CAPITOLO 4 [Brividi involontari]

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‼️ ATTENZIONE: scene violente, linguaggio esplicito e scene di sesso esplicite ‼️

Ero ancora su quel letto di ospedale, il materasso poteva essere scambiato per una pietra. Non sopportavo più quell'aria, sentivo bambini piangere, l'odore del cibo scaduto mi pungeva le narici, medicine ovunque, volti stanchi ma soprattutto il mio. Ero rimasta una notte lì, era tanto che non provavo quella sensazione, all'età di otto anni soffrivo di una malattia al quanto rara per una bambina come me, chiamata artrite idiopatica giovanile, sono stata un mese in ospedale e due anni di terapia, era più il tempo che passavo in ospedale che quello che passavo a casa, uno strazio dover vedere notti e notti mia madre dormire su una poltrona, mangiare cibo che a malapena riuscivo a ingerire, non poter camminare, sentire i bambini fuori che urlavano mentre giocavano, io volevo poter essere in quel modo e invece non lo ero mai, non ero mai come gli altri bambini.

Non c'era niente che mi avvicinasse a loro.

<<Buongiorno come ti senti oggi?>> disse il medico, nonché il padre di Salvatore, dovevo ancora metabolizzare quella cosa e soprattutto dovevo ancora metabolizzare la conversazione che avevo avuto il giorno prima con Salvatore.

<<Meglio grazie... posso andare via, vero?>> un altro pianto di un altro bambino e sarei esplosa, i pianti dei bambini mi ricordavano brutte cose.. Quelle quattro mura in cui mi sembrava di essere rinchiusa mi ricordavano brutte cose. Ed io iniziavo a fare fatica a respirare.

<<Si si, oggi possiamo dimetterti, queste sono tutte le analisi che ti abbiamo fatto. Tu intanto preparati pure.>> disse uscendo dalla stanza ed io accennai un sorriso, non vedevo l'ora di uscire da lì così mi affrettai ad alzarmi dal letto, mi tolsi quella strana camicia d'ospedale e mi misi i miei vestiti, avevo la faccia di una persona che non dormiva da almeno una settimana. Presi le analisi e le guardai, sembrava andare tutto bene, ho avuto un capogiro, pressione troppo bassa e quindi a quanto pare dovevo misurarmi la pressione più spesso e stare attenta e che per qualsiasi cosa che non tornasse sarei dovuta tornare in questo stesso ospedale.

Si, col cazzo, odiavo trovarmi .
L'ospedale: io non lo avrei mai trovato un posto dove le persone venivano curate e dove le cose sarebbero andate bene, in ospedale mai niente andava bene. 

Una volta che ci entri sai di doverci rientrare di nuovo, ancora e ancora, ogni volta i medici trovano una nuova scusa per farti tornare e questo non è per il bene delle persone ma lo fanno per puro egoismo, e basta.

Questa é la società.

<<Tesoro, buongiorno!>> disse mia mamma entrando nella stanza e correndo ad abbracciarmi, aveva anche lei una brutta cera ma plausibile, era una donna che si preoccupava davvero molto, forse troppo e a volte per poco. I capelli erano disordinati e aveva il mascara ancora sbavato. Giurai di aver intravisto anche un po' di occhiaie.

<<Mamma non mi soffocare.>> feci finta di lamentarmi e mia madre mi mollò, mi piaceva la sua presenza, il modo in cui c'era per me e in cui ci sarebbe sempre stata, potevamo urlarci, potevamo avere punti di vista completamente diversi ma lei mi donò la vita e continuava a farlo, anche se a modo suo, anche se a distanza, ma continuava a farlo. Sempre e per sempre nonostante tutto.

<<Finalmente andiamo a casa? Questo posto ha fatto venire la depressione anche a me.>> disse mia madre provocandomi una leggera risata, spensieratezza

<<Si per favore andiamocene subito.>> detto questo mia madre prese le analisi e uscimmo dall'ospedale il più in fretta possibile, nonostante la velocità con la quale siamo uscite ebbi l'occasione di rincrociare i suoi occhi, faceva l'uomo cattivo, eppure io vedevo solo dolore, lo riconoscevo, ma allo stesso tempo lo identificavo come un puzzle, il problema era che mi mancavano molti pezzi.                 

In the name of LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora