prologo

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Ero seduta sul prato, sentivo il vento accarezzarmi i capelli, il viso rivolto sul libro in grembo, ma la mente si rifugiava nei ricordi. Ogni tanto fissavo l’orizzonte, chiedendomi cosa ne sarebbe stato di me, della mia vita, e dei miei sogni. Ogni giorno si  facevano sempre più lontani, cupi e  irrealizzabili.  Eppure le persone intorno a me dicevano che ero una grande sognatrice.
Mentre il sole mi baciava la pelle, cercavo di rilassarmi tra i rumori della natura, i quali mi rilassavano tanto. E ne avevo di bisogno, mi aiutavano a staccare da quella noiosa routine.
Svogliatamente voltavo le pagine del libro, una dopo  l’altra,  senza prestarvi realmente attenzione. Che belli i romanzi, ma la mia vita?  Un  continuo tentennare, un tumulto di emozioni, come se quel vuoto, e quella sensazione di  tristezza  nel profondo  dei  miei occhi, potessi scorgerla solo io. Con le altre personea volte fingevo di essere simpatica e gentile, ma al mio interno  avevo delle barriere. Corazze di cui non riuscivo a liberarmi, quasi  mi  tenessero ancorato il busto come catene. Catene, che non facevano uscire il mio vero essere.
Con Christie, la mia migliore amica. Se così posso  chiamarla,  ci conoscevamo  sin  da bambine, non sono mai stata  completamente sincera con lei, ma sempre qualcosa in più rispetto ad altri, ai quali non concedevo quella sincerita.
Ero stata adottata da bambina, e con i miei genitori adottivi era un disastro, nonostante il loro immenso amore nei miei riguardi, non potevano significare una famiglia, almeno non quella che cercavo. Quasi ogni notte mi svegliavo da incubi che mi perseguitavano sin da bambina, erano iniziati in orfanotrofio.
A detta dei dottori si chiama terrore notturno, e che probabilmente  sarà un trauma dato dalla mancanza dei genitori biologici.
I miei veri genitori, chissà che fine avessero  fatto,  e perché mi avevano abbandonata. Quando provavo a dormire mi capitava di rigirarmi tra le coperte, venivo tempestata di ricordi. Percepivo crampi all'altezza dello stomaco, come se una lunga morsa iniziava a stringere e mi opprimeva sempre di più, iniziavo a sentire delle voci nella mente bisbigliare,che aleggiavano come fantasmi proprio dentro la testa, tutto ciò durava ore, poi finalmente si zittivano di botto.
Il silenzio. Un silenzio meraviglioso che andava  fuori  ogni immaginazione per me, proprio perché così raro.
Tempo e spazio si annullavano, poi riaffioravano tracce di ricordi  antichi,  che lasciavano il tempo che trovavano, infatti pochi istanti dopo li avevo già belli che dimenticati. Parole, e discorsi che non riuscivo a comprendere, poi di nuovo l'oblio.
Per me non c'era niente di più bello, e raro del silenzio.
Solo che a volte non provocava la pace che doveva, ma stanchezza nel corpo, e pesantezza nella mente.
Perché allo stesso tempo potevo iniziare a ricordare il mio passato, e quando ce silenzio puoi pensare, scavare al tuo interno.
Alcuni ricordi del passato me li ha raccontati Rose, la mia madre adottiva.
Quello che so è che alla tenera età di quattro anni, mi trovarono vagare per strada da sola, proprio davanti la scalinata di un orfanotrofio avevo con me una collana, e un marchio addosso, non ricordo da dove provengono, ma so di averli sempre avuti con me. Quel marchio era una sorta di macchia, come un tatuaggio sul polso destro. Mi accolsero in orfanotrofio, e lì crebbi velocemente. Ero una marcia avanti rispetto alle mie coetanee, loro preferivano giocare, mentre io ero molto intelligente, e tendevo a estraniarmi, sempre con la testa fra le nuvole. È  sempre stato un mio tratto distintivo a pensarci bene.
Mi perdevo nei pensieri, sentivo delle voci dentro la testa litigare tra loro, e poi rimanere in silenzio, che sarebbe stato poi spezzato nuovamente, pochi attimi dopo, da altri battibecchi. Anche  fisicamente ero diversa dai ragazzini della mia età, con gli anni ricordo chiaramente la differenza di carattere,ma soprattutto di corporatura. Anche oggi con Christie: lei era solare, bella, e simpatica. I nostri compagni la chiamavano: ‘’Una bionda alta, e tutta curve con capelli colore del sole, e occhi blu cielo’’.
Eppure non la osservavano per bene, in realtà quegli occhi erano cangianti, e davano leggermente a sfumature  grigie.  Con quell'aspetto sarebbe riuscita a incantare, e fermare un serpente proprio sul punto di morderla.  Come fanno gli incantatori di serpenti in tv. Mi sarebbe piaciuto andare in India un giorno, per vederli dal vivo. Tornando a noi, io rispetto a Christie ero tutto altro, bassa, e minuta nei miei sedici anni, e mi consideravo anche un po' brutina. Non amavo molto guardarmi allo specchio, diversamente dalle mie coetanee, poi non parliamo di quanto Christie stia a provare vestiti davanti lo specchio.
Eravamo coetanee, ma proprio gli antipodi. Mentre lei sembrava la copia di Barbie, io avevo gli occhi scuri come il mare in tempesta, di un verde petrolio, contornati da delle piccole spirali dorate color caramello, difficili da notare se non al sole, nessuno effettivamente le aveva mai notate, o fatto cenno.
Era come se la gente non vedesse le cose realmente per quello che erano. Se solo si fossero interessati più a me, probabilmente, le avrebbero notato quelle spirali.
Anche se mi sentivo diversa da loro, cercavo di non farmene più di tanto un cruccio, piuttosto ne andavo fiera, perché grazie a questo riuscivo a non  farmi  leggere nell’anima proprio da nessuno. Forse nemmeno avevo un’anima per quel che ne sapevo, perché nella mia vita succedevano troppe cose strane. Probabilmente nella mia bassa statura da folletto, nei capelli lisci e scuri, non avevo nemmeno un cuore tanto nella norma. Alle volte lo sentivo battere dentro di me, era presente, lo percepivo!
Altre volte il petto sembrava non battere, proprio fermo.
Quando lo avevo detto  a Rose mi aveva portato in una clinica ed effettivamente qualche battito mancava, risultava una brachicardia. Se guita da fibrillazione ventricolare.
Insomma non me ne mancavano di malattie, per questo mi ha sempre coccolata, e presa sotto la sua ale protettrice. Forse questa era stata la mia unica fortuna,  perché,  è come se in me fossero presenti due forze  costantemente in contrasto, con l'obbiettivo di prevalere l’una sull’altra. Fortunatamente non prevalevano mai, riuscivo sempre a fermare la guerra interiore che mi esplodeva dentro.
Mentre ero persa nei pensieri della mia triste infanzia, voltavo le pagine di quel romanzo.
Mi sentivo osservata, e  capitava spesso, mi ero abituata ormai.
Davo uno sguardo veloce, e continuavo a giocherellare inconsciamente con la collana.
Quel manufatto era l’unico oggetto che avevo da sempre. Sembrava un sole d'argento, con la parte dei  raggi, appuntita. La strinsi forte tra le dita fino a sentire dolore,  abbassai  lo sguardo, e vidi fuoriuscire una piccola goccia di sangue dai polpastrelli.
Non mi ero accorta di come stessi diventando forte, le mie qualità di giorno in giorno tendevano a migliorare, o peggiorare per un essere umano, dipende da che punto di vista la si vedeva, in quanto non riuscivo a controllarle. Mi sembrava di vivere in uno di quei film di supereroi, dove le persone hanno il potere della vista aumentato e altri poteri rispetto agli altri umani. Continuavo a stringere quel monile antico, catturata dalla bellezza della pietra incastonata al suo interno, la quale avevo notato cambiava colore a seconda del mio umore. Sembrava quasi illuminarsi, all'interno del sole c'erano due pietre incastonate, una trasparente, l’altra scura e lucida. Non era dato sapere che pietra fosse, sembrava un cristallo di rocca, e un ossidiana nera, avevano delle forme diverse al loro interno.
Forse non era presente in natura, ed io non avevo mai visto un materiale simile. Avevo una compagna fissata con i cristalli, aveva una stanza piena di Ametista!
Una volta avevo provato a fare una ricerca, su internet ed effettivamente no ne avevo cavato un ragno dal buco. Nessuno sembrava conoscere quel materiale, l’avevo portata in varie gioiellerie del paese, alcuni mi avevano accusata pure di truffa, altri mi avevano offerto una lauta somma di denaro in cambio. Quelle pietre infatti, avevano  il potere di attirare l'attenzione sulla collana. Quel colore scuro, e impenetrabile richiamava i miei occhi, non mi era mai capitato di vedere collane del genere in giro,  una pietra così particolare, era l’unico ricordo dei miei genitori.
Che significasse qualcosa? Non esistevano nella mia vita cose stabili. Anche quel marchio che portavo sul polso, sembrava anche lui cambiare forma influenzato dal mio umore. Quando successe le prime volte destai giusto un po’l'attenzione della gente intorno a me,urlando. Stavo parlando con Christie a ora di matematica, a un certo punto sentivo pizzicare e bruciare, quella zona.
Urai, e andai in bagno senza nemmeno chiedere il permesso. Poi in bagno notai come rigonfiamento del segno, tipo un infezione. Passai giorni per capire a cosa fossero dovuti quegli eventi. Quando  capì che il responsabile fosse il mio umore, e che se mi innervosivo troppo fosse successo questo. Lo nascosi per bene, e adesso non poteva notarlo più nessuno, lo tenevo ben nascosto sotto un bracciale argentato a fascia, mi avvolgeva la zona ed era perfetto! 
Sembrava una spirale marchiata a fuoco, e in base alla mie emozioni positive o negative, pareva trasformarsi in un altro segno. Se ero arrabbiata diventava spigoloso.
Tutte le volte che mi succedeva stavo male, mi sentivo un'altra, avevo sensazioni inspiegabili, vedevo, e percepivo cose ''strane'', ombre sui muri. Avvertivo che dovevo scappare, come se una forza internamente mi avvisasse di un imminente pericolo, anche se non c'era apparentemente nulla. È capitava sempre nei momenti in cui non doveva. Per esempio quando ero  seduta in aula tranquilla, dovevo  tutto un tratto prendere lo zaino sul banco, e andare via come una furia. Per questo mio comportamento ovviamente, avevo problemi con la mia "quasi" famiglia, con la scuola e, con i professori che sembravano volere il mio bene. Dico quasi perché era tutta una farsa, solo Rose, mi voleva bene, lo avvertivo a pelle, non so spiegarlo. Suo marito Phill non faceva altro che lamentarsi di me, e volermi comandare. Per non parlare delle figure maschili, nessun ragazzo mi si era mai avvicinato. Forse avevano paura. Anch’ io avrei avuto paura a pensarci bene, paura di me stessa. Paura di un essere, che da li a qualche settimana dopo, sarebbe diventato una catastrofe caduta sulla terra. Mondi, e poteri che nemmeno nelle più spinte delle fantasie potevano immaginarsi.

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