederli si rese conto che non li Convocava da molto tempo, e non aveva buoni risultati da dare. Ai vecchi tempi avrebbe saputo sterminare una città in pochi giorni, portare una pestilenza in poche ore; e ora, in quasi quattro mesi, cos'aveva fatto? Mietuto tre vite, e ne aveva anche salvata una quarta. Non bastava, c'era anche la possibilità che il Consiglio lo mandasse indietro; chissà cos'av-rebbe dovuto fare per riguadagnarsi il posto.

La sua mente si annebbiò, la realtà si fece più molle, gelatinosa, pallida; intorno a Jaire si allargarono onde circolari nella nuova gelatina che aveva riempito la realtà. I suoni s fecero ovattati, lontani, come se uno spesso muro d'acqua lo separasse dal resto del mondo; poi, lentamente, tutto cominciò a girare, provocandogli un forte mal di testa. Alla fine la rotazione era tanto veloce che tutto fu bianco, e fu come se ci fosse un'esplosione, di cui Jaire era l'epicentro.
Jaire si trovò immerso in un mare bianco, denso, che rendeva goffi i suoi movimenti. Era come trovarsi immersi dentro il succo di un cocco.
D'un tratto apparve, in una dissolvenza come quelle delle canzoni degli anni '60, un sommesso vociare, dapprima incomprensibile per Jaire, poi sempre più forte e limpido.
«Silenzio! Silenzio in aula!», disse una voce profonda e rauca. «Dove ci troviamo? In un porcile?»
Jaire apparve al centro di una specie di arena, un'enorme gradinata bianca lo circondava; uomini grandi il doppio i giganti erano seduti sui suoi gradini e discutevano animatamente.
«SILENZIO, HO DETTO!» A parlare era stato il Sommo, Jaire ne riconobbe la voce. Ma perché erano tutti così grandi?
Si trovava in una pozza al centro dell'arena, piena di un liquido bianco e lucido, che si avvolgeva intorno a lui con le spire di un vortice. Dopo una breve lotta per uscire dalla pozza – la sua mente era perfettamente lucida, ora, ma lo stesso non si poteva dire per il suo corpo – guardò il Sommo, cercando di attirare la sua attenzione; ma quello sembrò non vederlo, impegnato com'era a guardare nervosamente i volti di ognuno dei presenti. Era grande una volta e mezza il più grande di coloro che lo attorniavano, e una monumentale barba bianca e riccia gli ricadeva sul petto; le sue braccia erano coperte di tatuaggi.
«Padre», tuonò Jaire, con una voce tanto possente che stupì perfino lui.
Il Sommo si guardò intorno, confuso; «Jaire?»

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